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Er concietto de Kurtura
Horatio Flaccus
“Il concetto di cultura è una boiata pazzesca. E’ una
espressione polverosa, vecchia, obsoleta, noiosa, fa venire l’orticaria…è
meglio che la politica, cioè tutti noi, ci liberiamo dalla cultura.
Basta, fine, punto e a capo…alla larga please!”
Christian Rocca, Il Foglio 5 giugno 2002
Se di qualcosa avevamo veramente bisogno era questo. Che una
pupattola smidollata e semi afasica, sbattendo le lunghissime
ciglia, di ritorno “da la discoteaca” ci venisse a berciare
nelle orecchie in un falsetto da sopranista: “…er concietto de
Kurtuuuraa? E’ una boiata pazzeeeeaaasca!!!…”. Si chiama
Rocca, la cocca, e ora possiamo anche crepare ché giochiamo sul
velluto, il satori è solo questione di attimi, siamo
praticamente illuminati. Sono cazzi di chi resta a godersi il
dibattito, io, se permettete, già conosco il suono di una mano sola
e toglierei il disturbo.
Perché, cari amici, qui il libero pensiero va sull’ali dorate di
una prosa che non teme confronti. Questa Roccabarocca alla menta
piperita, questa Gradisca alla vasellina, questa Pippi Calzelunghe
allo sciroppo d’acero, questa frequentatrice di fast food e di
loft che s’immagina d’essere trendy perché non riesce a pensare
né a scrivere in italiano approda finalmente nello splendore dello
schermo gigante al più meraviglioso dibbbatttito Kurturale de li
tempi moderni. Seguiranno tutti i Cocoricò e le Coccodè di regime
e ne vedremo certamente delle belle, ma intanto atteniamoci a questa
testa pensante e al suo espettorato.
Diciamo, per un’informazione più completa, che Rocca, tra l’altro
(a proposito de kurtura…) è anche critica cinematografica.
Sentite cosa scrive su “Spider Man”: “E’ un film
piacevole, ma non un granché, la sceneggiatura è poverina. Gli
attori uhm. Diciamo che Tobey Maguire è bravo, ma troppo basso
anche per un uomo ragno. Però fra tutti i supereroi visti sullo
schermo, il suo Spider Man è quello che più di ogni altro esprime
il lato umano…” (Il Foglio 6 maggio 2002). Se, dopo questo
tour de force dell’intelligenza, una non si conquistasse il
diritto “de dì la sua su la Kurtura” in che razza di paese
libero vivremmo?
Una così va promossa sul campo; decorazioni, medaglie, doni in
natura, sciabolate di ringraziamento, cinture elastiche, ricottine,
lecca lecca, ciondoli, biglie colorate e montagne di zucchero
filato. Che altro? Morsicini sulle orecchie fino a mozzargliele,
così resta segnata e quando uno la vede subito cambia marciapiede.
Il portavoce della Reichskulturkammer hitleriana che
dichiarava, con quell’incantevole e lieve senso dell’umorismo
teutonico al gusto di stivale lucidato che piace tanto ai fogliaroli:
“Quando sento la parola cultura, tolgo la sicura al mio revolver”,
in effetti, possedeva ancora un qualche senso bestiale e istintivo
di autoconservazione che gli faceva comprendere come egli fosse
alternativo ad ogni forma di cultura. E animalescamente difendeva se
stesso.
Ma la squinzia che in discoteca squittisce, sculettando tra le
stecche del montatoio istituzionale, nella palpitante speranza che
il toro arrazzato si metta finalmente all’opera: “…er
concietto de Kurtura è una boiata pazzeeeaasca!” ha perso perfino
quell’istinto e non capisce neppure che lei, povera fighetta semi
abbrutita dal rachitismo intellettivo, sopravvive unicamente grazie
a quella Kurtura che insolentisce.
Perché è la tolleranza ed il politically correct dei tanto
vituperati liberals akkurturati (mai inetti come in questo
caso?) che impedisce al giustiziere della notte di farla finita una
volta per tutte con la stronza mettendo in pratica la santa
eutanasia che libererebbe lei da un’esistenza puramente vegetativa
e noi da lei.
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