La primavera di Cofferati
Andrea Salerno
A Roma c'è il sole, come recita anche il previdente titolo de il
manifesto diffuso come un volantino. A Roma c'è il vento,
freddo e tagliente, che stira le bandiere del sindacato e tutte le
altre. Tutte rosse. La scena, effettivamente, è impressionante.
Sono chiare almeno tre cose: la piazza ha avuto la sua vittoria,
"siamo quasi tre milioni"; quella che va in scena è la
prima manifestazione della sinistra dopo il tracollo elettorale di
un anno fa; la Cgil resta un'organizzazione solida e pronta alla
mobilitazione.
Poi c'è un'altra questione che attiene all'oggi e al domani della
sinistra. Riguarda chi, venti minuti prima delle 13, prende la
parola e parla alla folla.
Sergio Cofferati è un uomo di parte davanti ad
una piazza di parte. Ma qui non c'è ragione di issare la bandiera
italiana sul pennone per sottolineare una fedeltà al Paese e alla
democrazia com'era successo alla manifestazione dell'Ulivo del 2
marzo. Non ci si sente in colpa perché la si pensa in maniera
differente dalla "maggioranza di governo". Non ci si
giustifica ma si rappresenta un'istanza alternativa. Basta dire dal
palco, iniziando a parlare: "Noi non abbiamo mai accettato la
logica della violenza: né quella pratica, né quella verbale. E chi
ci accusa di essere una componente di questo clima di odio ci
offende, offende la nostra storia e l'intelligenza dei cittadini
italiani. La storia di uomini e donne che hanno lottato a viso
aperto contro il terrorismo, sempre. Abbiamo mutato i nostri
obiettivi abbiamo messo al centro la lotta al terrorismo, per la
democrazia, e lo dimostriamo con la compostezza, la fermezza e la
serenità di tutti voi".
Sergio Cofferati è un uomo di parte ma conosce la
differenza tra "governo" e "Stato". Una
differenza che - secondo lui - è ignota a Berlusconi e al suo
messaggio televisivo di venerdì sera.
Sergio Cofferati è un uomo di parte ma non ha bisogno
dell'avversario per costruire un progetto. E' così quando infiamma
la piazza dicendo senza retorica: "Noi siamo stati e saremo
sempre vicini ai magistrati, esposti più che mai ai pericoli in
questo periodo. E siamo stati e saremo vicini alle forze
dell'ordine, impegnate a cercare i colpevoli dell'omicidio Biagi. A
tutti diciamo che le nostre lotte sono la risposta migliore e più
efficace al terrorismo".
Sergio Cofferati è un uomo di parte e non deve amare molto Silvio
Berlusconi, probabilmente anche per le irregolarità che rappresenta
(conflitto di interessi, questione giudiziaria). Le conosce, le
tiene sempre a mente e mostra di non sottovalutarle mai. Ma il
leader della Cgil non ha bisogno di usarle per sottolineare il
bisogno di un'opposizione dura: "Siamo convinti che una parte
consistente delle difficoltà dell'oggi siano da attribuire a
politiche inefficaci per sostenere la crescita e ancor di più per
rovesciare il suo rallentamento. Si rischia l'interruzione del ciclo
positivo innescato negli anni passati dal risanamento. L'economia
era tornata a crescere, il lavoro era diventato un obiettivo
raggiungibile per tante ragazze e ragazzi, anche nel Mezzogiorno. Il
rallentamento ci preoccupa".
Sergio Cofferati è un uomo di parte e questa è
la sua forza. Non veste Armani o Dolce e Gabbana ed è probabile che
non li vestirà neanche quando - se mai sarà - diventerà il leader
della sinistra italiana. Rispetta gli avversari, ma rispetta
soprattutto la propria identità, le proprie idee, le idee della
sinistra. La vera differenza tra i "girotondi" o tra
l'adunata ulivista di Piazza San Giovanni del 2 marzo sta proprio in
questo. Nell'anello romano non c'è ecumenismo, non c'è vaghezza,
non c'è smarrimento, non ci sono forze che si compattano soltanto
in nome di un avversario, di un rischio, di un nemico da combattere.
Al Circo Massimo c'è una "forza tranquilla", con la sua
cultura e - altro dato rilevante e fondamentale - con un capo che la
rappresenta e che le dà voce. Una forza che affonda le radici nella
storia della sinistra italiana. E soprattutto che non se ne
vergogna, accettando per sé le definizioni infamanti che le vengono
continuamente dal campo avverso.
Sergio Cofferati ha dimostrato e dimostra fin d'ora quelle qualità
che fanno la fortuna di un uomo politico: passione, senso di
responsabilità, lungimiranza e fuga dalla vanità. I prossimi mesi
ci diranno se la mattina del Circo Massimo sarà ricordata - oltre
che per la battaglia sindacale - per la nascita di un nuovo leader.
Ma se è vero - tanto per continuare a citare Max Weber - che la
politica consiste in un lento e tenace superamento di dure
difficoltà e che il possibile non verrebbe mai raggiunto se nel
mondo non si ritentasse sempre l'impossibile, è altrettanto vero
che la storia recente della sinistra italiana ha dimostrato che la
strada del quieto possibile è sembrata troppo spesso l'unica
percorribile. E sicuramente non basterà una manifestazione ad
invertire la tendenza.
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