Come a Pearl Harbour
Ettore Colombo
“L’attacco che abbiamo subito è peggiore di Pearl Harbour. La
risposta dovrà essere adeguata”. Queste parole sono di Henry
Kissinger, ex segretario di Stato di molti presidenti e memoria
storica della politica estera americana. Ai cittadini americani può
ricordare molto più facilmente i film catastrofici di Hollywood, da Indipendence
Day a Attacco al potere a Pearl Harbour, appunto.
Una cosa è certa: “l’America sotto attacco” fa paura al mondo.
L’America, o meglio gli Stati Uniti, reagiranno, non resteranno
fermi. Come ha detto in una conferenza stampa il presidente Bush, “make
no mistake about it”, state pur certi, “gli Usa cacceranno e
troveranno i responsabili di tali attentati”.
Attentati che di ora in ora assumono contorni sempre più drammatici,
sia per l’entità della tragedia (ormai si parla di almeno 20 mila
morti) sia nelle testimonianze dei sopravvissuti all’inferno delle
torri, sia nei brandelli di conversazioni che hanno registrato gli
ultimi momenti di vita dei 260 passeggeri dei quattro voli dirottati e
lanciati come bombe umane contro gli obiettivi previsti dagli
attentatori-suicidi. Tra queste, quella di Barbara Olson,
corrispondente della Cnn e moglie proprio di un sottosegretario di
Bush, che ha chiamato il marito descrivendogli il dirottamento e i
suoi ultimi, terribili, istanti di vita.
Una nazione intera ha ascoltato queste voci drammatiche, ha visto le
Torri gemelle crollare, il Pentagono bruciare, ora sta vedendo i corpi
accatastati e si è chiesta: perché e chi ci ha fatto questo?
Tragedia a Manhattan. La città sta vivendo un incubo e conta i
suoi morti e le sue vistose ferite.
New York, appunto, una città isolata, attonita, sgomenta. Dove ieri
notte nessuno andava in giro per le strade a divertirsi, ma solo a
cercare di aiutare e a portare soccorso. Altrimenti se ne stava in
casa, attaccata alla tv. In queste ore, le notizie, i racconti, le
testimonianze si susseguono drammatiche, terribili. Il sindaco della
città Rudolph Giuliani ha detto sconvolto che il bilancio
delle vittime del'attentato contro le due Torri gemelle è “tremendo”.
Secondo la polizia il bilancio provvisorio è di alcune migliaia di
vittime, i feriti sono centinaia e si parla di 20 mila morti.
Il sindaco ha dato ordine di evacuare la zona sud di Manhattan, dove
vivono tre milioni di persone. Il Palazzo di Vetro dell’Onu
è stato chiuso, come la Borsa di Wall Street. I morti dei quattro
voli scoppiati come bombe umane suicide sono ufficialmente 260,
tra equipaggi e passeggeri, mentre si parla di circa 300 vigili del
fuoco periti mentre prestavano i primi soccorsi.
Mancano all'appello, in sostanza, centinaia di soccorritori, tra
pompieri, poliziotti e paramedici.
La gara di solidarietà tra i newyorkesi è scattata immediata,
commovente. Decine di persone si accalcano contro la frozen zone
cercando di portare aiuto in qualche modo. Il ritrovamento di alcune
persone vive sotto le macerie delle Torri gemelle, a 24 ore dal
crollo, ha poi riacceso le speranze che ci siano ancora dei
sopravvissuti. New York si è comunque svegliata sotto choc e lotta
contro il tempo per salvare le persone intrappolate. Le squadre di
soccorso hanno lavorato tutta la notte ed è ancora presto per un
primo bilancio, ma la presenza di pochi feriti negli ospedali fa
disperare: i morti, dicono tutti, si conteranno a migliaia.
Oggi si dovevano tenere le elezioni primarie per il nuovo sindaco, che
sono state ovviamente sospese.
George W. Bush è rientrato precipitosamente a Washington, una
capitale deserta, svuotata di ogni sua vestigia di potere, dalla quale
sono stati allontanati tutti i deputati del Congresso (riconvocato per
oggi). Sembrava non dovesse finire mai il triste volo che stava
compiendo da ieri pomeriggio sul superblindato “Air Force One”. Ha
parlato alla Nazione alle 9.00 locali (le 3.00 di notte italiane).
Bush era stato portato prima in Lousiana, poi in Nebraska, in base
militari blindatissime, la sua famiglia e le altre massime cariche
dello Stato messe al sicuro in luoghi altrettanto supersegreti, mentre
navi da guerra si sono posizionate davanti a New York, misura mai
presa prima nella storia americana (per trovare un paragone bisogna
risalire alla Guerra civile americana, quando le cannoniere di Nord e
Sud si affrontavano davanti la costa, visto che persino gli U-Boat
tedeschi mai arrivarono fin là). Del resto, tutti gli aereoporti
degli Stati Uniti sono stati chiusi al traffico, come è fermo il
traffico ferroviario della East Coast. La frontiera con il Messico è
stata sigillata e anche quella con il Canada.
Le prime indagini e la pista del terrorismo islamico
internazionale. Quale sarà la reazione Usa?
A mezzanotte esatta di ieri, questo giorno terribile e assurdo che
ricorderemo per tutta la vita, martedì 11 settembre, “alcuni caccia
Usa”, annuncia con troppa tempestività la Cnn, “stanno
bombardando Kabul, la capitale dell’Afghanistan”, governata
dai religiosi mussulmani detti “talebani”, sicuri alleati - a
detta di tutti - dello sceicco arabo Osama Bin Laden. Ma subito fonti
della Casa Bianca smentiscono la Cnn.
