Le forme della conoscenza 
           
           
           
          Jacques Bouveresse con Sergio Benvenuto 
           
           
           
          Questa intervista fa parte dell’Enciclopedia multimediale delle
          scienze filosofiche, un’opera realizzata da Rai-educational in
          collaborazione con l’Istituto italiano per gli studi filosofici e
          con il patrocinio dell’Unesco, del Presidente della Repubblica
          Italiana, del Segretario Generale del Consiglio d’Europa. 
           
          L'obbiettivo è quello di diffondere nel mondo, tramite le nuove forme
          d’espressione e comunicazione sociale consentite oggi dalla tecnica,
          la conoscenza della filosofia nel suo svolgimento storico e nei
          termini vivi della cultura contemporanea. 
           
          Per ulteriori informazioni potete visitare il sito Internet: www.emsf.rai.it
           
          Professor Bouveresse, Wittgenstein ha spesso sostenuto che non è
          possibile una conoscenza filosofica in senso stretto. Che cosa
          intendeva dire? 
           
          Penso intendesse dire che se si vuol ottenere qualcosa che meriti
          realmente di essere chiamata “conoscenza”, non bisogna cercarla
          nella filosofia ma altrove, nelle scienze, il cui compito è di farci
          conoscere la realtà come essa è. Tuttavia, non necessariamente nelle
          scienze soltanto, perché esiste senza dubbio anche quella che
          definiamo “conoscenza comune”, e forse ci sono anche altre forme
          di conoscenza. Per esempio, potremmo chiederci se la letteratura e
          l'arte siano in grado di procurarci una qualche forma di conoscenza.
          Si tratta di argomenti molto dibattuti, ma nel caso di Wittgenstein
          sembra comunque chiaro che egli non ritiene che la filosofia abbia gli
          strumenti per aggiungere alle altre forme di conoscenza un modo nuovo
          di conoscenza, che potremmo definire “filosofica”: di sicuro non
          propone una conoscenza di tipo superiore. 
           
          La filosofia, secondo Wittgenstein, non è una dottrina, nel senso che
          non si pone l'obiettivo della produzione di un sistema di credenze
          dottrinarie; essa non è in grado, a rigore, di produrre nuove
          informazioni. Wittgenstein dice: potreste essere tentati di credere
          che insegnandovi la filosofia io cerchi di darvi delle informazioni di
          cui eravate privi; in realtà, in filosofia disponiamo già di tutte
          le informazioni di cui potremmo aver bisogno, conosciamo già tutti i
          fatti, ma possiamo semplicemente aver dimenticato di considerare certi
          fatti importanti per la ricerca in atto, o essere incapaci di
          collegare correttamente i fatti a nostra disposizione. 
           
          Nella sua seconda fase Wittgenstein sostiene che in filosofia
          cerchiamo quel che in tedesco egli chiama “übersichtliche
          Darstellung”, “rappresentazione sinottica”. Egli ha molto
          insistito su questo punto, sul fatto che in filosofia non si tratta di
          formulare ipotesi su certi processi o realtà sottostanti, che non
          sarebbero già afferrabili in superficie. Questo vale anche per il
          linguaggio: infatti, non è necessario formulare ipotesi audaci sulla
          realtà in qualche modo sottostante al linguaggio. Si tratta invece di
          collegare correttamente fra loro i fenomeni, perché in filosofia quel
          che manca sempre per poter arrivare a risolvere i nostri problemi è
          un certo ordine fra i concetti. La filosofia è un'attività di
          rievocazione di cose che già sappiamo e di corretto ordinamento di
          fatti di cui già disponiamo. Schematicamente, è in questa
          prospettiva che Wittgenstein vede la situazione della filosofia, che
          quindi, in tal senso, è assolutamente opposta a quella delle scienze. 
           
