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Legati ad un granello di sabbia



Carlo Violo




Qualche anno fa (non dico quanti per non farvi indovinare la mia veneranda età) circolava una canzoncina di successo che parlava di un innamorato che, per non far fuggire lontano la donna amata, voleva legarla ad un granello di sabbia. Immagine molto poetica e delicata, e io mi sforzavo di immaginare (si, ero solo un ragazzino) come si potesse legare una corda ad un granello di sabbia per trattenere un corpo umano. Cosa centra la canzoncina? Nulla. Però il granello di sabbia mi suggerisce qualche analogia.

Sembra infatti che si sia cominciato seriamente a considerare il pericolo per la Terra di un impatto cosmico. Seriamente nel senso che si scruta, si studia, si valuta, ci si è accorti che dei corpi celesti vaganti, potenzialmente pericolosi per il nostro pianeta, conosciamo in realtà ben poco, e che la probabilità di impatto non è poi così piccola, in termini di tempi cosmici, come volevamo credere. Del resto per avere una visione corretta di tale probabilità bisognerebbe sapere dell’Universo molto di più di ciò che sappiamo oggi, posto che il concetto di probabilità, che nasce dall’esperienza empirica terrena, possa applicarsi all’Universo, così vasto e sconosciuto.

Inoltre è ormai assodato che un impatto con un corpo celeste anche di dimensioni relativamente piccole, avrebbe un effetto devastante di gran lunga maggiore dei normali fenomeni distruttivi di origine interna (terremoti, eruzioni, tifoni ecc.) interessando l’intero pianeta. Pensate un po’ all’ironia della sorte: dopo guerre e terrorismi, fame e pestilenze, litigi palestinesi e non, alla fine un bel botto e chi per caso dovesse sopravvivere rimpiangerebbe amaramente questo bel mondo vessato, sfruttato, oggetto di voracità, che abbiamo oggi a disposizione.

Ancora più ironica sarebbe la sorte se, dopo esserci accapigliati per secoli e secoli per l’egemonia, il dominio e lo sfruttamento di consistenti frammenti della crosta terrestre , venissimo annientati da un pezzo di roccia arida di poche centinaia di metri di diametro.

Fatte le proporzioni, meno di un granello di sabbia della spiaggia di Rimini.

Secondo me in passato catastrofi del genere ci sono già state, sopravvissute nella vaga memoria delle generazioni successive come miti di diluvi o simili. La presenza di miti di questo genere è la maggiore testimonianza della devastazione occorsa, non tanto per il contenuto, quanto per il fatto che mostrano la scomparsa, insieme a tutto il resto, delle fonti documentali, tranne quelle orali che, come si sa, si trasformano in favole nel giro di poche generazioni.

Dato che gli uomini tendono a dimenticare persino la storia recente e conosciuta, con tutta la sua rigorosa e vasta documentazione, figuriamoci se l’umanità di oggi, occupata com’è a divorare tutto ciò che capita, può ricordarsi che la Terra è un minuscolo corpo celeste di un piccolo sistema solare ai margini della sua galassia, esposto ai rischi connessi con il viaggio cosmico che il sistema di cui fa parte sta compiendo a ragguardevole velocità. Ma questo fenomeno di oblio generale, questa incredibile rimozione collettiva, anche a livello istituzionale, dell’evidenza della nostra fragilità cosmica ed ecologica, ha in se altri interessanti significati oltre a quello macroscopico della obnubilazione delle coscienze.

Componiamo una equazione. Dimenticare le ragioni cosmiche della nostra esistenza significa trascurare tutto ciò che il Cosmo rappresenta per noi in termini di energia, vita, dipendenza, armonia. Trascurare il Cosmo significa considerare questo pianeta come un oggetto indipendente, le cui leggi di esistenza non siano un riflesso del campo più generale che si chiama Cosmo. Questa visione sostanzialmente geocentrica significa rimuovere le nostre origini visto che la materia che ci compone non è altro, in ultima analisi, che polvere stellare; come se l’umanità, per il semplice fatto di esistere su un oggetto cosmico, non sia il risultato delle leggi di tale Universo ma qualcosa di avulso che può permettersi qualsiasi tipo di abuso.

