
|
Arlecchino, il diavolo e le anime perse
Josè Luis Sanchèz-Martìn
I rapporti sociali impongono continuamente di attrezzarsi di una
qualche maschera, una difesa inevitabile cui ricorrere per entrare e
uscire da relazioni sempre più veloci e ravvicinate nel tempo. Questo
trasformismo comportamentale, inevitabile in una certa misura, non
trova oggi rappresentazione in vere e proprie maschere, in espressioni
congelate che possano animarsi dietro un sistema preciso e codificato
di movimenti, immagini, categorie energetiche, modi di dire, così
come avveniva ai tempi della Commedia dell’Arte.
Le “maschere” italiane contemporanee sono per lo più televisive,
prendono vita fotocopiando esattamente il personaggio da imitare con
qualche aspetto esasperato a mo’ di tic, come fa la bravissima
Sabina Guzzanti che talvolta in quest’adesione totale può risultare
addirittura poco divertente in quanto identica. Oppure, nel caso di
suo fratello Corrado, nascono studiando con minuzia i dettagli
esteriori del personaggio per dare una base forte alla messa in scena
di un parossismo psicologico/fisico sofisticato e impietoso che
evidenzia l’elemento “patologico” del personaggio.
Ma sorprende e dispiace ancor di più che oggi le straordinarie,
celebri e antiche maschere della nostra Commedia dell’Arte, come
Arlecchino e Pulcinella, invidiate da tutto il mondo, non abbiano
trovato la propria dimora nel paese in cui sono nate e hanno
prosperato a lungo.
Fortunatamente esistono piccole realtà che hanno impiegato la parte
migliore del proprio mestiere e della propria passione artistica per
riconsegnare alla maschera nostrana non solo nuova vita ma anche tutta
la dignità e il carattere dissacrante, travolgente, persino eversivo
che ha per natura.
Tra queste realtà vi è la splendida esperienza della Compagnia
Attori e Cantori fondata nel 1986 da Ferruccio Merisi, regista dal
pluriennale e meticoloso lavoro di recupero della tradizione
attraverso gli strumenti della ricerca. Compagna di avventure
artistiche di Merisi è l’attrice Claudia Contin, con la quale
Ferruccio ha fondato e dirige la Scuola Sperimentale dell’Attore dal
1990. E’ lei che incarna un Arlecchino stupefacente, portato in giro
per il mondo con successo, dopo dodici anni di duro studio e lavoro:
dalla danza-teatro Kathakali appreso in India, alla danza acrobatica,
dalle arti marziali all’incontro con Merisi, che lei considera il
più importante dei suoi maestri (oltre che essere suo marito).
Assieme hanno messo a fuoco un filone specifico di ricerca che parte
dal lavoro sulle maschere della Commedia dell’Arte e si protende
verso territori non facili da identificare, frutti spontanei di più
linee di indagine, che hanno portato Claudia Contin a diventare l’Arlecchino
più potente e sorprendentemente maschile che si possa vedere oggi in
Italia a detta di molti Arlecchini uomini che la stimano senza
riserve. La sorpresa del pubblico quando accerta che dietro la
Maschera c’è una donna, è la più grossa gratificazione per
Claudia.
In questi giorni a Roma, nella sede del Teatro Abraxa di Villa Flora,
Ferruccio Merisi e Claudia Contin hanno presentato per un pubblico
ristretto e fortunato lo spettacolo Il Mondologo di Arlecchino,
oltre a una dimostrazione-conferenza sulle maschere ospitata come
iniziativa della professoressa Clelia Falletti per la cattedra di
Storia del Teatro dell’Università La Sapienza e un seminario
pratico per attori e attrici della durata di una settimana.
Lo spettacolo è la storia di Arlecchino, servitore di Satanasso, che
morendo gli lascia tra le mani un’eredità consistente in anime di
vari personaggi storici importanti, racchiuse in cubetti di ghiaccio
affinché non “se dislenguino, svòlino via, che pò no le catemo
più”. Arlecchino si scopre ora ciarlatano ora stregone ora allievo
filosofo o cantautore, sempre nella sua maniera scanzonata e caotica
ma con ferrea coerenza. Un monologo antico e attuale al tempo stesso
in cui vivono insieme i lazzi della tradizione, i temi del repertorio
cinque-secentesco e il gusto sarcastico della comicità contemporanea.
L’Arlecchino di Claudia Contin non è né la semplificazione
grottesca del servo buffo e lavativo né la sua assurzione a essere
simbolico e astratto. Graffia all’improvviso come un gatto - l’animale
al quale viene tradizionalmente associato -, poi zompa via all’istante
per non farsi cogliere dalla reazione del malcapitato. Eppure sa anche
lenire le altrui ferite con un amore quasi trascendente, “altro”,
con la capacità reale di compassione per gli uomini di chi conosce
molto bene il dolore.
Può anche commuoversi e farci commuovere se appena appena lascia
affiorare quella sua ingenuità assoluta alla quale la furbizia fa da
magnifico involucro protettivo. Non esageriamo nel dire che il
miracolo che si verifica soltanto in quei rari attori che vivono l’esperienza
dell’organicità tra mente, azione, spirito e parola, vibra anche
nell’Arlecchino di Claudia Contin.
Per conoscere più a fondo l’esperienza vissuta da Claudia nel mondo
magico e misterioso della Commedia dell’Arte vi consigliamo il bel
libro che ha scritto, Gli abitanti di Arlecchinia (Campanotto
Editore, collana Zeta Teatro, reperibile all’ e-mail: edizioni@campanottoeditore.it),
dove l'attrice presenta sotto la forma dei monologhi tipici del genere
le definizioni dei personaggi più importanti della Commedia dell’Arte,
le fonti storiche e iconografiche, le risonanze antropologiche dei
loro singoli comportamenti, fino alle opportunità di sviluppo e
ri-creazione di essi da parte dell’attore. Il libro è corredato da
foto molto utili che ritraggono Claudia Contin nell’allenamento di
scomposizione del corpo per ognuno dei caratteri trattati. Un vero vademecum
per attori interessati allo studio di quest’arte.
i e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti
da fare? Scriveteci il vostro punto di vista cliccando qui
Archivio
Attualita' |
|
  
|