          Il primo libro fondamentale di Wittgenstein, il Tractatus
          logico-philosophicus, ha avuto una notevole influenza sulla filosofia
          dell'epoca, soprattutto su quella austriaca. In particolare, in che
          modo il Tractatus, la prima filosofia di Wittgenstein, ha influenzato
          il Circolo di Vienna, e di conseguenza la dottrina dell'empirismo
          logico? 
           
          Il Tractatus logico-philosophicus ha avuto incontestabilmente
          un'enorme influenza sul Circolo di Vienna, ma si potrebbe dire che
          ciò è avvenuto al prezzo di un fondamentale equivoco. Questo
          equivoco si è manifestato quando, a partire dal 1927, ebbero inizio
          le conversazioni fra Wittgenstein e i membri del Circolo, che in
          seguito proseguirono soprattutto con Moritz Schlick, che ne era il
          fondatore, e Friedrich Waismann, mentre con Rudolf Carnap si
          manifestarono grossi problemi d'incompatibilità. Si può parlare di
          equivoco perché molti elementi del Tractatus che oggi ci appaiono
          assolutamente fondamentali sembrano essere più o meno sfuggiti ai
          lettori del Circolo di Vienna, i quali comunque subirono da questa
          opera un'influenza notevole. 
            
           
          Abbiamo infatti testimonianze che sembrano mostrare come, a partire da
          un certo momento, nel Circolo di Vienna, durante una discussione,
          bastasse più o meno citare un passo di Wittgenstein per risolvere un
          problema. Quindi quest'influenza si manifestava in modo molto forte,
          ed è abbastanza divertente pensare che Kurt Gödel, all'epoca
          semplice dottorando, abbia partecipato a queste discussioni del
          Circolo. Gödel è il personaggio che si tende a presentare come il
          più grande logico mai esistito dopo Aristotele, ed è noto nel mondo
          della filosofia per aver dimostrato un famoso teorema che si può
          enunciare in questi termini: ogni sistema formale sufficientemente
          ricco di mezzi d'espressione è tale da poter costruire in esso almeno
          un enunciato “indecidibile”, vale a dire né dimostrabile né
          confutabile, sebbene si possa ugualmente dimostrare che
          quest'enunciato è vero. Quindi c'è sempre almeno un enunciato che è
          vero e nondimeno indimostrabile, il che liquida le speranze di
          riuscire a identificare la verità matematica in base alla
          dimostrabilità in un sistema formale. È questo, grosso modo, il
          significato del teorema formulato da Gödel, il quale in filosofia
          della matematica aveva una posizione quasi diametralmente opposta a
          quella di Wittgenstein. 
           
          Che rapporto c’era Gödel e Wittgenstein? 
           
          I filosofi a cui fa riferimento Gödel sono Platone, Leibniz e Russell.
          Ritengo che quello che lo ha influenzato maggiormente sia senz'altro
          Leibniz, per il quale provava una sorta di venerazione. Tra i filosofi
          contemporanei - e può apparire piuttosto sorprendente se si pensa che
          frequentava il Circolo di Vienna - nutriva una particolare stima per
          Russell, mentre non ne aveva affatto per Carnap: infatti, le posizioni
          di Gödel sono assolutamente opposte a quelle di quest’ultimo. 
          Ho nominato Gödel perché in effetti deve avere incontrato
          Wittgenstein almeno una volta, senza tuttavia parlargli, in occasione
          di una conferenza il cui tema, se ricordo bene, era “Matematica,
          scienze e linguaggio”, tenuta dal matematico Jan Egbertus Luitzen
          Brouwer a Vienna nel 1928. Certamente Wittgenstein era molto più
          anziano di Gödel, il quale all'epoca era un semplice studente,
          benché già considerato straordinariamente brillante; tuttavia, si ha
          la netta sensazione di percepire, in molte osservazioni di Gödel,
          un'opposizione piuttosto netta, non solo implicita, nei confronti
          delle posizioni difese da Wittgenstein. Gödel espresse un'opinione
          sulla quale un buon numero di filosofi senza dubbio converrebbe:
          riteneva che il primo Wittgenstein fosse di gran lunga il più
          importante, mentre considerava molto meno interessante, forse
          addirittura trascurabile, ciò che aveva prodotto in seguito. 
           
