Un uomo tranquillo
Giorgio Oldrini con Ettore Colombo
Giorgio Oldrini è quello che si dice un uomo tranquillo e
rappresenta, in qualità di candidato sindaco nella cittadine nativa
di Sesto San Giovanni, alle porte di Milano, una forza tranquilla.
Quella del centrosinistra (in questo caso allargato anche a
Rifondazione comunista) che si presenta alle elezioni amministrative
del 26 maggio potendo vantare anni di buona e sana amministrazione.
Il che non vuol dire che la competizione elettorale con il
centrodestra, anche a Sesto, in quella che è stata definita per un
cinquantennio la “Stalingrado d’Italia”, non si svolgerà
colpo su colpo. Tante cose sono cambiate, nel nostro Paese, ed è
cambiata anche Sesto San Giovanni: ieri un agglomerato industriale
staccato dalla città e oggi una fermata della linea rossa (anzi
tre: Sesto Marelli, Sesto Fs e Sesto Rondò), ieri culla della
classe operaia più consapevole e forte d’Italia e oggi alverare e
luogo di sperimentazione e di lavoro per migliaia di tecnici e
dirigenti.
E già, perché i sestesi - tanto per non smentire la loro fama di
“avanguardisti” - hanno visto sorgere, sul loro terreno, il fior
fior della produzione industriale del momento: dalle acciaierie
Breda e Falk, dai pneumatici e cavi industriali Pirelli e Marelli
nella prima parte del Novecento ai centri dirigenziali e agli uffici
della Oracl, della Wind, della Coca Cola e mille altre forme del
capitalismo globalizzato postindustriale. Cosa può fare, in un
quadro come questo, un’amministrazione comunale? Molto o poco,
dipende. Di sicuro ben governare, come ha fatto negli ultimi otto
anni il sindaco diessino (oggi diventato segretario della
federazione milanese) Filippo Penati, nel nome dell’innovazione e
della modernità. Ma anche rilanciare e riprogettare lo sviluppo di
un’area che era un unicum all’inizio della rivoluzione
industriale su suolo italico e che tale resta ancora oggi, mutando
il fattore dei prodotti.

La bandiera - dopo non poche polemiche interne
alla coalizione di centrosinistra, che hanno visto venire fuori
diversi e validi candidati che aspiravano a raccogliere l’eredità
di Penati (dal giovane Fabio Terragni, direttore dell’Agenzia di
sviluppo Nord Milano, all’assessore alla Cultura della giunta
Penati, Luigi Vimercati, fino al nome - solo ventilato - di Giovanni
Bianchi, deputato della Margherita, ex presidente delle Acli e
sestese di rilievo nazionale come altre due grandi figure, quella
del presidente del Pdci Armando Cossutta e dell’ex segretario
della Cgil Antonio Pizzicato) - è stata raccolta, appunto, da
Giorgio Oldrini.
Giornalista da sempre (ieri all’Unità, oggi a Panorama),
amante - ricambiato - di Cuba, nonché buon amico e conoscitore di
Fidel Castro, figlio di uno dei più popolari sindaci sestesi del
dopoguerra, Abramo Oldrini, iscritto e militante del Pci prima e del
Pds-Ds poi, Oldrini ha l’aria di uno che non ha dato in scalmane
per essere candidato, ma che una volta che gli è stato affidato il
compito (facendo uscire dall’impasse l’intera coalizione), lo
affronta seriamente e pacatamente, come ogni cosa che fa. Siamo
andati a intervistarlo nella sede del comitato elettorale, in una
centralissima piazza della Repubblica di Sesto, sottraendogli un po’
di ore a mille impegni e a una campagna serena, ma “pancia a terra”.
Quella che sta facendo.
Candidato Oldrini, allora. Parliamo prima di tutto di cos’è,
oggi, Sesto San Giovanni
Sesto è una città che, in dieci anni, ha perso diecimila posti di
lavoro: tutte le grandi fabbriche che qui erano nate (Breda, Pirelli,
Falck) sono scomparse, chiuse, finite. Senza contare tutto l’indotto.
