I lettori scrivono
Da: GIOVANNI LEUCI <prekmyl@tin.it>
A: <caffeeuropa@caffeeuropa.it>
Data: Venerdì, 9 novembre 2001 13:27
Oggetto: Manuel Vasquez Montalban
Cari amici è da qualche settimana che vi ho scoperto (grazie a
Virgilio.it) e sono diventato uno dei vostri più assidui visitatori.
Desideravo segnalare alla Vs. redazione e agli altri frequentatori del
Caffè il brano che segue tratto da Ho ammazzato J.F. Kennedy
di Manuel Vasquez Montalban, scritto nel 1972 e pubblicato solo
quest'anno in Italia da Feltrinelli.
Quello che segue è un discorso "Urbi et orbi" che il "gallego"
attribuisce nel suo romanzo al Presidente Kennedy; scorrendo tra le
sue righe non ho potuto far a meno di notare la sua drammatica
attualità:
EPISTOLA URBI ET ORBI
Letta dal Presidente Kennedy il giorno del Ringraziamento del 1963,
sulla spianata centrale del Palazzo delle Sette Galassie, in presenza
del 60 per cento del potere esecutivo della nazione e della totalità
del corpo diplomatico.
Signore e signori,
è in giorni come questo che sembra più logico mettersi in ginocchio,
alzare lo sguardo fiducioso verso la pace del cielo e dire: grazie.
Grazie non tanto per i beni ricevuti quanto per le evidenze percepite.
La percezione delle evidenze è i1 maggior bene che un popolo possa
ricevere. L’evidenza più palese che noi, il popolo americano,
possiamo percepire è quella del nostro destino privilegiato in testa
alla marcia storica dell'umanità.
Per coloro che concepiscono la marcia della Storia soltanto come
un'evoluzione materiale sprovvista di ogni trascendenza al di fuori
della positività dei risultati, del resto sempre più positivi, dico
oggi la mia preghiera, perché noi, il popolo americano, sappiamo che
non c'è destino umano senza la provvidenza e che senza la provvidenza
non ci sono grandi comportamenti storici. Dio condusse il suo popolo
al di là del Nilo e gli diede una guida: Mosè. Da questo fatto
nacque la storia dell'Occidente, sotto il dito protettore della
provvidenza.
In quest'ora difficile in cui il destino dell'uomo cristiano è
impegnato nella più dura lotta per la sopravvivenza, dico ancora:
grazie. Grazie in nome del mio popolo, che mi ha scelto come capo e
guida e mi ha conferito questa alta missione con la sola prerogativa
delle sue stesse esitazioni e speranze. Io, in quanto americano, sono
uno di voi, ho le vostre stesse aspirazioni e i vostri stessi timori.
Le mie forze sono le vostre e, come voi, confido in quelle forze
straordinarie che Dio concede a chi si allinea dalla Sua parte. E con
questo aiuto che dobbiamo vincere. In un giorno come questo dobbiamo
proclamare lo strumento della nostra vittoria. Uno strumento che non
è un'arma terrificante la cui capacità di distruzione paralizza i
muscoli del valore, no. La nostra arma non è letale, e non è
segreta. È l'arma dell'evidenza, dell'esempio vittorioso. Che i
nostri nemici aprano gli occhi e vedano nella salute del nostro popolo
l'evidenza del nostro ottimo destino e nella salute delle nostre opere
l'efficacia di un metodo di comportamento che procede di pari passo
con la volontà divina.
Siamo la nazione più ricca della Terra. Ma saremmo ben poco senza la
ricchezza spirituale. Se qualcuno mi domanda perché, convinti della
nostra superiorità spirituale, non trascuriamo la fabbricazione di
proiettili tele-guidati, gli rispondo che le vie del Signore sono
insondabili e imprevedibili, e nessuno sa quale sia il suo strumento,
nessuno sa e nessuno conosce il linguaggio dell'aldilà. Nella
dissuasione mediante la forza non bisogna vedere un proclama di
scetticismo, bensì un atto di umiltà davanti a spiegazioni più
grandi di noi.
Sant'Agostino, una volta, passeggiava lungo una spiaggia. Viveva uno
dei suoi momenti di maggior esitazione, pieno di dubbi e domande sul
mistero della vita e della morte. Spirito liberale e democratico,
sant'Agostino si interrogava su tutto, perché questo dev'essere
l'atteggiamento di onestà intellettuale. Passeggiava, ripeto, lungo
una spiaggia, quando si imbatté in un bambino che riempiva d'acqua
una buca nella sabbia. Continuava a fare avanti e indietro con un
secchiello di plastica. Una e più volte. Una e più volte.
"Che cosa fai. piccolino?" domandò il santo.
"Voglio mettere tutto il mare in questa buca."
"Ma," disse il santo, sorridendo davanti a tanta
meravigliosa purezza e ingenuità, "questo è impossibile."
Il bambino diventò serio e gli rispose:
"Ancor più impossibile svelare i disegni di Dio".
Svelare, svelare; nella radice di questa parola giace la stessa
saggezza. Sollevare il velo che ci separa dalla verità è la strada
per raggiungere la saggezza. Ma ogni uomo lucido sa dell'esistenza di
un velo posto troppo lontano e sa che bisogna conservare un aldilà di
mistero il quale impedisce di sollevare l'ultimo velo. Questa è
l'umiltà che ha reso grande il nostro popolo. l'umiltà di lasciare a
Dio la spiegazione ultima del nostro agire e di non cadere nel peccato
di desiderare la consapevolezza del Grande Veggente dell'Eternità.
Di quest'istante di eternità, di questo frammento di Storia che ci è
toccato vivere, grazie, Signore, per i frutti che ci hai fatto
ottenere, grazie per le mete che ci hai posto."
Spero che vi abbia colpito come è stato per me.
Arrivederci.
Giovanni Leuci
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