Uomini a meta’
Aldo Carotenuto con Bibi David
Il 26 aprile scorso è uscito il CD ‘Uomini a metà’ di Gianna
Nannini, preparato insieme alla scrittrice Isabella Santacroce.
Perché oggi si discute tanto di ‘uomini a metà’ -
irresponsabili, infantili, che hanno paura di amare? Lo abbiamo
chiesto ad un noto psicanalista, il professor Aldo Carotenuto.
Chi sono, anzi tutto, gli ‘uomini a metà’?
In un certo senso non si puo’ che essere uomini a metà. O meglio,
costituiti soltanto in parte dall’essere uomini nel senso
socioculturale del termine. In realtà la persona non possiede una
compattezza monolitica, bensi’ è composta da innumerevoli parti
che, alla fine, attraverso un processo di mutua conoscenza e
integrazione, pervengono ad una organizzazione omogenea. E’
proprio questo processo di integrazione e di ricerca dell'equilibrio
che spesso è carente, forse anche sottilmente fuggito. Molte parti
della personalità vengono tenute all’oscuro, ridotte al silenzio,
persino rinnegate, e in questo modo l’individualità non raggiunge
una dimensione univoca, rendendo l’uomo sconosciuto a se stesso, e
percio’ incompleto.
Nel disco della Nannini si parla di ‘religiosi inferni
romantici…assenze d’amore’, di uomini che fanno gli
sconosciuti quando ci si avvicina per chiedere ‘sogni da vivere’.
Le sembra che gli uomini, in particolare i giovani, oggi non
sappiano piu’ abbandonarsi ad amare?
Aprirsi al dialogo sentimentale è operazione piu’ insidiosa
di quanto si possa pensare. Bisogna conoscersi profondamente per
mettere da parte le riserve e i confini strutturali costruiti
durante tutta l’esistenza relazionale. Si tende a ritrarsi con
veemenza dal voler costruire legami perché concendendosi all’altro
si è obbligati a mostrare la parte autentica della propria
personalità.
Nella relazione di coppia l’uomo puo’ avvertire il venir meno di
una indipendenza combattivamente ottenuta, e avvertire la presenza
del fantasma materno. L’uomo, piu’ della donna, compie un vero e
proprio percorso di svincolo dal rapporto madre-figlio. Il legame
amoroso puo’ avere - e si noti bene che questo accade solo quando
in realtà questo svincolo agognato non si è ancora saldamente
sviluppato - il sapore di una regressione all’utero materno,
direbbe Jung, e l’amarezza di una sconfitta.

In molti libri, musiche, film - basti pensare a
L’ultimo bacio di Muccino - vengono dipinti giovani
superficiali, uomini-bimbi. Da cosa dipende la ‘sindrome di Peter
Pan’ della generazione dei trentenni?
Essere Peter Pan significa guardare al mondo con gli occhi di un
fanciullo, gustare il piacere di una continua scoperta. Ma per
assaporare la vita attraverso l’attimo è necessario non
considerare il domani, non investire il proprio tempo nella
costruzione di qualcosa che debba avvenire successivamente. In
questo senso non si possono accettare responsabilità.
Quali romanzi, canzoni e film celebrano piu’ efficacemente un
simile identikit?
Da Narciso a Casanova, Peter Pan si riflette in ogni personaggio che
guarda alla vita mosso dall’irrefrenabile piacere della scoperta.
Il piacere che il ‘fanciullino’ pascoliano raccomandava ad ogni
uomo.
Esiste una ‘cura’ per sconfiggere l’immaturità, la paura
di amare, di questi ‘uomini a metà’?
Immaturità e paura di amare non sono le caratteristiche dell’
uomo Peter Pan’.La paura di amare e di provare qualsiasi
sentimento, nasce da esperienze progressive che, attraverso la
sofferenza arrecata, hanno inibito l’iniziativa, frapponendo fra
la volontà e il ricordo del dolore, la paura che il futuro risulti
identico al passato.
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di Aldo Carotenuto
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