Le immagini s’inseguono caotiche e presto si scopre che in
Afghanistan si stanno svolgendo “solo” scontri violentissimi tra i
talebani e i ribelli laici e antigovernativi guidati dal “leone”
Messud, leader del fronte anti-talebani e che da poco ha rischiato di
essere ucciso, ma ciò non toglie che la situazione di guerra endemica
a Kabul, come la vera e propria guerra non dichiarata in atto tra
arabi e israeliani, la guerriglia kurda a cavallo di Turchia e Iraq e
la situazione in Macedonia e Kosovo rende drammatico, oggi più di
ieri, il quadro internazionale e fa di tutta la fascia geopolitica che
va dal Medio Oriente ai Balcani, dall’Africa del Nord al
Mediterraneo un’unica grande polveriera. Pronta ad esplodere ancora.
Certo è anche che la reazione degli Stati Uniti, quando ci sarà,
sarà durissima. Diverse piste portano a Bin Laden, dicono i
primi investigatori e le fonti del Dipartimento di Stato. Sotto accusa
anche gli elementi radicali ed estremisti dell’Olp, in
particolare le organizzazioni terroristiche Hamas e il Fronte per la
liberazione della Palestina. Le scene di esultanza di fronte alle
notizie degli attentati, registrate a Gaza, hanno fatto il giro del
mondo. Israele, oltre a schierarsi subito a fianco degli Usa,
ha chiuso le frontiere con Libano e Siria, dichiarato lo stato di
massima allerta e sospeso tutti i voli. Arafat è scioccato da quanto
e successo e si è detto costernato per gli attentati, ma i suoi
continuano a sparare.
Il presidente Bush ha ripetuto che troverà i responsabili. Lo ha
giurato agli americani. L'Fbi lavora freneticamente alle
indagini, travolta dalle critiche, come anche la Cia e tutta l’intelligence
made in Usa. Tre le domande che tutti si fanno. Primo: chi ha ordinato
l’attacco? I primi indizi si concentrano sul miliardario saudita Osama
Bin Laden, ma l'enorme supporto logistico che un attacco
coordinato come quello messo in atto ieri ha richiesto, solleva molti
dubbi. Dalla Germania - dove si sono registrati vari allarmi bomba -
arrivano nuove accuse contro Osama Bin Laden. Il direttore generale
della cancelleria tedesca, Franck-Walter Steimeier ha spiegato che i
servizi segreti tedeschi, francesi, britannici e israeliani concordano
nel ritenere il miliardario saudita coinvolto negli attentati.
Secondo: come reagiranno gli Stati Uniti? E quando ci sarà la
rappresaglia? “Non faremo distinzioni tra i terroristi che hanno
commesso tali atti e chi li ospita”. Le parole di Bush hanno fatto
il giro del mondo e la tensione internazionale è altissima. La Nato
si è riunita in un vertice di emergenza, l’Unione europea pure. Il
segretario Robertson l'ha detto chiaramente: l'Alleanza è pronta,
sulla base dell'articolo 5 del suo statuto, ad affiancare Washington.
Anche i governi della Ue si schierano con gli Usa. Terzo: cosa
succederà ai mercati e alle borse mondiali? Il crollo del
Kabutocho, la borsa di Tokio, è un segnale nero che minaccia tutti i
mercati. Ma l'ultima parola spetta a Wall Street che,da sola, offre la
metà delle opportunità d'investimento mondiali: la Borsa di New
York, ancora per oggi, resterà chiusa.
I commenti degli analisti politici. Si avvicina una nuova guerra
mondiale?
Anche i commenti degli analisti e dei commentatori mettono paura solo
a sentirli. L’esperto militare Luigi Caligaris, ospite in
studio di Enrico Mentana nel lungo speciale che il Tg5 ha dedicato all’evento,
vede vicina una “nuova guerra in Medio Oriente”. Su Rai Uno,
ospite del salotto di Bruno Vespa, sfondo surreale a una vicenda così
drammatica, l’esperto di guerre e conflitti, oltre che di terrorismo
internazionale, Edward Luttwak, ha snocciolato l’elenco degli
“Stati pirata” che l'America, il suo Paese, considera “terroristi
e fuorilegge”.
L’Afghanistan, naturalmente, l’Iran degli ayatollah, l’Iraq di
Saddam Hussein, la Libia di Gheddafi. Ma anche la Corea del Nord, il
Sudan e come sempre Cuba: che li si chiami '' rogue states'', stati
canaglia, o ''states of concern'', stati fonte di preoccupazione,
secondo la dicitura più ''politicamente corretta'' introdotta
dall'amministrazione Clinton poco prima di abbandonare la Casa Bianca,
quelli dai quali Washington ha sempre temuto un possibile attacco. Ed
ora che l'attacco è avvenuto, il pensiero è corso a questa ''lista
nera''. In più, oggi, sulla scena c’è Bin Laden.
“Abbiamo appena cambiato mondo. Niente sarà più come prima''
chiosa in un'intervista il filosofo francese Paul Virilio, che
considera quanto avvenuto oggi un cambiamento decisivo: il ''primo
atto di terrorismo globale che prefigura il terrorismo nucleare'', lo
definisce. E aggiunge: ''Entriamo nello sconosciuto. Come Pearl
Harbour che ha segnato l'entrata americana nella secondo guerra
mondiale, Hiroshima che ha segnato l'inizio del dopo guerra, questo
attentato segna il cambiamento di un'epoca: impossibile immaginare il
dopo, è un avvenimento storico, di una gravità assoluta''.
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