Da dove viene l’Europa?
Jacques Le Goff
Questo articolo è stato pubblicato sul numero 13 della rivista trimestrale
Iter , uscito nel
gennaio 2002.
L’Europa fu inizialmente un mito e una concezione geografica. Il mito
fa nascere l’Europa in Oriente. La parola e l’idea fanno la loro comparsa
nella mitologia greca, il più antico nucleo di civiltà presente sul
territorio di quella che poi diverrà l’Europa. Europa vi figura in
quanto figlia di Agenore, re della Fenicia, l’attuale Libano. Zeus,
il re degli dei greci, se ne sarebbe innamorato e, trasformatosi in
toro, l’avrebbe trasportata a Creta. Dai loro amori sarebbe nato Minosse,
re civilizzatore e legislatore, divenuto, una volta morto, uno dei
tre giudici degli Inferi.

I Greci diedero il nome di Europei agli abitanti dell’estremità
occidentale del continente asiatico. Il contrasto tra Oriente e
Occidente - con cui l’Europa viene a confondersi - incarna per i
Greci un fondamentale conflitto tra civiltà. Il celebre medico
greco Ippocrate, vissuto tra la fine del V e l’inizio del IV
secolo a.C., oppone Europei e Asiatici alla luce dei conflitti che
videro le città greche levarsi contro l’impero persiano e che
indubbiamente rappresentano la prima manifestazione dell’antagonismo
Occidente-Oriente: le guerre persiane in cui il David greco
sconfisse a Maratona il Golia asiatico.
A detta di Ippocrate gli Europei sono coraggiosi, ma anche guerrieri
e bellicosi, mentre gli Asiatici sono saggi e colti, oltre che
pacifici e privi di energia. Gli Europei tengono alla libertà e
sono pronti a battersi e anche a morire per essa. Il loro regime
politico preferito è la democrazia, mentre gli Asiatici accettano
tranquillamente la servitù in cambio della prosperità e della
tranquillità. Questa immagine degli orientali si è perpetuata nei
secoli. Nel Settecento i filosofi europei dell’Illuminismo hanno
elaborato la teoria del dispotismo illuminato, individuato come il
regime politico più diffuso in Asia e, nella stessa direzione, il
marxismo ottocentesco avrebbe definito un modo di produzione
asiatico, base dei regimi autoritari.
Eredità e confini
La Grecia antica lascia dunque all’Europa una doppia eredità:
quella dell’opposizione all’Oriente, all’Asia, e quella del
modello democratico. Nonostante la democrazia greca antica sia lungi
dall’essere una vera democrazia - visto che esclude le donne, gli
stranieri e gli schiavi - essa trasmette questo ideale a un’Europa
che diventerà democratica nel corso dell’Ottocento e del
Novecento.
Ma il termine Europa veniva utilizzato soprattutto dai geografi per
designare l’estremità occidentale del continente eurasiatico.
Furono essi a sollevare una questione che ancora oggi costituisce
uno dei grandi problemi relativi alla definizione di Europa. Se a
nord, a ovest e a sud il mare costituisce la frontiera naturale dell’Europa,
quale è la frontiera a est? Le steppe dell’attuale Russia, il
paese degli Sciti nell’Antichità, il Bosforo e gli altipiani, che
separano l’Anatolia dalle valli dell’Eufrate e del Tigri, sono
zone indefinite, in cui l’Europa emerge dall’Asia. Questa
indefinitezza pone, ai nostri giorni, la grande questione dell’appartenenza
o meno all’Europa della Turchia a sud-est e, soprattutto, della
Russia a est.
Turchia e Russia appartengono allo spazio democratico che
rappresenta attualmente una delle caratteristiche essenziali dell’Europa?
I geografi della Grecia antica ritenevano, di norma, che la
frontiera tra l’Europa e l’Asia fosse costituita dal fiume Tanai
- l’attuale Don - che sfocia nel Mare d’Azov, il che include la
Bielorussia e l’Ucraina attuali, ma lambisce appena la Russia. In
epoca moderna si è ritenuto che la frontiera seguisse la zona
assiale dei monti Urali. Se si viaggia sulla celebre linea
ferroviaria Transiberiana, che collega l’Ovest della Russia con l’estremità
orientale della Siberia, al chilometro 1777 è possibile leggere su
un obelisco «Europa», al di sotto di una freccia orientata a
ovest, e «Asia», al di sotto di un’altra freccia volta verso
est. Ma si tratta di una distinzione geografica più o meno
arbitraria, a fronte di un problema che è essenzialmente politico.
