I lettori scrivono
da: lena francesco <lena.f@libero.it>
a: <caffeeuropa@caffeeuropa.it>
data: lunedì, 22 ottobre 2001 10:14
oggetto: sulla marcia di Assisi
Gentile redazione
dopo la grande e magnifica manifestazione
del 14 ottobre 2001 alla quale ho partecipato, mi viene da pensare che
è ancora possibile sperare, marciare in
centinaia di migliaia di persone, tantissimi giovani fra Perugia,
Assisi e
sentire che la pace è ancora una parola dovuta, un filo che unisce,
una
tensione da condividere, da manifestare senza imbarazzi, e perfino da
questa Italia preoccupata di sé, attenta , e nelle parole di qualche
personalità politica che stanno a misurare con il millimetro i gradi
di
civiltà che ci separano dagli altri mondi, esca un messaggio forte,
puntuale, sulla pace.
E' possibile, anzi è bene parlare di pace soprattutto in tempo di
guerra:
questo ci dice Assisi. e ci chiede di non abboccare, a chi pensa e che
vorrebbe scolpire la storia a colpi di accetta: o si sta con i
bombardieri
americani, in educato silenzio, senza dubbi molesti sulle capacità
chirurgiche delle bombe, senza pretendere condizioni, tempi e
obbiettivi per
l'operazione militare; oppure si sta con i pacifisti. Non è così.
Perché
in mezzo c'è Assisi.
E' multivoci, multicolore, multiculturale,
multietnica, piena di pensieri, dubbi, emozioni, ansie.
Perché credere nella pace vuol dire osare la pace sopratutto in tempi
di lutto. Vuol dire coraggio di sovrapporre alle immagini dolenti di
New York e di Kabul il
sorriso tenace dei ragazzi in marcia. Vuol dire la maturità di un Paese; il Paese reale che vuole
combattere il terrorismo internazionale da qualunque parte venga, con
tutte le proprie risorse senza rinunciare a coltivare la pace.
Non solo quella di carta, non solo la firma in calce di un accordo tra
diplomazie, la pace raccontata ad Assisi è un primato senza tempo,
senza
latitudini, senza firma di ministri. E' una scelta di umanità, non di
identità ma di giustizia sociale, di solidarietà di sognare e volere
un
mondo migliore.
Ed è stato un bene che tanti uomini politici abbiano
compreso, e messo da parte esitazioni e preoccupazioni ed erano
presenti in
molti, disposti a raccogliere e a condividere anche la loro parte di
rischi.
La marcia ci dice di non rinuciare al nostro pensiero critico, alla
lucidità
dei nostri dubbi. Assisi, infine, è stata anche questo: la scelta di
dedicare per un giorno i nostri sorrisi all'arte della pace, non al
mestiere
della guerra.
Questa grande, meravigliosa marcia con tanta voglia di partecipazione
da
parte dei giovani fa ben sperare in un futuro migliore in una società
più
giusta più solidale e di pace.
lena francesco
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