Caffe' Europa
Attualita'



Guerra agli USA, con armi non convenzionali



Carlo Jean con Ettore Colombo




Il generale Carlo Jean, presidente del Centro studi strategici della Luiss ed ex rappresentante dell'Osce per gli accordi di Dayton, ha accettato di commentare per Caffé Europa i tragici attentati avvenuti negli Usa. Secondo Jean si tratta di una vera dichiarazione di guerra: “Solitamente il terrorismo non mira a fare distruzioni, ma solo ad affermare un determinato messaggio politico. Una distruzione come quella a cui abbiamo assistito è una vera e propria dichiarazione di guerra, anche se effettuata con modalità e strumenti non convenzionali”.

Professor Jean, è naturalmente difficilissimo fare delle valutazioni “a caldo” degli attentati negli Usa. Ma secondo lei chi li ha voluti, quali obiettivi si prefiggeva e, di fronte ad essi, quale sarà la reazione degli Usa?

Al momento è davvero difficilissimo dire qualunque cosa. La pista del terrorismo islamico è la più probabile, certo, ma ricordiamoci di Oklahoma City: all’inizio anche lì si pensò al terrorismo islamico, poi invece venne fuori che la pista era interna, che gli attentatori erano degli estremisti di destra, e tutti statunitensi. Comunque, risalendo alla lista dei passeggeri, al loro elenco, si potranno già ottenere degli indizi utili per le indagini. Certo è che la reazione del governo americano, quando ci sarà, sarà decisamente brutale. Ma aspetteranno di avere degli elementi sicuri, prima.

L’intelligence americana (Fbi, Cia) viene molto criticata, in queste ore. Lei che giudizio dà sul loro operato?

Guardi, contrariamente a quanto affermato dal politologo Edward Luttwak, che ha criticato pesantemente l’impreparazione e il lavoro di contrasto delle strutture di polizia statunitensi, io credo che il loro sia uno degli apparati migliori del mondo, in particolare quello di difesa degli aereoporti, ma questa azione terroristica è stata così subdola e così terribile che avrebbe potuto eludere qualunque difesa. D’altra parte, pensi se ogni volta che prendiamo un aereo dovessimo andare in aereoporto tre ore prima della partenza per tutti i controlli del caso. Grideremmo alla privazione delle libertà e cose simili. Il problema è che la libertà ha un prezzo, come si è visto. Il lavoro d’intelligence preventiva, invece, quello sì che è stato un flop completo, totale. Ma non solo di Cia e Fbi, anche dei servizi segreti israeliani, che non hanno saputo prevedere nulla di quanto poi sarebbe successo.

Come giudica il possibile precipitare della crisi mediorientale, in particolare del conflitto arabo-israeliano?

Israele e Palestina sono già in guerra, ormai da tempo, anche se è un tipo di guerra asimmetrica: Israele possiede e usa armi convenzionali per rispondere a un genere di attacchi che definirei “non ortodossi”, attacchi che prefigurano un nuovo tipo di guerra, dove agiscono forze convenzionali e forze organizzate in modo differente. La pratica dell’autosacrificio di chi si scaglia contro un obiettivo disposto a sacrificare la propria vita cambia anche il modo di fare e d’interpretare una guerra, un conflitto: i kamikaze non devono prendere misure di tutela per se stessi e questo facilita loro di molto il compito. Andremo sempre di pù verso forme di conflitto simili, nuove.

Quali, a suo parere, le prossime mosse di politica estera degli Stati Uniti, dei paesi arabi, dell’Europa?

Si temeva, recentemente, una sorta di ripiegamento degli Usa su se stessi, un ritorno a una politica neoisolazionista, pericolo che credo ora verrà decisamente scongiurato: l’impegno e il coinvolgimento degli Usa, nei Balcani come nel Medio Oriente, crescerà invece che diminuire. Inoltre, gli Stati Uniti si allineeranno molto di più alle scelte politiche e strategiche di Israele, nonostante le recenti frizioni, che avevano sfiorato la rottura tra i due Stati, mentre le divisioni con il mondo arabo, compreso il mondo arabo moderato, aumenteranno.

Infine, il punto più delicato sta proprio nel fatto che - al di là dei proclami roboanti e delle dichiarazioni di guerra che un personaggio come Bin Laden faceva ogni settimana contro gli Stati Uniti - è evidente che i collegamenti tra gli Stati arabi moderati e le stesse società di quei Paesi e questi gruppi islamici estremistici è indubitabile. Pensi soltanto al fatto che la famiglia di Bin Laden è una delle più ricche e più in vista dell'Arabia Saudita, che ha costruito ponti e strade anche negli Usa, e che è imparentata direttamente con la famiglia reale. Per quanto riguarda la Nato, non credo che sarà coinvolta direttamente in un’azione di guerra americana, piuttosto fornirà basi e strutture logistiche di supporto, come è avvenuto anche in passato, ma non di più: la solidarietà dei paesi Nato agli Usa resterà squisitamente politica.

Ritiene che il nostro Paese, anche alla luce del movimento anti-G8, potrà subire contraccolpi dalla vicenda?

Non credo affatto, anzi, sono persuaso che non vi saranno ripercussioni rilevanti nel nostro Paese e nemmeno nella sua collocazione geopolitica attuale. Sono invece molto più preoccupato per i contraccolpi che potrebbe subire il nostro sistema economico, come quello di tutto il mondo occidentale: venivamo già da un ciclo di stagnazione. Ora temo la recessione vera e turbamenti finanziari, monetari ed economici sempre più drammatici.


Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti da fare? Scriveteci il vostro punto di vista cliccando qui

Archivio Attualita'


homearchivio sezionearchivio
Copyright © Caffe' Europa 2001

 

Home | Rassegna italiana | Rassegna estera | Editoriale | Attualita' | Dossier | Reset Online | Libri | Cinema | Costume | Posta del cuore | Immagini | Nuovi media | Archivi | A domicilio | Scriveteci | Chi siamo