Un cammino tortuoso
Il periodo decisivo per la nascita e la prefigurazione dell’Europa
è il Medioevo. Ma bisogna evitare di cadere in due errori. L’Europa
non è il risultato della lunga costruzione di un’entità che si
è formata poco a poco nel corso della storia. Non è un obiettivo
sempiterno. È un fine recente, chiaramente affermato solo dopo la
Seconda guerra mondiale e perseguito da un gruppo ristretto di
economisti e di uomini politici. Tra essi il principale esponente fu
il francese Jean Monnet (1888-1979), coadiuvato da un trio di
democratici-cristiani rappresentato dal tedesco Konrad Adenauer
(1876-1967), dall’italiano Alcide De Gasperi (1881-1954) e dal
francese Robert Schuman (1886-1963). L’Europa deve ancora essere
fatta, nonostante siano stati compiuti notevoli progressi, come l’adozione
di una moneta unica: l’euro. D’altra parte fin dall’Alto
Medioevo l’Europa non è mai stata una creazione continua, né una
individualità collettiva riconosciuta.
Nella prospettiva di una costruzione europea si sono verificati
avanzamenti e arretramenti, in particolare come conseguenza della
divisione dell’Europa in nazioni chiuse in sé stesse. Si sono
verificate anche eclissi della coscienza europea. La cristianità ha
obliterato l’Europa nel Medioevo e la Rivoluzione francese ha
sostituito alla sua immagine quella della rivoluzione, mentre le due
grandi guerre del XX secolo hanno soffocato l’Europa nel
conflitto. Ma, in ogni caso, fin dall’Antichità si sono
sedimentate eredità che a poco a poco hanno costituito il
patrimonio dell’Europa, e hanno contribuito a dare corpo alla sua
idea, così come a modellare la sua personalità.
Un’identità complessa
Tra i principali lasciti dell’Antichità vanno annoverate le
lingue greche e soprattutto quelle latine, che costituiscono il
nucleo più antico e più solido della cultura e del sapere europei,
in particolare - anche se non solo - nei paesi che hanno adottato
lingue romanze (Spagna, Francia, Belgio vallone, Svizzera romanda,
Italia, Portogallo). Ma non bisogna trascurare neanche la filosofia,
l’architettura, la scultura, il teatro e lo sport, lasciati come
eredità dai Greci, né il diritto e le arti liberali, in
particolare la retorica, ereditati dai Romani. Nel campo dell’alimentazione
Greci e Romani ci hanno tramandato il vino, l’olio e il frumento
(il pane) venuto dal Medio Oriente.
L’Alto Medioevo, nel periodo che va dal IV all’VIII secolo, non
si accontentò di aggiungere qualche vago strato supplementare all’Europa.
Dei due grandi storici che hanno dato vita alle «Annales» e
contribuito a un profondo rinnovamento della storiografia uno, Marc
Bloch, ha scritto: «L’Europa è nata quando l’Impero è
crollato»; l’altro, Lucien Febvre, ha ripreso questa frase,
soggiungendo: «Diciamo piuttosto che l’Europa diventa una
possibilità nel momento in cui l’Impero si disgrega».
Ciò che a quel punto rese possibile l’Europa fu che la parte
occidentale dell’Impero si separò dalla parte orientale, e che
questa parte occidentale si aprì ai popoli ‘barbari’ del Nord e
dell’Est - Celti, Germani e più tardi Slavi - per dar vita a quei
popoli meticciati che sarebbero poi divenuti gli Europei. Fu anche
il fatto che tutti i suoi abitanti si convertirono gradualmente al
cristianesimo, il quale fornì loro il cemento religioso, ideologico
e culturale necessario alla realizzazione di un’unità di idee, di
sentimenti e di pratiche.
