Previti e il diritto secondo i
Berlusclones
Guido Martinotti
Come ci ha insegnato Ortega Y Gasset, mentre è difficilissimo
costruire una civiltà condivisa, è facilissimo distruggerla. Ci
sono voluti più di due millenni per passare dalla legge tribale o
gentilizia al diritto della polis, cioè della comunità.
Tanto per chiarire la devastazione che può essere provocata da una
pretesa come quella di Previti di avere le liste dei magistrati
iscritti alle diverse associazioni di magistrati, a Prima Pagina del
10 luglio, una signora, di quelle forziste tipiche che parlano con
la sicumera dell'ignoranza, ha telefonato dicendo:"Per esempio
se io avessi un allevamento di visoni vorrei sapere se il giudice
con il quale ho una causa è iscritto a una associazione di
animalisti. E' normale no?"
Non è normale, una società in cui i giudici che difendono i
diritti degli animali non possono giudicare gli allevatori o i
giudici che difendono i diritti delle minoranze nere non possono
giudicare i bianchi è per definizione una società pre-stato di
diritto. Cioè la società della Grecia antica prima della
formazione della polis. Oppure molte società africane in cui
lo stato di diritto è stato sovrapposto al sistema tribale, con le
conseguenze catastrofiche sotto gli occhi di tutti. Meno di quelli
di persone che non si rendono neppure conto delle conseguenze di
quel che dicono ripetendo le banalità bestiali di cui i
Berlusclones sono maestri.

Giusto per dare una piccola idea della profondità
dei problemi che sta dietro a questa pensata della signora dei
visoni, si legga l'interessante articolo di George F.Will (noto
columnist conservatore, tanto per chiarire) "One Nation Under
Judges" su Newsweek dell'8 Luglio (p.13 dell'edizione
internazionale) su una sentenza della Corte suprema che ha cassato
una legge del Minnesota che impediva ai giudici (elettivi) di
esprimere opinioni politiche sostenendo che quella legge è
contraria alla libertà di parola. Di passata, e per i signori
sostenitori della elettività dei giudici, si noterà che molti
problemi che i Berlusclones sostengono essere causati dalla
politicizzazione dei giudici italiani, esistono, e a maggior ragione
negli USA.
Forse qualche ripassino non farebbe male. Nello stato del Minnesota,
secondo leggi che risalgono alla sua fondazione nel 1858 per
assicurare la imparzialità dei giudici elettivi e che si chiamano announce
rules, il candidato alla carica di giudice, e il giudice eletto,
non devono "rendere note (announce) le loro idee su
questioni legali o politiche controverse". Ovviamente è stata
sollevata la questione costituzionale. Ma come, si dice, chi fa il
giudice o si candida a farlo deve tacere proprio sulle questioni che
più interessano il cittadino?
Bella domanda, risponde il giudice Antonin Scalia (remember?) a nome
della maggioranza che "un giudice senza idee sulla legge non
sarebbe di mente aperta, ma di testa vuota". E la Costituzione
dello stato del Minnesota non vuole dei giudici che siano tabula
rasa (si noti questo termine, è importante nel discorso, ndr),
ma al contrario prescrive giudici che "abbiano una buona
cultura giuridica (learned in the law)" e il Code of
Judicial Conduct di quello stato incoraggia i giudici a
"scrivere, fare conferenze, inscenare, parlare e partecipare a
tutte le altre attività extragiudiziarie che riguardano il
diritto" (udite, udite, Berlusclones!).
Anche noi vogliamo giudici imparziali, ma questo non significa che
le loro menti siano tabula rasa (cosa epistemologicamente
impossibile) ma che abbiano la competenza professionale per
applicare le leggi, indipendentemente dalla loro appartenenza
tribale. Previti e la signora dei visoni vogliono invece individuare
la appartenenza tribale dei giudici, nell'assunto che i tutsi
possano essere giudicati solo dai tutsi e gli hutu dagli hutu.
Questa è la cultura dei Previti che hanno studiato in qualche
facoltà di giurisprudenza, come del resto il cavaliere, ma che
quando si tratta dei propri interessi non badano a quisquilie. E i
grandi difensori liberali della legalità che dicono? Boh?
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