La Fanciulla del Glicine
Josè Luis Sànchez-Martìn
Per varie ragioni storiche e geografiche il Giappone si è chiuso più
volte su se stesso, evitando di stabilire anche per secoli rapporti
con altre nazioni. In questo isolamento si è sviluppata una ricca e
originale cultura che ha saputo elaborare in modo peculiare anche
l'influenza esercitata da altre culture, prima tra tutte quella della
Cina, che invase il Giappone e vi lasciò tracce molto profonde, a
cominciare dalla sofisticata scrittura ideogrammatica. Questa
originalità è stata nel tempo elaborata a tal punto da creare nei
confronti delle altre grandi culture una differenza così accentuata
da doverla considerare una estraneità più che una diversità.
Il senso di colpa derivante dalla partecipazione alla seconda guerra
mondiale e l'umiliante arroganza con cui gli Stati Uniti fecero pesare
la sconfitta e la conseguente colonizzazione diedero a questa
differenza una connotazione di "antiquata" inferiorità
culturale, di una diversità quasi vergognosa da risanare al più
presto tramite la "modernizzazione" occidentalizzante. Per
fortuna, raggiunto un nuovo equilibrio sociale e con l'affermarsi del
bisogno di una propria identità culturale moderna, paradossalmente
anche grazie alla fulminea e strabiliante crescita industriale ed
economica, il Giappone da qualche decennio ha recuperato l'orgoglio e
la fierezza della propria storia culturale, promuovendo all'estero,
sistematicamente e con una cura e precisione quasi unica, il proprio
patrimonio artistico, sia quello contemporaneo che quello antico e
tradizionale. Questo si realizza soprattutto grazie alla Japan
Foundation e ai suoi Istituti Giapponesi di Cultura disseminati nel
mondo.
E' nell'ambito di questa attività di divulgazione e d'incontro che si
inserisce la prestigiosa presenza a Roma di Ichimura Manjiro II,
notissimo attore di Teatro Kabuki, che per due serate ad ingresso
libero, una nella magnifica sede dell'Istituto Giapponese di Cultura e
l'altra nell'Auditorium dell'Università La Sapienza, ha svelato sotto
forma di conferenza/dimostrazione pratica alcuni dei segreti di
quell'antica forma di teatro, come i significati della vestizione, del
trucco, della musica nonchè il senso dei gesti e dei movimenti degli
attori, concludendo poi nello stile di cui è uno dei più apprezzati
maestri, quello dei ruoli femminili eseguiti da attori maschi chiamati
onnagata, eseguendo la danza drammatica Fuji Musume,
ovvero La Fanciulla del Glicine.
Il teatro Kabuki nasce nel cosiddetto periodo di Edo, riscuotendo
enorme successo popolare e affermandosi nel XVII secolo, soprattutto
fra i potenti commercianti, che vedevano in esso uno degli elementi di
riscatto nei confronti della esclusiva e irragiungibile aristocrazia
allora regnante. Nella sua evoluzione, il Kabuki ha incorporato molti
elementi del più antico ed elitario teatro Noh, dello strabiliante
teatro delle marionette manipolate a vista chiamato Bunraku e della
pittura tradizionale, raggiungendo nella stilizzazione e l'astrazione
un livello considerato di perfezione classica. Inizialmente era
eseguito da solo donne, ma la crescente popolarità di alcune attrici,
oggetto di troppe attenzioni da parte del pubblico, portò alle
autorità, timorose del possibile degrado della moralità pubblica, a
sostituirle con dei fanciulli, che più tardi e per gli stessi motivi
furono definitivamenti sostituiti da uomini.
Ichimura Manjiro II è un grande erede di questa tradizione,
appartenendo ad una delle più importanti famiglie di teatro Kabuki ed
essendo figlio di Ichimura Uzaemon XVII, insignito del prestigioso
titolo di "Patrimonio Nazionale Vivente". Nel 1992 crea,
assieme a sua moglie, l'attrice Ichimura Kiyoko, il progetto di
divulgazione e insegnamento per stranieri "Kabuki for everyone",
con lo scopo di far conoscere alle genti di tutto il mondo questa
meravigliosa e unica arte teatrale.
La performance di teatro danzato di Ichimura nella veste femminile
della Fanciulla del Glicine, lo spirito del fiore incarnato in una
giovane che danza l'amore e la bellezza, lascia lo spettatore
occidentale strabiliato e senza parole, non soltanto per la perfezione
tecnica nel dare credibilmente corpo ad una femminilità di movenze e
atteggiamenti di altri tempi, capace di riassumere ed evocare la
natura profonda della cultura e la storia di un popolo, ma anche
perchè attraverso il dominio di quella stilizzazione e della mimica
profondamente astratta riesce a rendere una dimensione e un'atmosfera
di sacralità metafisica che richiama e suggerisce il mondo
dell'invisibile. In fondo è quello che la rivoluzione del teatro
occidentale del Novecento ha da sempre ricercato, da quando il poeta
del teatro Antonin Artaud scrisse che "lo scopo del teatro è di
fare in modo che quanto c'è di oscuro nello spirito, di occultato, di
irrilevato, si manifesti in una specie di proiezione materiale,
reale."
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