L’Europa di oggi e di domani non deve essere un’Europa
cristiana. Dopo il Medioevo l’Europa ha acquisito la libertà in
materia di credo, e la fede religiosa può coabitare con una
laicità divenuta regola maggioritaria. Ma nel processo costitutivo
di una ‘comunità’ il cristianesimo ha avuto, agli inizi, un
ruolo essenziale. Questa stessa impronta religiosa ha d’altra
parte spinto gli europei a errori, e anche a crimini, che gravano
pesantemente sulla storia dell’Europa. La colorazione religiosa
della primitiva identità europea (nel Medioevo l’Europa tende a
confondersi con la cristianità) condusse alla persecuzione degli
eretici, che contraddicevano la dottrina della Chiesa, e a quella
degli Ebrei, che nel territorio europeo costituivano un corpo non
cristiano che opponeva resistenza: l’Inquisizione ricorse alla
tortura. La stessa colorazione religiosa spinse alla Crociata,
replica militare all’espansione musulmana, che trasferì la guerra
fuori dell’Europa e suscitò un odio durevole tra le popolazione
musulmane extraeuropee, opponendo una sorta di jihad (guerra santa)
cristiana alla jihad islamica.

Un’identità collettiva si plasma attraverso fattori tanto interni
quanto esterni. Nel caso dell’Europa il fattore esterno fu
rappresentato dall’Islam. Una nuova religione predicata da
Maometto nacque in Arabia nel VII secolo, e nel giro di un centinaio
di anni si diffuse in gran parte dell’Oriente e nell’Africa del
Nord. I musulmani attaccarono i cristiani nel Medio Oriente e nell’Africa
del Nord, che venne strappata ai Bizantini, e successivamente, a
partire dal 711, passarono in Europa, dove conquistarono rapidamente
la Spagna, giungendo fino ai Pirenei. Nel 732 un’armata musulmana
avanzò a nord dei Pirenei; il re franco Carlo Martello, alla testa
di un’armata cristiana, l’arrestò nei pressi di Poitiers
costringendola alla ritirata. Una cronaca cristiana dell’epoca
dice essersi trattato di una vittoria degli ‘Europei’ sugli ‘Infedeli’,
segnalandoci con ciò che il termine ‘europeo’ lungi dall’essere
solo un’espressione geografica, esprime anche un sentimento
religioso e culturale improntato a valori identitari.
La riconquista (Reconquista) della penisola iberica sui musulmani,
conclusasi nel 1492 con la presa di Granada, è una delle imprese
collettive degli Europei nel corso del Medioevo. I musulmani dal
canto loro occuparono per breve tempo una parte della Provenza e
della Sicilia, e per due secoli furono padroni di Palermo, prima di
essere cacciati dai Normanni.
Religione e politica
Il grande storico belga Henri Pirenne (1862-1935) ha stabilito una
relazione, in particolare dal punto di vista economico, tra la
conquista araba e la costruzione europea, paragonando Maometto a
Carlomagno. Ma, contrariamente a un’idea diffusa, non credo che
Carlomagno sia stato il padre dell’Europa. Il suo impero fu molto
più piccolo dell’Europa. Esso non comprendeva la Penisola
Iberica, né il mondo anglosassone o quello scandinavo; non ne
facevano parte il Centro e l’Est della Germania, né i paesi slavi
dell’Europa centrale e dei Balcani che oggi si trovano ai confini
dell’Europa politica, ma che storicamente sono europei. La
capitale dell’impero carolingio, Aquisgrana, non era europea nel
senso in cui Roma lo era stata nell’Antichità o in cui oggi lo è
Bruxelles. Carlomagno non concepì il progetto dell’Europa, ma
piuttosto quello di un ritorno all’Impero romano del passato.
In ogni caso Carlomagno, scrivendo in un latino rinnovato, riunendo
alla sua corte uomini di cultura e poeti provenienti da tutte le
parti dell’impero e anche da zone esterne a esso - spagnoli,
irlandesi, anglosassoni, franchi e germani, italiani ecc. - ha
contribuito a forgiare un’Europa culturale. Egli ha dimostrato che
il fulcro dell’unità europea, il legame sostanziale di una
comunità europea, doveva essere la cultura. E che essa aveva
bisogno di una legislazione comune, quella dei capitolari, utili
soprattutto a inquadrare e a stimolare l’attività economica.
Tra il IX e il XIV secolo la cristianità diede vigore alla
costituzione di un’Europa ancora senza nome, seguendo in
particolare due direttrici: la conversione di nuove nazioni e lo
sviluppo delle popolazioni cristiane.
