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Un "reporter di guerra" con
voglia di pace
Padre Ibrahim Faltas con Bibi David
Padre Ibrahim Faltas, frate francescano di Betlemme, è diventato,
dall’aprile scorso, il ‘cronista-giornalista’ dell’assedio
alla Basilica della Natività per i mass media di tutto il mondo.
Oggi racconta a Caffè Europa i drammi del Medio Oriente e
auspica possibili soluzioni a quello che sembra un insanabile
conflitto.
Padre Ibrahim, cosa e’ cambiato a Gerusalemme e in particolare
a Betlemme dall’aprile scorso ad oggi?
A Betlemme si è ritornato a vivere. Al tempo dell’assedio nella
città aleggiava un profumo di morte: tutto era bloccato, c’era il
coprifuoco ovunque. Dal 26 agosto, in anticipo, abbiamo riaperto le
scuole per poter recuperare i mesi perduti l’anno scorso. Rimane
un pesante crollo dell’economia di Betlemme e di Israele in
genere.
Nel libro di Marc Innaro e Giuseppe Bonavolonta’ L’assedio
della nativita’, lei riporta in forma di diario i ricordi
drammatici dei mesi di assedio. Come vede, retrospettivamente, quel
periodo?
Quel diario racconta la verità di quanto accaduto a Betlemme, al di
là delle manipolazioni fatte dall’esterno. Ripensando al passato
mi tornano in mente le difficoltà infinite che abbiamo dovuto
affrontare e il nostro rischio continuo di morire. Credevamo di
ospitare i palestinesi per due o tre giorni e invece li tenemmo
nella basilica per mesi. C’era pochissima acqua, i giovani
mangiavano l’erba del giardino della chiesa, e fummo costretti a
tenere un palestinese morto per ben 17 giorni dentro il convento.
Lei ha recentemente dichiarato che gli attenteti non servono alla
causa palestinese. Perche’ Arafat non ferma i kamikaze?
Non è colpa di Arafat se terroristi suicidi minacciano Israele. Il
leader dell’Olp ha condannato ogni volta gli attentati
palestinesi. Arafat sta facendo il possibile per fermare la spirale
di violenze.
Quali errori compie Israele nei confronti del popolo palestinese?
L’unico errore, da entrambe le parti, è il non volersi sedere al
tavolo dei negoziati, il non voler davvero discutere insieme.Anche
quando Barak propose condizioni vantaggiose ai palestinesi,in
realtà non c’era una profonda volontà di comprendersi
reciprocamente.
Tornando all’assedio alla basilica della nativita’, in quali
momenti ha davvero perso la speranza?
A metà aprile il Segretario di Stato americano Colin Powell, dopo
diverse tappe in Marocco,Egitto e Giordania, sarebbe dovuto arrivare
a Gerusalemme per risolvere la situazione. In Terra Santa trovo’
il solito terrificante muro di gomma. Mi scoraggiai e caddi nella
disperazione. Poco dopo il Patriarca latino di Gerusalemme Monsignor
Sabbah mi chiamo’ al cellulare dicendo: ‘Sono qui con il Papa
che vuole parlarti’. Non credevo alle mie orecchie! Ricominciai a
sperare.
Cosa ha tratto di positivo dai drammatici mesi di assedio a
Betlemme?
Ho imparato il mestiere di reporter di guerra grazie ai giornalisti
che ho avuto vicino. Ero intermediario all’interno della Basilica
per i media di ogni dove,dall’America all’Italia, dal Qatar alla
Francia all’Egitto. Naturalmente, come ho scritto al termine del
mio diario, sono diventato un reporter di guerra con voglia di pace.
Tenendo a mente sempre che lo scoop,in certi drammatici contesti, è
riuscire ad essere uomini fra burattini.
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