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Sciogliere i Ds e fare un nuovo partito



Enrico Morando con Giancarlo Bosetti



Senatore Morando, lei, la “terza forza” tra i candidati alla segreteria dei Ds, con Fassino e Berlinguer, ha proposto di sciogliere i Ds e di farli confluire nel nuovo partito riformista secondo la proposta di Giuliano Amato. Non le fa paura la parola “scioglimento”?

“No, perché non si tratta di fare un’atto di soppressione di ciò che c’è ma si tratta di compiere un atto fecondo di costruzione di qualcosa che non c’è: un unitario partito del socialismo riformista in Italia. Non c’è niente da sciogliere, c’è molto da costruire.”

Enrico Morando, il leader della piccola, ma incisiva e tenace, corrente riformista dei Democratici di sinistra cerca in queste ore di districare una situazione molto ingarbugliata alla vigilia di un congresso che non ha ancora trovato uno sbocco chiaro, né sulla linea politica (la guerra ha molto agitato le acque), né sull’assetto del vertice (c’è il problema della presidenza, D’Alema sì o D’Alema no). Non c’è più il problema del segretario: sarà indubbiamente Fassino con oltre il 60%. Ma il nuovo numero uno sembra avere davanti a sé questo dilemma: se persegue il progetto di rinnovamento riformista in modo netto, limpido e forte, come ha dichiarato diverse volte durante la campagna congressuale, rischia di perdere consensi. Se lo diluisce e lo attenua allarga i consensi congressuali, ma rischia di danneggiare il progetto.

Come si esce da questo dilemma, Morando: più chiari e con più opposizione interna, o più confusi con meno opposizione?


"Io ricorderei che nella mozione di Fassino c’è un esplicito riferimento alla condivisione del cosiddetto 'progetto Amato', il che rappresenta un impegno molto preciso. Non a caso nello svolgimento dei congressi locali di queste settimane, la sua mozione ha potuto essere molto competitiva nei confronti della nostra: perché il progetto Amato è diventato anche suo. Questo elemento di identità tra le due mozioni (Morando e Fassino, ndr) ha avuto come conseguenza che una parte di quelli che erano incerti tra noi e lui votassero per lui, perché aveva maggiori probabilità di diventare segretario, ma in questo modo Fassino ha contratto un impegno con gli iscritti ai Ds."

Ma allora tra maggioranza (Fassino) e opposizione (il correntone: Berlinguer, Cofferati, Mussi, Melandri) questa questione del progetto Amato che peso ha?


"Nelle sezioni è successo molto spesso che il presentatore della mozione Fassino saltasse a piè pari il riferimento al progetto Amato, non ne parlasse, quasi si ritenesse che quel pezzo di mozione non portava consenso in più. Tanto è vero che spesso eravamo noi a dover ricordare che nella mozione Fassino c’era anche un riferimento e un impegno politico esplicito inquel senso."

Reticenza: ma allora Fassino potrebbe essere reticente anche al congresso nazionale?


"E no, perché l’impegno che Fassino si è assunto con gli iscritti è indiscutibile. E’ scritto sulla mozione."

E il correntone, come vede la questione Amato-nuovo partito?


"Per quello che riguarda la mozione Berlinguer su questo punto l’indicazione era alternativa. Diceva: "federazione" delle forze d’ispirazione socialista e di sinistra nell’Ulivo. Il che significa: Verdi, Comunisti italiani, Ds, Sdi. E’ una alternativa al progetto Amato che prevede la costruzione di un unitario partito del socialismo riformista in Italia. La componente Berlinguer l’ha sostenuta in effetti nella piena consapevolezza dell’alternatività al progetto Amato, anche perché nella proposta della "federazione" c’è contemporaneamente l’idea di rafforzare le posizioni massimaliste attraverso l’apporto dei comunisti italiani e dai verdi. La proposta della federazione da più libertà di azione ai massimalisti di quanto ne conceda un gruppo parlamentare unico. E devo aggiungere che il progetto della federazione indebolisce anche la prospettiva dell’Ulivo, che sarà, esso sì, una stabile federazione di partiti, movimenti, associazioni, singoli cittadini che si dà delle regole per decidere."

Come valuta il fatto che nel correntone si siano impegnate figure di cultura riformistica, e non direi massimalisti, come Veltroni, come Cofferati?

"Prima di stabilire quanto sia riformista questo o quel dirigente, è il caso di chiarire che secondo me il progetto Amato presuppone la presenza anche di componenti radicali dentro il partito del riformismo socialista europeo in Italia. Non è una formula valida soltanto per la cultura politica del socialismo liberale allo stato, diciamo così, puro. Come accade in tutti i partiti socialisti d’Europa è inevitabile e giusta una certa varietà di posizioni. Pensiamo alle difficoltà che oggi e domani Schroeder dovrà affrontare al Bundestag con il suo gruppo parlamentare sull’intervento militare in Afghanistan."

E allora Veltroni e Cofferati?

"Mi auguro che proprio la presenza di queste personalità all’interno della componente Berlinguer aiutino questa componente a fare il passo dall’idea della federazione, che si deve invece applicare all’Ulivo, all’idea dell’unico partito del socialismo riformista."

Mi aspettavo da Cofferati una mossa che scompaginasse gli schieramenti, che facesse prevalere la sua natura di riformista di vaglia. Non sembra che intenda fare questa mossa.

"Anch’io devo manifestare una delusione sotto questo profilo, ma non metterei limiti alla provvidenza. In ogni caso penso che Cofferati possa svolgere un ruolo positivo sul punto di cui qui ci stiamo occupando: l’ipotesi di un apertura del cosiddetto correntone alla costruzione di un nuovo partito."

Ma il progetto Amato non subirà anche il danno di una qualche impopolarità aggiuntiva, perché magari scambiato con un "progetto D’Alema"? C’è anche un fattore D’Alema negli schieramenti?

"Non credo. Il tempo dovrebbe aver dimostrato che l’idea di un nuovo partito riformista rappresenta una innovazione capace di superare anche gli eccessi e gli errori della personalizzazione. È positivo che D’Alema si sia dichiarato a favore, anche se in questi giorni leggo di compagni molto vicini a D’Alema, come Burlando che sostengono la necessità di un partito dell’Ulivo."

E’ una sorpresa?

"Sì. E non vorrei che fossimo alla vigilia di un’altra "virata" di D’Alema. Credo e spero che sia soltanto un equivoco."

E la questione della Presidenza dei Ds che ruolo ha in rapporto sia al progetto che agli schieramenti interni?

"So che viene attribuita a noi la posizione di quelli che vorrebbero "tenere in caldo" la presidenza per Amato. Non è così: adesso si parla dei Ds e domani si parlerà, si dovrà parlare di un partito completamente nuovo. Quando noi affermiamo la nostra contrarietà alla ipotesi di elezione di un presidente dei Ds, lo facciamo avendo come riferimento i Ds e non altro. Non vogliamo ricreare diarchie segretario-presidente, perché non funzionano e non hanno funzionato in passato. Per cui presenteremo una proposta di emendamento dello statuto volta a sopprimere la carica di presidente."

Quindi non voterete D’Alema presidente?

"Se non passerà il nostro emendamento, noi voteremo contro qualsiasi candidatura."

 

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