          Professor Bouveresse, cosa il Circolo di Vienna non ha capito o non
          ha voluto accettare del pensiero di Wittgenstein? 
           
          Il grosso equivoco consiste nel fatto che il Circolo di Vienna ha
          ritenuto che la distinzione delineata da Wittgenstein nel Tractatus
          fra l'universo del dicibile e quello dell'indicibile, o fra l'universo
          del pensabile e quello dell'impensabile, fosse in fondo un aspetto
          secondario, mentre Wittgenstein aveva sostenuto che si trattava di una
          distinzione cruciale. Il Circolo di Vienna ha interpretato il
          Tractatus come se affermasse che, in fondo, la sola cosa che conti
          realmente è la sfera del dicibile: questo è però un affare
          esclusivo della scienza. Si può ignorare quanto Wittgenstein ha
          dichiarato o suggerito a proposito di un supposto universo di ciò che
          può essere solo mostrato in opposizione a ciò che può essere detto;
          se si mette da parte questo aspetto, ci si può tranquillamente
          attenere alla sfera del fattuale così come può essere descritta e
          spiegata dalla scienza. 
           
          I membri del Circolo di Vienna hanno pertanto ritenuto che le loro
          posizioni e le loro convinzioni positivistiche corrispondessero a
          quanto Wittgenstein aveva cercato di dire nel Tractatus. Inoltre,
          hanno creduto - ed è questo forse il loro errore principale - che
          Wittgenstein, al pari di loro, accordasse alla scienza un'importanza
          centrale: essi in fondo cercarono di trasformare la stessa filosofia
          in qualcosa che assomigliasse il più possibile alla scienza, che di
          conseguenza era il loro paradigma e modello. Poi ci si è accorti
          progressivamente, ma anche abbastanza rapidamente, che di fatto
          Wittgenstein non provava alcuna particolare deferenza per la scienza,
          come in seguito ha avuto occasione di dichiarare a varie riprese. 
           
          Secondo lei, perché Wittgenstein era poco interessato alle scienze
          della sua epoca, pur avendo avuto una formazione scientifica, da
          ingegnere? 
           
          È necessario distinguere due aspetti: innanzi tutto dobbiamo
          stabilire se ne era informato o meno. Si può senz'altro ammettere che
          si è dato la pena di informarsi sullo stato reale delle scienze,
          almeno in un certo numero di settori che lo interessavano. Inoltre è
          necessario stabilire quale fosse esattamente l'importanza della
          scienza, e Wittgenstein pensava senz'altro che la sua importanza nella
          civiltà contemporanea fosse assolutamente sopravvalutata; d'altronde,
          una volta ha detto espressamente: “I problemi scientifici non
          possono interessarmi, né appassionarmi realmente - i soli ad
          interessarmi sono quelli concettuali ed estetici”. 
           
          L'equivoco ha quindi origine nel fatto che i membri del Circolo di
          Vienna hanno frainteso l'atteggiamento di Wittgenstein nei confronti
          della metafisica. C'è un episodio che appare molto rivelatore su
          questo punto: uno o vari membri del Circolo di Vienna avevano
          attaccato piuttosto violentemente un metafisico tradizionale, credo si
          trattasse di Schopenhauer, e rimasero molto stupiti dal vigore con cui
          Wittgenstein ne prese le difese. In realtà, non è affatto
          sorprendente trattandosi di Schopenhauer, uno dei rari filosofi
          tradizionali che l'ha davvero interessato e che egli ha letto. 
           
