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Occorre una figura nazionale ed
europea
Nadia Urbinati
La resa dei conti nel partito dei Democratici di Sinistra non deve
scandalizzare, dice Giancarlo Bosetti. Si tratta di una battaglia
salutare, fisiologica, in un partito che ha perso le elezioni. In
questo caso, oltretutto, si tratta anche di un’occasione per
risolvere un’ambiguità che per troppo tempo è stata congelata.
In effetti le ambiguità sono più di una. La prima e più
macroscopica: le due teste dell’aquila. La rappresentanza del potere
politico non può essere divisa. Questo vale per gli stati e per tutti
i raggruppamenti che hanno un obiettivo unificante e collettivo. La
lotta tra i contendenti alla rappresentanza è una iattura perché
delegittima il partito nella sua capacità e autorevolezza
decisionale, tanto rispetto ai suoi sostenitori quanto rispetto ai
suoi avversari.
La seconda ambiguità -strettamente legata alla prima, ma non seconda
in ordine di gravità-è quella dei contenuti. Questa ambiguità rende
difficile sciogliere il problema della leadership. Se ci fosse una
figura moralmente, politicamente e intellettualmente rappresentativa,
non ci sarebbe cotesa per la guida del partito e neppure nebulosità
di idee. Al contrario, è l’esistenza di personalità
rappresentativamente equivalenti tra loro che rende la contesa per la
leadership una lotta senza quartiere.
Bosetti ha invocato un leader “carismatico”. Ma il carisma non è
un’invenzione né una costruzione astratta. Nemmeno Berlusconi è
carismatico per scelta. Il leader carismatico, come Weber l’ha
magistralmente definito, è scelto: è la persona giusta al momento
giusto. Una comunità esprime alcuni valori che non coincidono più
con quelli espressi dall’esistente rappresentanza politica, e li
trova al di fuori dell’establishment.
La società civile è il serbatoio delle idee e della classe
dirigente. Berlusconi coagula nella sua persona e attraverso la
simbologia che ha creato -questa sì opera sua, di capo mediatico-un
coarcervo di bisogni, interessi e valori che la crisi dello stato
fordista ha liberato e che nessun altro ha saputo cogliere e
rappresentare. In questo senso, Berlusconi ha dato espressività alla
crisi dei partiti e dei valori che hanno caratterizzato quello stato.
Comunque sia, il carisma è una combinazione alchemica tra un
individuo e un’età che nessun chimico o ingegnere può programmare
e creare a piacere. Questo significa che la Sinistra deve avere chiara
la propria identità ideale e scegliere la donna o l’uomo che
possono -in questo momento-meglio rappresentarla e darle visibilità.
Quindi, è assolutamente necessario che si eviti di scegliere
leader-notabili, leader che hanno un peso specifico locale in voti e
potere ma rappresentano solo se stessi, cioé il loro proprio peso di
voti e potere locale. Né da Gallipoli né da Roma può venire il
leader di una Sinistra in cantiere. Occorre una figura nazionale ed
europea al tempo stesso, ovvero non identificata con nessun luogo
particolare, e rappresentativa di idee e valori che appartengono alla
tradizione della Sinistra al Sud come al Nord, in Italia come in
Norvegia. L’ambiguità delle idee e dei valori è dunque legata
inscindibilmente alla persona, soprattutto quando un partito é
oggettivamente in una fase ri-costitutiva, di rifondazione.
Nonostante tutto, però, lo scenario non è così tragico come sembra.
Una ricerca condotta dall’Università di Torino ha mostrato che il
grande salto in avanti della Sinistra -ciò che ha consentito di
arginare una vittoria massiccia della Destra e che poteva perfino far
vincere la Sinistra se non fosse scattato il risentimento contro il
governo degli elettori in fila ai seggi-è venuto proprio dalla ‘politica
dell’emergenza’: l’appello Bobbio-Sylos Labini, l’articolo
dell’Economist, le preoccupazioni della stampa straniera.
Non deve stupire: in Italia la cultura dell’emergenza ha sempre
avuto la forza di muovere sentimenti e volontà. L’Italia che
rischiava l’esclusione dall’Europa ha messo in moto l’effetto
che sappiamo. Un po’ come con le partite della Nazionale: si parte
bene, poi il tracollo, quindi la paura della disfatta e allora lo
slancio d’orgoglio. Ritornando alla ricerca promossa dall’Universtità
di Torino: è certo che, per usare una categoria di Carl Schmitt, l’”altro”,
il nemico, è la forza che consente di costruire o consolidare la
propria identità.
Nel caso in questione questo è tanto più vero perché l’avversario
rappresenta un modello che è radicalmente alternativo, che non lascia
margini di accomodamento: monopolio del potere, cultura dell’illegalità,
uso esplito del potere per scopi partigiani -di chiesa o di mercato--,
cultura politica infima, visione della società civile come terra di
conquista e privatizzazione dello stato, discriminazione e razzismo.
Insomma: la Destra è realmente una descrizione a rovescio della
Sinistra. Questo dovrebbe rendere il lavoro dei DS meno difficile,
perché se non altro noi tutti sappiamo quello che non siamo e che non
vogliamo essere.
Dopo di che occorre mettere in circolo gli intellettuali -creare
luoghi di riflessione, simposi permanenti per discutere, capire,
cementare un’unità di intenti. La Sinistra non legge, non legge da
quando le letture non sono più caninizzate dal partito. La Sinistra
non ha ancora metabolizzato la laicità e la libertà di ricerca, se
così si può dire. Essa ha difficoltà a capire la società civile,
le nuove generazioni, i valori e gli interessi. Ha difficoltà a
individuare il punto archimedeo al quale ancorarsi. E questa
difficiltà è messa in luce proprio dall’auto-referenzialità dei
suoi vari leader, dal fatto che essi hanno construito e costruiscono
il proprio spazio concentrandosi essenzialmente su se stessi,
disancorandosi dal partito.
E gli intellettuali? Chi è, nella Sinistra, l’equivalente di Galli
della Loggia, di Tremonti, di Formigoni? Chi sa opporre argomenti
forti, convincenti e ragionevoli alla straordinaria distorsione della
storia nazionale che gli intellettuali di Froza Italia stanno da anni
facendo passare come ‘verità’? Chi sa opporre argomenti forti al liberismo
di stato, e mostrare l’assurdità di chi usa proprio lo stato
per promuovere “la libertà” (scuola libera con soldi pubblici!).
Chi sa opporsi a questa assurdità chiamata “devolution” con
argomenti che siano teoricamente inopinabili, come quello dell’eguaglianza
e delle uguali opportunità. Chi sa mettere in ridicolo la proposta di
creare un Ministero della Devolution, come se lo stato debba
mobilitare se stesso contro se stesso e per dismettere se stesso!
Dopo tutto, non è difficile individuare i valori e gli argomenti.
Più difficile è scegliere la persona autorevole che sia in grado di
rappresentarli. Un leader che ricomponga il partito dei DS ma per
rendere più forte e unita la coalizione dell’Ulivo. Perché sarà
la coalizione a vincere, non un suo partito. Una coalizione che
raccolga le forze riformatrici che si ispirano a valori diversi, ma
perseguono un obiettivo comune e distintamente antagonistico a quello
di Forza Italia: l’obiettivo di difendere quei principi basilari che
sono scritti nel patto di costituzione, uguaglianza di cittadinanza,
laicità dello stato, difesa dei diritti sociali e tolleranza.
Insomma, gli ingredienti fondativi di una coalizione democratica e
costituzionale.
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