Bene, in altre realtà industriali - come Detroit negli Usa o
Sheffield, in Inghilterra - mutazioni simili hanno portato a dei
veri e propri disastri sociali, non solo economici. Qui no, invece.
La rete delle associazioni, dei partiti, della società civile ha
resistito, la transizione è stata morbida, ecco. La disoccupazione,
oggi, è sotto il quattro per cento, la politica comunale - una
politica di buona e sana amministrazione - è attivissima, l’Agenzia
per lo sviluppo Nord Milano funziona a pieno regime. Oracle, Banca
Intesa, Coca Cola stanno trasferendo qui a Sesto non solo uffici e
reparti, ma i loro interi centri dirigenziali, nelle aree ex Ercole
Marelli e non solo.
I fattori che fecero grande Sesto agli inizi del Novecento (grandi
spazi ex industriali a disposizione e da riconvertire, ottima rete
di trasporti, sia ferroviaria che stradale, predisposizione e
vocazione alla comunicazione, saldo e vivace tessuto sociale) sono
gli stessi di oggi, quelli che hanno attirato qui grandi società
leader nel campo dell’innovazione teconolgica, come la Oracle, o
nel ramo bancario e assicurativo, come Banca Intesa, o nel campo
della telefonia, come Wind. Ma Sesto vuol dire anche società
civile, un ricchissimo volontariato (Gino Strada, il fondatore di
Emergency, è di qui, oltre ad essere stato un mio compagno di
scuola), circoli associativi, sportivi, ricreativi e culturali,
partiti e sindacati. E poi arte, cultura, spettacoli. Insomma, una
città viva, non certo un’appendice grigia alle porte di Milano.
Va bene. Ma cosa si è perso, allora? Quali sono i problemi
principali di questa cittadina-miracolo?
Non esiste più la classe operaia come soggetto politico e sindacale
forte, centrale. Oggi Sesto è una città popolata essenzialmente da
anziani, che rappresentano il 23% dei suoi abitanti, gli operai e i
militanti sono sempre di meno. Però Sesto si è arricchita di
quadri, dirigenti, tecnici, che vivono la città e i suoi servizi,
che usufruiscono delle sue proposte. Ripeto, non è morta, tutt’altro.
Poi, certo, ci sono i problemi, alcuni enormi: il recupero e la
destinazione d’uso delle aree industriali ex Falck, ad esempio,
dopo quelle ex Magneti Marelli. Il traffico di attraversamento,
congestionato e caotico. Il verde pubblico, uno dei principali
terreni di scontro con la destra, che vorrebbe svilire il progetto
di un’area di 450 mila mq che verrà destinata a parco urbano
destinandone parte al traffico di auto.
E la sicurezza, naturalmente. Paura più indotta che reale, viste le
percentuali d’immigrati a Sesto, ma leva su cui la destra ha
facile presa e fa propaganda: il candidato del Polo, Marco Galeone,
ex socialista passato a Forza Italia, di professione medico, sta
svolgendo una campagna elettorale di tipo laurino: regala panettoni,
pennarelli, orologi, ma non riesce più di tanto a scalfire la
gente. Certo è che anche qui a Sesto il Polo è fortissimo: Forza
Italia è il primo partito, in città, anche se sia alle elezioni
del 1994 come progressisti sia alle politiche del 1996 che alle
ultime, Sesto è una delle poche circoscrizioni della Lombardia che
hanno sempre eletto candidati e giunte di sinistra.
Dunque, quali saranno i punti e le idee di forza della tua
campagna elettorale?
La città ha davanti a sé un cambiamento di fase, un passaggio
davvero storico, che va colto e valorizzato, come avvenne nel primo
Novecento, quando Sesto diventò un caso da manuale perché vi
affluì un numero di persone, nello stesso luogo e spazio, che mai
la storia aveva conosciuto. Sono preoccupato da quanto succede in
Francia come da quanto succede in Italia per colpa di Berlusconi:
dobbiamo allargare il più possibile la coalizione, saper parlare a
tutti. E anche tornare a far sognare.
Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti da
fare? Scriveteci il vostro punto di vista cliccando qui
Archivio
Attualita' |