Riscoprire Il Principe di Machiavelli
Antonia Anania
L’albero teatro canzone presenta Il Principe di Machiavelli,
drammaturgia di Lorenzo Salvati con Gigi Angelillo e Valentina
Piserchia, regia Lorenzo Salvati, scene e costumi Santuzza Calì.
Tutti i giorni (escluso lunedì) fino all’8 luglio 2001, ore
21,00-Palazzo Altemps, Roma.
Diciamolo subito, il pregio dello spettacolo Il principe di
Machiavelli è quello di aver reso intelligibile e teatrale un testo
astruso e incomprensibile, come Il Principe, appunto, di Niccolò
Machiavelli. E questo grazie all’adattamento teatrale chiaro,
sintetico e discorsivo di Lorenzo Salvati. Alla scenografia e ai
costumi di Santuzza Calì, luminosi, giocosi in cui dominano le
sfumature del marrone e del giallo nel legno delle scene, nella
riproduzione della vecchia carta e dei vecchi libri e nelle vesti. E
grazie alla resa scenica efficace, a tratti ironica e allusiva di Gigi
Angelillo che impersonando il vecchio Niccolò, spiega ai suoi
studenti, -il pubblico seduto “torno torno” su vecchie panche,
come se si trovasse in un’aula universitaria rinascimentale- il
libro che ha dedicato a Lorenzo Il Magnifico, pensato e scritto a uso
dei principi e dei loro oppositori.

Esclusi gli appassionati di storia e dei suoi
risvolti e i soliti secchioni, chi ha studiato Il principe a scuola lo
ha sempre odiato, soprattutto perché prima bisognava tradurlo in
italiano corrente e poi capirne il significato filosofico e
scientifico al tempo stesso. E c’erano poi tutti i fraintendimenti
spiccioli e tornacontistici sulla ‘ragion di stato’ come quel
proverbiale “il fine giustifica i mezzi” che nel trattato non
compare mai in questi termini. Le storie della letteratura, le sintesi
o le parafrasi antologiche ci venivano incontro, ma spesso rimaneva un
altro testo da studiare, noioso e basta.
Poi come capita per La Divina Commedia e moltissima altra letteratura
c’è la riscoperta e con questa il riconoscimento. Il mestiere delle
armi di Ermanno Olmi quest’anno ci ha ridato Il Principe, sempre in
quell’astrusissimo idioma che però viene riscoperto lingua delle
origini, antica e piena di fascino. Ed è quasi inevitabile leggere e
comprendere questo trattato con gli occhi e il pensiero di Giovanni
dalle Bande Nere. Il mestiere delle armi ce lo ha immerso visivamente
in quel periodo, ce lo ha fatto riascoltare, obiettivamente
spregiudicato, scientifico e realistico.
Il Principe di Machiavelli della coppia Salvati-Angelillo ce lo ridà
ancora in un altro modo, raccontandocelo nel nostro italiano, e nel
modo più semplice e fruibile. Cosicché, anche se gli esempi che il
vecchio maestro ci fornisce sono solo quelli storici e mitici, di
Agatocle, Oliverotto, Vitellozzo e via dicendo, è possibile fare
continuamente riferimento alla nostra situazione politica, perché in
eterno “le buone occasioni per depredare non mancano mai”.
E al nostro principe, perché le sue virtù sono sempre quelle,
costanti e inesorabili, così come le azioni per avere potere e
ingraziarsi il popolo: munificenza e parsimonia, crudeltà e clemenza,
lealtà. Fare come la volpe e il leone ma senza farsene accorgere,
operare secondo le leggi o secondo la forza, simulare e dissimulare in
base alla necessità.

E ancora: usare il delitto quando serve a rafforzare
la propria posizione. Curare la propria immagine, ospitare artisti e
distrarre il popolo con feste, dare loro sicurezza contro la
criminalità e l’instabilità.. E favorire l’impresa (perché
conviene al principe).
Scegliersi bene i ministri, evitare gli adulatori, pensare sempre a
più soluzioni e saper usare il potere della fortuna che è “donna”
perché mutevole (gli uomini si sa hanno le loro idee e non cambiano
neppure dopo cinque secoli, neppure su questo argomento).
Alla fine anche il nostro avrà un momento di malinconia: sa che ogni
capo crede di fare bene il suo mestiere e in realtà ne è incapace. A
scapito dell’Italia che rimane una campagna senza argini né riparo
dalle piene improvvise, agli inizi del 1500 come del 2000.
L’ora e 10 minuti della rappresentazione volano velocemente, perché
pur essendo quasi unicamente teatro della parola, il testo e la
messinscena teatrali alleggeriscono notevolmente il malloppo
machiavelliano e Gigi Angelillo-Machiavelli coinvolge il pubblico e
crea piccole gag insieme alla sua assistente clownesca (Valentina
Piserchia) occhialuta, con le guanciotte tonde, spesso intenta a
mangiare biscotti e fare capitomboli.
Uno spettacolo civile perché divulgativo, chiaro, luminoso e semplice
che dovrebbero vedere tutti, gli appassionati di teatro, il popolo e i
suoi politici, e soprattutto quegli studenti che lo hanno letto o
studiato poco o da poco. Anche perché può far venir la voglia di
riprendere il testo.
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