Le fiabe: una questione di api
Carlo Violo
La primavera, i prati in fiore, la festa di profumi e di colori.
Quante immagini poetiche, quante metafore sul significato dei fiori,
della natura, della primavera, nei versi dei poeti di tutte le
epoche e tutte le culture! In Oriente i fiori o i giardini sono
spesso considerati in letteratura una metafora dell’estasi del
mistico, del suo inebriarsi nella profonda unione con Dio. La poesia
classica indiana è intrisa di natura e paesaggi per introdurre temi
allegorici e simbolici profondi.
La natura stessa si fa spesso poesia che ispira i più profondi
sentimenti. Ricordate Leopardi?
Primavera d'intorno
brilla nell'aria, e per li campi esulta,
sí ch'a mirarla intenerisce il core.
Bene, le ultime notizie ci dicono che è in corso una moria di api
senza precedenti. Si parla della perdita del 70% e oltre del
raccolto di miele. Essendo le api insetti, oltre che laboriosi,
anche molto sensibili, sono tutti d’accordo a individuare negli
sconvolgimenti ambientali la causa di tale fenomeno. Ho visto la
notizia per caso, in un trafiletto di giornale, in mezzo ad annunci,
certo molto più importanti, sull’inflazione, i mercati, la
giustizia, la Palestina, gli extracomunitari ecc. ecc.
Ora mi chiedo: se certi fenomeni della biosfera sono certamente
indicatori che qualcosa di anomalo sta accadendo; se tali indicatori
cominciano ad essere molti ed importanti (le rondini, le cavallette,
i ghiacciai, le precipitazioni anomale ecc.); se è vero che tutti i
nostri problemi esistenziali, politici ed economici sono supportati
dal pianeta su cui viviamo, allora esiste qualcosa di più
importante della salute del pianeta su cui riflettere, dibattere,
scrivere? A giudicare dal modo di gestire gli spazi utilizzati dai
mezzi di comunicazione la risposta è insensatamente: NO.
C’è seriamente da chiedersi se l’umanità è quella specie
animale superintelligente che dice di essere. Qualcuno per caso, dei
signori che contano o degli illustri commentatori politici, sta
cercando una risposta alla domanda cruciale: l’umanità è in
armonia con l’ambiente in cui vive? Perché se, come credo, anche
in questo caso la risposta è NO, allora stiamo tutti correndo
allegramente verso un burrone. Qualcuno a questo punto si sarà già
chiesto cosa c'entrano le api con le fiabe. Bene, è una questione
di anima umana più che di ecologia e nell’anima umana risiede la
chiave di tutte le cose.
Le fiabe sono un aspetto della poesia che riguarda molto da vicino
tutti noi, con particolare riferimento ai bambini, o a coloro che
dei bambini mantengono la capacità di essere semplici, diretti,
curiosi, immaginativi: le favole.
Sissignori, le fiabe, il lato fantastico del cuore umano, il lato
simbolico dell’arte della comunicazione, quei frutti dell’immaginazione
che hanno visto impegnate, oltre alle anime semplici di intere
generazioni di fruitori, anche la capacità creativa di illustri
autori. Se vi ricordate i libri illustrati dell’infanzia, o date
una occhiata a quelli sfolgoranti di nuove tecniche iconografiche e
di stampa che sono in circolazione, vi accorgerete che gli elementi
naturali sono dominanti.
Se appaiono boschi rinsecchiti, chiazze di petrolio o distese
fangose di paludi è per rappresentare l’eterna lotta tra le forze
del bene e quelle del male, laddove è necessario descrivere qualche
posto caduto sotto le influenze malefiche di uno stregone cattivo, o
dove qualche oscuro incantesimo ha fatto cadere tutti nell'oblio, la
vita si è interrotta, nessuno più canta o si diverte, fino al
famoso bacio del principe che riporterà l’amore e l’armonia.
Abbiamo visto questi stessi archetipi nei film tratti dalle fiabe e
dai racconti fantastici, come, per esempio, Il Signore degli
Anelli e La Storia Infinita.
Tutti noi, credo, quando incontriamo una simile ambientazione, siamo
presi da ansia per le sorti dell’eroe e speriamo che la sua
vicenda finisca al più presto nel migliore dei modi.
La questione è che qui, nella realtà, ci sono zone del mondo che
sembrano tolte di peso dal lato oscuro delle fiabe. Ciò che
sembrava frutto soltanto della fantasia di abili scrittori è ora in
molti luoghi sotto i nostri occhi. Intere nazioni rese aride e
affamate, interi popoli ridotti ad abitare in putrescenti capanne, l’inquinamento
che sta togliendo colore alle terre e ai mari, tetti senza più nidi
di rondini, e, infine, persino il dolce nettare dei boschi e dei
prati, il miracoloso elisir delle api, il miele, sta scomparendo dai
racconti… cioè, scusate, dal mondo. Il guaio è che nessuno sa
se, a differenza delle fiabe, il bene alla fine trionferà.
Fiabe e realtà. L’anima umana che mette in scena il mondo. Allora
la domanda è: perché stiamo rappresentando e vivendo, in gran
parte del pianeta, il lato oscuro delle possibilità dell’immaginazione?
Quale mago è al lavoro per incantarci con il guadagno effimero e
immediato e renderci ciechi verso l’equilibrio più ampio, il
benessere vero e duraturo?
A questa nostra umana coscienza, nella notte dei tempi, deve essere
successo qualcosa di grave, deve aver subìto un colpo che l’ha
lasciata stordita, cieca ad ogni evidenza, sorda a qualsiasi
richiamo. Una specie di bastonata sulla testa dell’anima.
Visto che siamo in tema di fiabe immaginiamo una possibile storia.
