Internet racconta New York
Mauro Buonocore
La rete sembrava non riuscire a sopportare l’enorme peso dei fatti.
L’11 settembre, appena le prime notizie sugli attentati che hanno
colpito gli Stati Uniti iniziavano a circolare, tantissime sono state
le persone che si sono precipitate sul mouse del proprio computer alla
ricerca dei siti che potessero dare informazioni dettagliate,
chiarificazioni, spiegazioni, racconti. Ma la foga è stata troppa e
le principali testate online, in America come in Italia, non hanno
retto all’impatto con tanto pubblico. Le connessioni si sono
intasate, i browser giravano a vuoto, gli schermi rimanevano immobili
sulle pagine bianche dell’attesa.
Ma questo non vuol dire affatto che il world wide web abbia smesso di
fare informazione, anzi. Proprio quel pomeriggio - o quella mattina,
negli Usa - la rete ha mostrato la sua veste più innovativa
dimostrando di essere uno strumento di comunicazione dalle mille facce
che è in grado di mantenere il contatto tra le persone e la realtà,
anche quando questa assume una veste terribile e distruttiva.
All’intasamento dei principali fornitori nazionali di informazione
on-line come la Cnn, Msnbc o Abcnews ha fatto eco la prontezza di
altri siti che utilizzando e-mail e chat ha fornito un servizio di
informazione essenziale nei momenti della confusione, del panico, dell’incertezza.
La rivista telematica Salon
pubblicava in tempo reale notizie e testimonianze inviate da reporter
che si trovavano nel World Trade Center; e così pure Metafilter
, una tra le più importanti communità on-line degli stati Uniti,
si è trasformata in un luogo di scambio di informazioni in diretta
tra chi era nei pressi dei luoghi degli attentati e chi invece cercava
di avere notizie su quello che stava succedendo.

Una rete di rabbia
Il bello della rete sta proprio lì, nella comunicazione immediata,
nel libero accesso all’informazione, nella possibilità di dire la
propria, di esprimere un’opinione che sia letta da molte persone.
Questo è il senso delle community, dei siti che permettono,
attraverso la posta elettronica, di costruire un contatto tra persone
accomunate da uno stesso interesse. In parecchi, infatti, si sono
proiettati nella rete, quella mattina dell’11 settembre, non solo
per cercare informazioni, ma anche per cercare qualcuno che fosse
stato a sentire quello che avevano da dire. E per lo più erano parole
di rabbia, invettive contro il mondo islamico.
Le pagine di Craig’s List
, la più vasta community dell’area di San Francisco, e di Coffeecup.com
, tradizonale luogo di incontro on-line, si sono popolate di messaggi
che invocavano alla “totale distruzione e all’annullamento di ogni
paese che venisse ritenuto responsabile della strage; alcuni
interventi suonavano così: “Cerchiamo tutti quelli che non credono
in Cristo ed eliminiamoli”; oppure “epuriamo la società da questi
ratti”, e ancora grida di vendetta contro tutti gli arabi che vivono
negli Stati Uniti.
Quando web vuol dire informare
I giorni che sono seguiti hanno portato a galla nuove osservazioni
sulla validità di Internet come strumento di informazione e di
comunicazione. Mentre c’era chi replicava agli insulti e alle
invettive contro l’Islam con messaggi dettati da un ragionato buon
sensoe da umana sensibilità, molti siti hanno realizzato un
giornalismo che, utilizzando alcune peculiarità della rete, risponde
alle esigenze di chi non vuole perdere il contatto con i fatti. È il
caso, ad esempio, di Wired
che ha stilato un elenco delle compagnie che avevano gli uffici nei
palazzi crollati accostando al collegamento al sito di ogni ditta
alcune informazioni sul numero dei dipendenti che è ancora disperso
tra le macerie.

Passate le prime ore di fibrillazione in cerca di
informazioni, il traffico sulle linee telefoniche si è pian piano
decongestionato, ed anche quei siti che erano stati bloccati dall’irruenza
della richiesta hanno iniziato a riempire le loro pagine sulla rete.
Dal sito del Poynter Institute
, rinomato centro di osservazione del giornalismo, Steve Outing rileva
come alcune testate abbiano saputo efficacemente coniugare le
potenzialità grafiche del computer con la necessità di fornire un
racconto il più possibile chiaro e dettegliato degli eventi.
Sul giornale spagnolo El
Paìs si può vedere un’animazione, presentata anche
in Italia dal sito de La
Stampa , che ripropone la dinamica degli attentati; è
un esempio di come l’infografica possa aiutare ad offrire
rappresentazioni utili e facilmente fruibili.
Allo stile televisivo si ispira invece Msnbc
: la voce di uno speaker si sovrappone ad una successione di
diapositive; il fatto che le immagini siano ferme, secondo Outing,
favorisce l’attenzione alla spiegazione più di quanto non succeda
di fronte al televisore.

Usa
today non tradisce la tradizione che vuole il lavoro
della testata americana incentrato sull’informazione grafica. Una
serie di immagini animate spiegano diversi punti di vista che
coinvolgono gli attentati, dal crollo delle torri a come erano
predisposti i controlli negli aereoporti, dalle traiettorie degli
aerei a come vengono portati i soccorsi.
Un cenno a parte merita il sito di The
Guardian . Il giornale londinese ha costruito un dossier
con collegamenti ai siti del miglior giornalismo riguardo agli eventi
di New York, fornendo così un esempio di servizio utilizzando le
potenzialità ipertestuali della rete e selezionando l’enormità di
materiale disponibile sul web.
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