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Lo Spirito: questo sconosciuto



Carlo Scirocchi




Si fa un gran parlare e scrivere, a vari livelli, di Spirito e spiritualità. E’ da poco terminato l’anno giubilare che ha riempito le chiese di pellegrini e le pagine dei giornali con le cronache sui riti e i raduni‘spirituali’. Ogni tanto compare in libreria qualche sontuoso scritto filosofico sulla ‘morte’ o sulla ‘vitalità’ di Dio. Ma veramente possiamo affermare che questo‘Spirito’ sia un ‘oggetto’ conosciuto dall’uomo della strada e dagli intellettuali?

Innanzi tutto fermiamoci un momento ad osservare il pensiero umano. Non c’è dubbio che il normale vivere quotidiano, con le sue leggi economiche e di mercato, con i suoi meccanismi di convenienza e di tornaconto, con i suoi ingranaggi di opportunismo e mondanità, poggi sul pensiero logico. Io ti do questo in cambio di quello, portare le borse di qualcuno mi fa guadagnare tot, se entro in chiesa attraverso una certa porta, compio un certo itinerario, recito x preghiere alla fine riscuoto il perdono, e così via.

Va tutto bene: il pensiero logico e lineare è prerogativa di tutte le specie viventi superiori. Il gatto si presenta alla tale ora perché sa che si aprirà una porta e apparirà un piatto con i croccantini, il lupo segue certe tracce perché sa che lo condurranno a incrociare qualche pecora, gli storni riempiono alla sera gli alberi della città perché sanno che sono nel luogo più sicuro, e mediamente più caldo, della campagna. Hanno fatto alcune esperienze e hanno tratto le loro conclusioni.

Purtroppo per gli imitatori degli animali, l’essere umano è una specie vivente che possiede un sistema cerebrale un po’ più complicato, a detta degli stessi filosofi e ministri della Fede. È dotato, come insegnano i neurologi, di aree preposte all’assolvimento di altre funzioni rispetto al modello lineare. Per esempio, realizzare opere di valore estetico, provare ed esprimere sentimenti, realizzare progetti partendo dal nulla e proiettandosi nel tempo sono tutte qualità che di lineare e di logico, nel senso della coerenza sequenziale del ragionamento, hanno ben poco.

Così, qualcuno prende un blocco di marmo bianco e anziché farci i gradini di una scala ne realizza, tra tutte le forme possibili, una giovinetta triste che piange pietosamente un giovane, il quale potrebbe essere suo fratello, ma che tutti sappiamo essere suo figlio, disteso nudo sulle ginocchia. Ecco un altro che si inventa miscele di colori, ci intinge un pennello e su un semplice pannello a due dimensioni tira fuori i piedi sporchi di due pastori, ritratti di spalle inginocchiati davanti a una fanciulla che sorregge un paffuto bambino di circa otto mesi, il tutto illuminato da un fascio di luce che non c’è. L’hanno chiamata ‘La Madonna dei Pellegrini’. Poi c’è la storia di un altro illustre personaggio che, divenuto sordo, decise di ascoltare i suoni riecheggianti in qualche parte del suo cervello, componendo alcuni dei monumenti musicali più ardui di tutti i tempi.

Evidentemente per la logica tutto ciò sarebbe impossibile. Anzi, data l’estrema improbabilità, tutta la vita terrestre non dovrebbe esistere secondo logica. Anche se è vero che guardando gli esemplari umani in circolazione è difficile credere che possiedano queste possibilità e potenzialità, la maggior parte degli studiosi ci assicura che siamo proprio fatti così e che i suddetti esempi di fenomeni artistici sono proprio stati realizzati da esemplari della nostra specie.

Quindi il pensiero logico è soltanto uno dei modi di funzionare del nostro cervello e, per fortuna, non è quello che nasce dalla maggior parte della nostra materia grigia. A questo punto sorge una domanda: se la spiritualità esiste e riguarda certe aree della sensibilità umana, siamo sicuri che il pensiero logico e lineare sia quello più adatto a comprenderla e, soprattutto, a sperimentarla? E’ proprio vero che la chiave della comprensione di un fenomeno così misterioso stia nella cronaca dei raduni oceanici o nei ragionamenti eleganti degli intellettuali o dei filosofi? Sappiamo che nessuno ha ancora inventato una macchinetta che, collegando certi elettrodi in certe zone del corpo, sia in grado di rivelare la presenza e il grado dello ‘spirito’. Perciò dobbiamo per forza affidarci al pensiero e al linguaggio e, quindi, proprio a quelle funzioni dell’intelletto che, trovando la loro ragione d’essere nella vita percettibile, sono in partenza strumenti poco adeguati a descrivere questo famoso animaletto chiamato ‘Spirito’.