C’era una volta un paese felice, a non molte miglia da qui. I
boschi erano rigogliosi, i prati verdi e pieni di fiori, i fiumi
scorrevano tranquilli tra i campi portando ovunque acque limpide e
fresche. Per una serie di circostanze storiche e culturali la gente
di questo paese aveva sviluppato ad un alto livello la produzione di
miele. Attraverso studi ed esperienze tramandate per generazioni
erano in grado di selezionare una quantità di tipi di miele
grandissima, che racchiudeva le qualità di tutti i fiori esistenti.
Attraverso tali esperienze avevano scoperto che ciascuna qualità di
fiore possedeva delle doti molteplici di nutrimento, non solo per il
corpo ma anche per l’anima, così che potevano di fatto coprire
tutti i loro bisogni, materiali e spirituali, semplicemente variando
il tipo di miele assunto o miscelando opportunamente le diverse
qualità.
Tale vasta conoscenza li aveva inoltre portati a riconoscere le
qualità terapeutiche delle singole piante e, quindi, erano in grado
di curare tutte le loro malattie attraverso la somministrazione
mirata di certe qualità di miele, prese in certi momenti della
giornata. In altri termini avevano scoperto il segreto del rimedio
giusto, al momento giusto, per la certa persona e, in tal modo,
avevano sconfitto praticamente tutte le malattie, fisiche e
psichiche.
Questa loro cultura fondata sul miele li poneva di fatto in stretto
rapporto con la natura e, siccome gli uomini diventano ciò che
pensano e ciò che mangiano, nessun abitante di questo lontano paese
poteva lontanamente immaginare di arrecare un qualche tipo di danno
al suo ambiente, o a non considerare il sottile equilibrio tra gli
esseri viventi. Infatti il termine ‘ecologia’ non esisteva, non
tanto perché nessuno avesse mai pensato di applicare le facoltà
intellettuali alla natura, quanto perché la natura, per quel
popolo, era più un sentimento che un pensiero.
Essendo tutti consapevoli della necessità di rimanere in armonia
con il mondo e avendo di che soddisfare tutti i bisogni, vivevano in
pace tra loro e le guerre e i contrasti erano ormai un lontano
ricordo del quale si trovava traccia soltanto nei libri di storia. I
bambini crescevano robusti e contenti perché, naturalmente, era
stata messa a punto una alimentazione al miele che teneva conto dei
diversi stadi di sviluppo, permettendo loro di crescere in continua
armonia con se stessi, perciò forti e sicuri. Ma per una malefica
congiunzione astrale, indotta da ragioni cosmiche delle quali è
impossibile dare qui una spiegazione, improvvisamente il clima
cominciò a cambiare e le api a morire.
A poco a poco la produzione di miele cessò, la gente fu costretta a
cercare altri metodi di sopravvivenza, a entrare in competizione per
assicurarsi il territorio e la sussistenza e, nel giro di poche
generazioni, tutta la conoscenza accumulata sull’arte dell’armonia
con la natura andò perduta. Del resto si sa, è molto più facile
dimenticare che conservare le conoscenze profonde. La perdita dell’armonia
indusse lotte e distruzioni e quel lontano paese divenne in breve un
luogo di tristezza e di affanno. Finché….
Le possibili soluzioni sono infinite. Penso che la maggior parte
di noi immaginerà una fine positiva, del tipo:
…molto tempo dopo, quando la storia del mondo felice che fu
era diventata un vago ricordo, tramandato sotto forma di miti e
leggende, qualcuno ritrovò, per una serie di fortunate coincidenze,
un antico manoscritto dove era stato fedelmente riportato il segreto
del miele. A dispetto degli ipocriti, dei miscredenti e degli avidi,
a poco a poco l’antica arte fu ripristinata per la tenacia di un
pugno di giovani di buona volontà. E l’armonia ritornò a regnare
in quel mondo.
E’ una storia troppo semplice? Forse. Però, anche se può
sembrare strano, anche nella realtà tutto lo svolgimento del
racconto, compreso il finale, dipende da come ce lo immaginiamo.
Gli scenari da racconto dell’orrore che popolano il nostro mondo
potrebbero scomparire se il nostro pensiero lo volesse, se il nostro
cuore prendesse un nuovo orientamento, riuscendo a percepire
finalmente che non esiste la ricchezza degli USA e la povertà dell’Angola
ma un mondo strettamente connesso in tutte le sue manifestazioni.
Perché la qualità del cuore dell’umanità dipende da quella dei
piccoli singoli cuori e la forza e la generosità del suo battito
dipende dall’apertura di quello dei singoli.
Un piccolo progresso di qualcuno ha effetto sul cuore di tutti,
così come ci sono tante fiabe che non hanno confini ma hanno
commosso i cuori di tutte le latitudini. L’umanità è stata già
baciata da Principi illustri che, con amore, hanno cercato di
risvegliarla non solo con i baci ma con esempi e parole. Nelle fiabe
funziona, ma qui il sonno sembra irrimediabile e il racconto della
vita continua ad essere, per miliardi di persone, una storia oscura
e senza speranza. Nei costosissimi congressi sul clima e il degrado,
viene considerato un buon risultato un accordo che forse, se tutto
va bene, avrà effetti tra quindici o venti anni. Sono molto più
urgenti le manovre economiche o gli espedienti per salvaguardare
interessi in conflitto.
Ma, ed ecco il punto cruciale, se nel frattempo le api scomparissero
davvero, che ne sarebbe dei fiori? E se i fiori dovessero soffrire
che ne sarebbe delle fiabe? E se le fiabe dovessero sparire che ne
sarebbe delle anime semplici?
Se le anime semplici sparissero che ne sarebbe degli uomini?
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