La leggenda del Piave
Antonio Carioti
L’ho risentita solo per pochi attimi, quella musica, nei Tg serali
del 2 giugno scorso. Accompagnava la sfilata militare per la festa
della Repubblica. Solo le note, niente parole. Però io il testo lo
ricordo bene. Si stampò nella mia mente fin dalla prima volta che la
maestra mise sul giradischi quel 45 giri di vinile. E noi, sui banchi
con i grembiulini - bianco le femminucce con fiocco rosa, azzurro i
maschietti con fiocco celeste - ad ascoltare. "Il Piave mormorava
calmo e placido al passaggio..."

Più che una canzone era un piccolo poema epico. Ma gli eroi non erano
Achille ed Ettore. E neppure Zorro, o magari John Wayne, Gary Cooper,
Humphrey Bogart. Erano italiani, parlavano la mia stessa lingua,
avevano resistito a denti stretti lungo le rive di un fiume. Poi
"la vittoria sciolse le ali al vento". Mi piaceva da
impazzire. Purtroppo nel disco che ci faceva ascoltare la maestra
mancava una strofa, forse la più bella, quella in cui il Piave e i
fanti, dopo la rotta di Caporetto, dicono: "No, mai più il
nemico faccia un passo avanti".
Ne scoprii l'esistenza anni dopo, sul manuale scolastico di mia zia
risalente al ventennio mussoliniano, finito ad ammuffire in cantina da
chissà quanto tempo: ovviamente il testo della Leggenda del Piave
era riportato dalla prima all'ultima sillaba. Finalmente potevo
impararlo tutto a memoria. Lo so, può apparire una passione
stravagante. La prima guerra mondiale fu l'orrore che tutti
conosciamo: un'immensa strage di soldati analfabeti, mandati a morire
senza sapere perché. Quale grande regista italiano farebbe mai un
film sul Piave, come gli americani producono Salvate il soldato
Ryan, Pearl Harbor, Il Patriota?

E poi oggi, per fortuna, non è più tempo di
esaltazioni guerresche. E' inconcepibile, giustamente, pensare agli
austriaci come nemici. Gli Asburgo del resto, a voler essere onesti,
non erano poi così male. Eppure, noi che abbiamo la fortuna di vivere
in pace sotto l'ombrello atomico, in un'epoca in cui lo Stato chiede
ai cittadini di versare l'eurotassa e non di farsi massacrare dalla
mitraglia, non dovremmo dimenticare che 84 anni fa, lungo un fiume del
Veneto, l'Italia rischiò di essere retrocessa a espressione
geografica. Ma tanti nostri oscuri connazionali, subendo sofferenze
indicibili, riuscirono a impedirlo. Se oggi siamo un grande paese
europeo, lo dobbiamo anche a loro.
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