Accontentiamoci perciò di qualche allusione, di qualche spiraglio, lasciando alle altre facoltà il tempo e il modo di trovare la via della propria risposta. E’ questa la trappola del linguaggio che gli intellettuali delle varie specie non possono, per via del loro stesso mestiere, vedere e accettare. Personalmente, per queste ragioni, mi fido più dei poeti, dei grandi poeti, perché il linguaggio per loro è qualcosa da trasgredire, da stressare, da sganciare dalle ferree leggi logiche della sintassi per affidarlo alle plastiche leggi del ritmo, dell’assonanza, dell’evocazione. Agiscono perciò in un territorio più affine a quello dove pascola questo indefinibile e inafferrabile spiritello.

Con l’azione della poesia, dell’arte visiva, della musica, di tutti i linguaggi ‘non linguistici’, possiamo effettivamente stuzzicare le zone del cervello maggiormente in grado di percepire sensazioni, di fare esperienza della propria spiritualità, un frammento olistico dello Spirito. Ho parlato di strumenti visibili per poterci capire meglio, ma ci sono anche strumenti non visibili o poco visibili che ci avvicinano all’esperienza dello Spirito, come per esempio la meditazione o la preghiera del cuore, restando sempre nel campo del pensiero non razionale e nelle aree del cervello non logiche.

Detto questo forse possiamo distinguere meglio la differenza tra i raduni dei vescovi, con il loro apparato liturgico da colosso cinematografico, dall’esperienza intima dello Spirito. Dire che si tratta di una esperienza intima significa affermare la sua scarsa riproducibilità e quindi comunicabilità. Significa intravedere la motivazione dell’uso che tutti i Profeti hanno fatto, per trasmettere il loro messaggio e il loro insegnamento, di certi particolari strumenti come le parabole, i racconti simbolici, gli esercizi respiratori, la ripetizione di formule orali ecc. Si tratta di strumenti che, aggirando i meccanismi limitati del pensiero logico, tendono a colpire aree della coscienza non raggiungibili con un insegnamento diretto e riconoscibile.

I raduni di folle osannanti sono sicuramente affascinanti e pittoreschi, come tutte le platee multicolori, ma il rito visibile è molto affezionato al pensiero logico e molto poco connesso con i meandri sfuggenti del mondo dello Spirito. Direi che come segnalibro la ritualità va anche bene: in questo modo è più facile ricordarsi che esiste qualcosa da approfondire. Se invece si guardano le parate di qualche tipo come il massimo del veicolo spirituale, se si crede che l’esperienza spirituale sia qualcosa che può arrivare tramite un intermediario, se si immagina che leggere un libro sulla morte di Dio sia un tramite verso l’illuminazione, se parlare di faccende morali e sociali come aborto e immigrazione sia qualcosa che ci avvicina allo Spirito, si fa come quel tizio che, desiderando fortemente librarsi nell’aria e volare, cominciò a tirarsi su per le stringhe delle scarpe.

In estrema sintesi: come è possibile avvicinarsi allo Spirito attraverso strumenti e metodi intellettuali o sociali che hanno altre e diverse utilità e funzioni? Come dire: mettiamo le cose al loro posto senza fare troppa confusione. In Oriente circola un detto che rappresenta bene questa frattura tra il pensiero intellettuale, in senso stretto, e il mondo dello Spirito. Dice pressappoco così: un somaro carico di libri rimane un somaro. Non si offendano gli intellettuali. Il somaro è tale, in questo caso, rispetto alla Grande Saggezza che l’esperienza spirituale comporta. Credo che guardare al bisogno di sicurezza e rassicurazione dell’essere umano, unico animale che vive sempre con accanto la consapevolezza della morte, sia atto di alta compassione.

Per questo innato bisogno, confondere le manifestazioni del comportamento logico, che tende a muoversi solo nell’ambito del ‘conosciuto’ e ‘riconoscibile’, con la via o l’esperienza o l’intuizione, o come altro si voglia chiamare, dello Spirito sia atto di grande ingenuità. Il risultato è una grande confusione su un concetto estremamente delicato. Confusione di funzioni, di metodi e di finalità. Forse anche questo tipo di confusione contribuisce ai mali della società che produce mostri.

 

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