Rimuovere la coscienza delle nostre connessioni con la vastità del Cosmo vuol dire, quindi, avere meno rispetto per il mondo che ci ospita che appare come qualcosa di scontato, dovuto, gratuito e, perciò, di scarso valore. Infatti quanto vale in termini commerciali, cioè per i parametri più importanti per la nostra civiltà, una manciata di terra che non sia fatta, per esempio, di oro o di diamanti? Ma trascurare il valore di quella manciata di terra vuol dire dimenticare il valore dell’uomo che, come dicono le Scritture, di quella terra è fatto. Perciò il risultato dell’equazione è: dimenticarsi del legame cosmico della Terra vuol dire dimenticare il valore dell’uomo. Per i credenti si potrebbe esprimere come: dimenticarsi dell’uomo significa dimenticarsi di Dio.

Perciò non alzare gli occhi al cielo per ricordarci della nostra fragilità e rarità è strettamente correlato con la perdita dell’identità di esseri viventi preziosi e speciali o, secondo il punto di vista dei credenti, con la perdita del senso del sacro, con la perdita della Fede.

Questa sconnessione con la dimensione cosmica di cui facciamo innegabilmente parte conduce, tra l’altro, a ritenere che quello che accade sulla Terra non abbia alcuna relazione con le forze cosmiche, conosciute e (soprattutto) sconosciute. In sintesi si tratta della completa mancanza del senso di stretta unione che il nostro pianeta ha con il sistema di cui fa parte. Qui si potrebbe impostare un’altra equazione. La mancanza del senso di unità con il sistema cosmico a cui apparteniamo provoca un senso di sconnessione e frammentazione con gli stessi aspetti geografici e fisici della Terra, per cui ciascun continente ha la sua storia e il suo clima, ogni mare le sue correnti e i fattori climatici sono percepiti come indipendenti l’uno dall’altro.

Da qui è facile passare alla frammentazione tra razze e popoli che quei continenti popolano. La fame di un popolo riguarda solo quel popolo, le guerre riguardano solo una cultura, la ricchezza di qualcuno è vista come una qualità intrinseca anziché come qualcosa di correlato con la povertà di qualcun altro. Ma la frammentazione geografica e culturale equivale alla frammentazione di ciascun uomo con se stesso poiché i suoi pensieri e le sue percezioni sono a questo punto come uno specchio rotto in cui lui vede il mondo circostante riflesso in mille frammenti indipendenti. Ancora una volta siamo di fronte ad una visione geocentrica dell’esistenza che implica una percezione del mondo circostante come estraneo, sconnesso, frammentato, disarmonico, e noi, specie superiore abitante di tale centro, più come causa dell’Universo che un suo effetto.

Penso che il termine di ‘ignoranza’ rappresenti bene la situazione. Ignoranza degli stretti legami tra tutto ciò che osserviamo, tra tutti gli elementi della vita e tra questa e il Cosmo che la sostiene. Legami di cui conosciamo, con tutta la nostra scienza orgogliosa, solo alcuni limitati aspetti. Chi è così sicuro che continuando a generare situazioni negative di tutti i tipi, tanto per fare un’ipotesi, non potrebbe generarsi una specie di attrazione verso elementi distruttivi?

Come si sa l’ignoranza e l’arroganza sono due facce della stessa medaglia.

Un antico saggio orientale affermava che per il progresso dell’uomo la Fede è essenziale, dove per progresso intendeva non la conquista del telefonino ma la evoluzione interiore dell’uomo verso le sue massime realizzazioni. Un altro diceva molto chiaramente che la Fede è la più alta forma di intelligenza, non nel senso logico del termine, ma intendendo per intelligenza la capacità umana di comprendere la sua posizione nei confronti del creato. Si può non essere d’accordo con i saggi orientali, specialmente di questi tempi in cui l’oriente è sinonimo di povertà e terrorismo.

Si può ritenere completamente estraneo qualsiasi argomento che abbia a che vedere con i concetti del sacro. Ma mi sembra difficile non prendere atto della situazione caotica e negativa in cui versa la maggior parte del mondo che, nel continuare a vedere nello sfruttamento di uomini e cose l’unico orizzonte dell’umanità, dimentica che per far saltare tutto in aria è sufficiente un minuscolo frammento di roccia vagante nello spazio infinito.

E che tutta la nostra vita è legata ad un minuscolo granello di sabbia.

 


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