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Chi ha paura di Harry e Frédéric?



Paola Casella




Sono sui nostri schermi contemporaneamente due film francesi che trattano l'identico tema in modo leggermente diverso: si tratta di Harry, un amico vero, scritto e diretto dal tedesco Dominik Moll, e Un affare di gusto, del regista (e star della televisione) francese Bernard Rapp.

Harry fa chiaramente riferimento alla cinematografia di Hitchcock, fin dal nome del suo personaggio principale, Harry Balestrero (il nome proprio è quello del protagonista de La congiura degli innocenti, in inglese The trouble with Harry, il cognome è lo stesso di Manny Balestrero, l'eroe-vittima de Il ladro). Nel film di Moll, Michel (Laurent Lucas) è un giovane padre di famiglia tirato in mille direzioni da moglie, figlie e genitori. Durante una vacanza estiva, che si prospetta particolarmente difficile per via del caldo, della penuria di mezzi e dell'invadenza di mamma e papà, Michel incontra per caso (?) un vecchio compagno di scuola, Harry, appunto (Sergi López) e da quel momento la sua vita non è più la stessa.

Michel non è precisamente infelice, ma sa di aver ceduto alle aspettative di tutti coloro che lo circondano, venendo sistematicamente meno alle proprie. Harry gli ricorda che poteva essere un poeta e uno scrittore, e fa di tutto per portare in superficie il rancore e l'animosità che Michel da tempo coltiva nei confronti dei suoi "cari".

Peccato che Harry sia anche uno psicopatico violento, pronto a far fuori tutti coloro che mettono in ombra sé e il suo amico ritrovato. E' abbastanza facile capire che Harry è in realtà l'ombra di Michel, o meglio, il suo inconscio, quello che da una parte rappresenta la componente più vitale dell'avvilito protagonista, dall'altra ne incarna gli istinti primordiali, compresi quelli più violenti. Harry rivendica tutto ciò che a Michel è mancato - o è stato sottratto - con la determinazione, e il sano egoismo, che è proprio dell'inconscio di ognuno di noi.

Il fatto che Harry non sia un vero e proprio personaggio ma una proiezione o un alter ego di Michel è evidente fin dalla scena dell'incontro fra i due uomini: un incontro che avviene davanti a uno specchio, dove l'immagine dei due viene riflessa da angolazioni diverse, in un gioco di richiami e di sovrapposizioni che segnalano inequivocabilmente che in questa storia non si parlerà di due, ma di uno moltiplicato più volte (o delle molte facce dello stesso individuo).

Il film procede per echi e rifrazioni, adottando una simbologia sempre più chiara: dalle uova che Harry beve dopo aver fatto sesso con la sua compagna, fino al pozzo nel cortile della casa di campagna di Michel, potenziale ricettacolo per tutto ciò che è meglio seppellire.

A differenza di Hitchcock, che riusciva a tradurre completamente le proprie elucubrazioni mentali in immagini - fredde, algide, concettuali, ma mai letterarie - Moll è però troppo spesso didascalico. Del resto Hitchcock ha preferito non personificare l'inconscio in maniera così concreta, lasciandogli astutamente il ruolo di goblin pronto a fare capolino in ognuno di noi, ma mai abbastanza visibile da essere chiaramente identificato e quindi annientato.

Allo Stephen King di It sembra invece fare riferimento Bernard Rapp nel suo Un affare di gusto, anch'esso la storia di due uomini, legati da un rapporto di odio-amore, dove uno rappresenta la metà oscura dell'altro. Nicolas (Jean-Pierre Lorit) è un giovane intelligente e sensibile che ha come apparente priorità l'indipendenza. Ma l'incontro con il magnate Frédéric Delamont (Bernard Giraudeau), disposto a dargli uno stipendio da favola e un ruolo di primo piano nella sua vita come suo assaggiatore personale, ribalterà la sua prospettiva.

A differenza di Harry, però, Frédéric non rappresenta l'inconscio, con le sue pulsioni violente ma vitali, ma l'istinto umano verso il male, se non addirittura il Male stesso. Mentre la presenza di Harry modifica l'esistenza di Michel in modo funzionale, liberandolo di scomode e castranti compagnie e rinnovando in lui l'ispirazione artistica, l'influenza di Frédéric su Nicolas è nociva e devastante.

E se Moll è molto meno sottile di Hitchcock -il fatto che sia un regista tedesco alle prese con una produzione francese forse spiega una certa incongruenza di toni-, Rapp è assai più raffinato del Tommy Lee Wallace di It o del George Romero di La metà oscura. Anche perché la seduzione del Male è oggi più realisticamente incarnata da un ricco magnate che equipara il benessere alla felicità che da un mostriciattolo da Notte dei morti viventi o da un clown con la faccia del dottor Frank-n-Furter.



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