La conversione - unita alla Reconquista iberica - riguardò
successivamente i Germani, gli Scandinavi, gli Ungheresi e gli slavi
dell’Ovest (polacchi, cechi, slovacchi, sloveni, croati). Prima di
Carlomagno la cristianità europea aveva evitato il grave rischio di
una divisone tra cristiani ‘cattolici’, ritenuti ortodossi, e
cristiani ‘ariani’, considerati eretici. Alcuni re, visigoti in
particolare, erano passati dall’arianesimo al cattolicesimo, ma il
cristianesimo occidentale, che obbediva a Roma e parlava latino, si
staccò dal cristianesimo orientale che parlava greco e non
riconosceva il papa. La rottura si consumò nel 1054, anche se l’evento
più rilevante si era verificato alla fine del X secolo, con la
conversione al cristianesimo greco-ortodosso di Vladimiro, principe
di Kiev. A partire da Costantinopoli e da Kiev l’Europa orientale
divenne cristiano-ortodossa. Nel XX secolo l’impero sovietico
inglobò quest’Europa ortodossa e venne così a esasperarsi una
frattura profonda, che permane tuttora nel cuore dell’Europa.
In ogni caso, a partire dall’anno Mille e fino alla metà del XIII
secolo, una diffusa prosperità e un rilevante progresso coinvolsero
più o meno tutte le regioni europee, comprese le regioni
periferiche; essi contribuirono al rafforzamento di un comune
sentimento europeo e allo stesso tempo salvaguardarono, e talora
favorirono, le diversità regionali. Una delle caratteristiche
essenziali dell’Europa - da preservare a tutti i costi - è
proprio la sua diversità che può, e deve, coesistere con la sua
unità.
A tale slancio è stato dato il nome di ‘prima rivoluzione europea’.
Suo tratto saliente fu l’intenso sviluppo urbano; le città si
accrebbero e moltiplicarono con l’estensione di autonomie e di
istituzioni consolidate e con i progressi dell’urbanesimo. Tra l’anno
Mille e il XIII secolo un considerevole aumento demografico
raddoppiò la popolazione europea; di conseguenza si dovettero
ampliare le superfici destinate alle colture e introdurre
perfezionamenti tecnici nei modi di lavorazione della terra, nei
trasporti, nell’industria tessile e nella costruzione degli
edifici e delle strade, dei mulini e delle imbarcazioni.
Contemporaneamente un grande fermento religioso, anche se
moltiplicò il numero degli eretici, consolidò il movimento
cittadino e la promozione dei laici, attraverso la creazione dei
nuovi ordini mendicanti dei domenicani e dei francescani. A esso si
accompagnò un grande fervore artistico, con la nascita dell’arte
romanica e successivamente di quella gotica.
Conoscenze e insegnamento furono considerevolmente incrementati e il
richiamo alla ragione, affiancato alla fede, divenne sempre più
grande. Furono create scuole e fece la sua comparsa l’insegnamento
superiore con la creazione di università in tutta Europa. Dapprima
in Italia (Bologna), in Francia (Parigi), in Inghilterra (Oxford e
Cambridge), nella Penisola Iberica (Salamanca e Coimbra); quindi,
tra XIV e XV secolo, nell’Europa centrale (Heidelberg, Praga,
Cracovia), e infine, nel XV secolo, nell’Europa settentrionale (Uppsala).
Ovunque, in tutta Europa, si diffuse la scolastica.
Lo sviluppo del commercio, con le sue fiere e i suoi mercati,
contribuì a mettere in risalto le carenze dell’economia europea
medievale: il numero eccessivo di imposte sulle merci (pedaggi), l’inadeguatezza
della moneta corrente per scambi che diventavano sempre più di
ordine monetario. La circolazione monetaria era troppo frammentata.
Anche le monete italiane più apprezzate, fiorini e ducati, erano
insufficienti.
L’esistenza di una moneta unica avrebbe probabilmente fatto fare
un balzo in avanti all’economia medievale che approdò, tra non
poche difficoltà, al capitalismo. Ma, visto che la politica
economica e monetaria ha sempre bisogno di condizioni politiche
favorevoli, a partire dal XIV secolo guerre, pestilenze e rivolte
rallentarono il progresso economico, anche se la coscienza dell’identità
europea rimase sempre viva. Lo stanno a testimoniare figure come
quella di Enea Silvio Piccolomini, pontefice col nome di Pio II
(1458-1464), o dello scrittore e uomo politico Philippe de Commynes,
attivo dalla Fiandra all’Italia tra il XV e il XVI secolo.
(traduzione di Angela Groppi)
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