          In ogni caso, Wittgenstein non nutriva, in generale, particolare
          simpatia per un programma come quello del Circolo di Vienna, che
          propugnava l'eliminazione della metafisica. E comunque riteneva che,
          anche a voler fare sparire la metafisica, non fosse opportuno
          procedere come i neoempiristi, ma in modo assai più sottile: si
          trattava di rinunciare a procedere in ogni ambito, in particolare
          nella filosofia, secondo modalità che potremmo qualificare come
          scientifiche. Il modello di Wittgenstein non era senz'altro quello
          della scienza e della scientificità. Senza tenere presente tutto
          ciò, può apparire paradossale come, nella polemica tra Carnap e
          Heidegger, occasionata dal famoso saggio di Carnap intitolato Il
          superamento della metafisica attraverso l'analisi logica del
          linguaggio (Die Überwindung der Metaphysik durch logische Analyse der
          Sprache), al quale Heidegger aveva reagito, le posizioni di
          Wittgenstein sul ruolo della scienza e sul posto che essa occupa nel
          mondo contemporaneo siano molto più vicine a quelle di heideggeriane
          di quanto non abbiano mai sospettato i membri del Circolo di Vienna.
          Questi, in fondo, avevano letto Wittgenstein come un razionalista il
          cui modello era rappresentato dalla scienza - un'interpretazione che
          non corrisponde affatto alla posizione di Wittgenstein, il quale non
          era attratto dalle civiltà scientifiche e tecnologiche. 
           
          (traduzione: Antonio Rainone) 
           
          Chi è Jacques Bouveresse 
           
          Jacques Bouveresse è nato nel 1940 ad Epenoy, nel Doubs (Francia).
          Agrégé di filosofia nel 1965, ha conseguito il Dottorato in Lettere
          e scienze umane nel 1975 e ha insegnato filosofia all'Université
          Paris I dal 1976 al 1979. Dal 1979 al 1983 è stato professore
          all'Università di Ginevra, quindi, di nuovo, professore all'Université
          Paris I dal 1983 al 1995. Infine è divenuto professore al Collège de
          France, dove ha la cattedra di Filosofia del linguaggio e della
          conoscenza. Ha vinto il Premio di Filosofia "Jean Cavaillès"
          nel 1976 e l' "Ichiko Prize for Cultural Studies" nel 1995. 
           
          Bouveresse è un autorevole rappresentante della filosofia analitica
          in Francia. Studioso di Wittgenstein, ha cercato di introdurre nel
          clima filosofico francese - in linea di massima refrattario alla
          filosofia analitica di tradizione anglo-americana - i grandi temi
          wittgensteiniani, soffermandosi anche sul pensiero di Frege, di Carnap,
          sulla tradizione filosofica austriaca (Bolzano, Brentano, Mach,
          Boltzmann, Schlick, Gödel). Ha in preparazione il secondo volume di
          Langage, perception et réalité, un'opera su Frege: Le troisième
          monde. Signification, vérité et connaissance chez Frege, e una
          raccolta di studi su Robert Musil. 
           
          Tra le sue opere: La parole malheureuse, Minuit, Paris, 1971;
          Wittgenstein, la rime et la raison, Minuit, Paris, 1973 (trad. it.:
          Wittgenstein. Scienza, etica, estetica, Laterza, Roma-Bari, 1982); Le
          mythe de l'intériorité, Minuit, Paris, 1976; Rationalité et cynisme,
          Minuit, Paris, 1984; Le philosophie chez les autophages, Minuit,
          Paris, 1984; La force de la règle, Minuit, Paris, 1987; Le pays des
          possibles, Minuit, Paris, 1988; Philosophie, mythologie et
          pseudo-science. Wittgenstein lecteur de Freud, Eclat, Paris, 1991
          (trad. it.: Filosofia, mitologia e pseudo-scienza. Wittgenstein
          lettore di Freud, Einaudi, Torino, 1997); Herméneutique et
          linguistique, Eclat, Paris, 1991; Langage, perception et réalité,
          Chambon, Paris, 1995; La demande philosophique, Eclat, Paris, 1996;
          Dire et ne rien dire, Chambon, Nimes, 1997. 
           
           
           
            
        i e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti
        da fare? Scriveteci il vostro punto di vista cliccando qui 
        Archivio
        Attualita'  |