Non il solito ignoto
Francesco Mandica
Piero Umiliani è scomparso a 75 anni il 14 febbraio scorso, ma la sua
famiglia ha preferito tacere per qualche giorno il lutto. La sua morte
ha il suono della pellicola che ha esaurito il suo corso e continua a
sbattere sulla macchina da presa con quel rumore sordo e cantilenato
che a lui non sarebbe piaciuto.
Eppure i suoni del cinema gli erano familiari. Lui che aveva creato un
vero e proprio genere musicale, quello che ci è passato nelle
orecchie per tanti anni, mentre nelle domeniche di agosto invece di
invidiare i nostri colleghi in vacanza benedivamo, con un occhio al
televisore e l’altro al condizionatore, l’ennesimo film in bianco
e nero: il suono amico e confortante di un plotone di sassofoni,
xilofoni in frac e quel pizzico di contrabbasso “in quattro” che
aggiungeva un po’ di mistero.

Questa era la versione italiana del crime jazz, la musica da film
noir, piu’ ironica e bonaria rispetto all’antagonista americana….erano
gli anni del boom economico e Piero Umiliani riusci’ a
cristallizzare quel momento compiendo un’esemplare operazione di
sintesi, raffinatezza ed efficacia: in poche parole era come far
salire su una Lambretta tutta l’orchestra di Duke Ellington. Questo
infatti è il risultato più sorprendente della sua opera che guardava
con rispetto alla grande tradizione afroamericana senza perdere il
sarcasmo e la joie de vivre del bulletto motomunito che
fischiettava “Ciao ciao bambina”.
Quella de I soliti ignoti (1958) e’ stata forse la sua
colonna sonora piu’ famosa: Toto’/Dante Cruciani e compagni
continuano a vivere nel nostro immaginario anche grazie a quella
musica che profumava d’America ma che America non era - il piano
Marshall e i bon bon regalati dai soldati, le am-lire e le luci
lontane delle navi attraccate nel golfo di Napoli, i v-disc (i famosi
dischi della v-ittoria che gli americani usavano per rabbonire le
truppe) e la tromba di Chet Baker, icona di un paese tanto evoluto da
annientarsi con un ago nel braccio. E proprio la tromba di Chet è la
protagonista del tema principale del film: un musicista tanto
importante per Umiliani da metterne il nome nel motivo che da il
titolo alla colonna sonora, Relaxing with Chet, mentre scorrono
i credit del film e noi ci facciamo largo fra i cuscini caldi
del divano di casa, bollente di canicola.

Poi è arrivata la consacrazione e i film sono diventati la cifra
stilistica stessa del maestro fiorentino: I nuovi angeli, Omicron,
L’audace colpo dei soliti ignoti, A porte chiuse, Smog, Il vigile,
Umiliani ha macinato gli anni Sessanta in sella alla sua orchestra
senza mai perdere il fondamentale contatto con il bas materiel
della vita, l’ironia che lo fece approdare negli anni Settanta ad un
clamoroso successo come Ma-na ma-na vero e proprio tormentone,
inno scanzonato e fondamentale tappeto sonoro delle sgangherate
comiche di Benny Hill, vate(r) della comicita’ scollacciata che
alleggeriva il peso insoppportabile degli anni di piombo.
Fino ad arrivare a questi ultimi anni di revival lounge e easy
listening, dove la musica di Umiliani compressa, sezionata e
decontestualizzata ha trovato grande spazio e fortuna: non più di tre
mesi fa una serata del Roma jazz festival gli è stata in parte
dedicata ponendolo al margine del jazz, quasi fosse un intruso, o un
jazzista troppo simpatico o una strana monade di suoni uscita non si
sa da quale balera d’avanguardia.
Ma lui continuava imperterrito a fare la sua musica “leggera” come
sarebbe piaciuto al Calvino di Lezioni americane o a quello
delle Città invisibili a cui idealmente ci piace ricollegare L’uomo
e la città frenetico diario musicale del tardo Umiliani,
modernista, innovatore all’antica…la città che immaginava è
quella in cui oggi viviamo, tutti più soli e tristi, senza lambrette
che fischiettano e orchestre che ci fanno camminare a testa alta, col
sole in faccia.
Dischi consigliati:
A.A. V.V. Jazz in the movies/ Cam jazz 1994
Piero Umiliani Ode to Duke Ellington/ Right Tempo 2000
Piero Umiliani L’uomo e la città/ Right Tempo records 2000
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