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Se cambia il vento



Giacomo Sani e Paolo Natale



E’ impressione diffusa che lo schieramento di centro-destra guidato da Berlusconi vincerà le prossime elezioni. Gli indicatori di questo clima di opinione sono diversi: le dichiarazioni degli esponenti della Casa della Libertà improntate a grande sicurezza e ottimismo, lo “sconfittismo” che serpeggia nel campo opposto, i tentativi di ri-posizionamento di quanti, ad esempio nel mondo della finanza o dei media, hanno “fiutato il vento”.

Alla base di questa previsione vi sono tre elementi:

- le intenzioni di voto espresse dagli intervistati nelle rilevazioni di tutti gli istituti demoscopici che vedono il centro-destra in vantaggio sia nell’uninominale che (ancora di più) nella quota proporzionale;

- le aspettative di una vittoria del centro-destra diffuse tra molti elettori (anche tra quelli che simpatizzano per il centro sinistra);

- le simulazioni sul probabile esito nei 707 collegi uninominali (475 della Camera, 232 del Senato), basate sui risultati elettorali degli ultimi anni (ma tenendo conto della diversa composizione delle coalizioni), simulazioni che attribuiscono al centro-destra la maggioranza assoluta in entrambe le camere.

I giochi sono dunque già fatti? Non è detto. A più di due mesi dalla probabile scadenza vi sono diversi motivi di incertezza, legati sia all’offerta che agli orientamenti dell’elettorato.

Per quanto riguarda la composizione delle forze in campo, la situazione attuale appare molto fluida, e si alternano segnali contrastanti di possibili accordi e di corse solitarie. I partiti ai margini della bipolarizzazione (Rifondazione, Fiamma, Democrazia Europea, ecc.) devono ancora scegliere quale dei due rischi correre, quello di risultare elettoralmente poco o per nulla rappresentati (se restano soli) oppure quello di risultare politicamente fagocitati dalle 2 coalizioni (se stringono con loro un’alleanza).

Resta inoltre tuttora irrisolto il problema delle cosiddette “liste civetta”: non si sa se ci saranno, quante saranno e che effetti avranno. Infine, non sono state ancora scelte, o quanto meno annunciate, le candidature nei collegi e vi sono buone ragioni per pensare che, come già nel 1996, la qualità dei candidati potrà fare qualche differenza sul risultato finale nei collegi.

Per quanto riguarda gli orientamenti dell’elettorato, i dati dei sondaggi a base nazionale, seppur consolidati, sono solo un indicatore parziale dell’effettiva volontà degli italiani. Come già in precedenti occasioni, molte decisioni di voto vengono prese nel corso della campagna o addirittura all’ultimo momento e, ancora oggi, la quota di elettori che non si pronunciano su come voteranno è relativamente elevata: in particolare, gli elettori vicini all’Ulivo appaiono molto incerti per quanto riguarda il voto per la quota proporzionale. Da ultimo, la storia elettorale degli ultimi anni fa inoltre pensare che il prossimo tasso di astensionismo sarà elevato e non è detto che il ‘non voto’ si distribuisca in maniera uniforme tra le forze in campo.

Naturalmente tutte queste considerazioni, pur evidenziando margini di incertezza, non modificano in maniera significativa la diagnosi iniziale. Rimane del tutto plausibile l’idea che, per il centro-sinistra, la prossima competizione si presenti come una sfida difficile, una gara proibitiva.

Tuttavia, nuovi elementi stanno entrando con prepotenza nel rapporto tra cittadini e dinamiche di voto. Lo scenario entro il quale l’elettore deve scegliere la propria preferenza può venir interpretato secondo tre logiche differenti, che possono anche essere sovrapposte:

- la prima, storicamente più antica ma oggi in declino, è quella del voto “partitico”: il voto viene interpretato come una sfida tra partiti e l’elettore decide il proprio voto pensando soprattutto a “far vincere” il partito a lui più vicino;

- la seconda, favorita dall’adozione del sistema maggioritario, è quella del voto “di coalizione”: il voto viene interpretato come una sfida tra poli e l’elettore decide il proprio voto pensando soprattutto a “far vincere” la coalizione a lui più vicina o meno distante;

- la terza, favorita dalla costante personalizzazione della politica, è quella del voto “al candidato”: il voto viene interpretato come una sfida tra candidati ad una carica specifica (Sindaco, Presidente di regione, Premier) e l’elettore decide il proprio voto pensando soprattutto a “far vincere” il candidato che gli offre maggiori garanzie sul futuro o a “far perdere” quello che gliene offre meno.

L’adozione di una o l’altra delle differenti logiche di voto da parte degli elettori comporta anche differenti risultati nell’analisi degli orientamenti di voto e nelle prefigurazioni dell’esito elettorale. Se la logica di voto è soprattutto “partitica”, i partiti della Casa delle libertà appaiono oggi in deciso vantaggio su quelli dell’Ulivo (intorno ai 10 punti percentuali).

Se la logica di voto è soprattutto “coalizionale”, il vantaggio della Casa delle libertà si riduce di circa la metà. Se infine la logica di voto è soprattutto quella “personalizzata”, il vantaggio di Berlusconi nei confronti di Rutelli si annulla pressoché interamente.
Possiamo a questo punto chiederci: che cosa dovrebbe succedere affinché l’esito, oggi dato per scontato, sia almeno in parte diverso ?

Innanzitutto, una “conditio sine qua non” è rappresentata da un possibile accordo di qualche tipo con Bertinotti, che convogli i voti di Rifondazione sui candidati della coalizione guidata da Rutelli. Senza il contributo di questi consensi, è quasi certo che il centro-sinistra andrebbe incontro ad una sconfitta di notevoli proporzioni.

Trascurando poi la possibilità di una risoluzione di molte delle incertezze di cui sopra a favore del centro-sinistra, a noi pare che la condizione imprescindibile per un suo recupero rispetto alla situazione attuale sia legata ad un eventuale deciso incremento della logica di voto che abbiamo definito “personalizzata”: la presenza di Berlusconi a capo del governo, con il bagaglio dei conflitti di interesse che si porta in dote e il suo mix di populismo e reaganismo, tende a “spaventare” parte dell’opinione pubblica sia italiana che internazionale. Al contrario, la figura di Rutelli sembra apparire, agli occhi degli elettori, maggiormente “rassicurante” sul cammino che prenderà il paese. Se l’appeal del candidato di centro-sinistra crescerà, un aumento dei consensi anche di dimensioni relativamente modeste, ma strategicamente localizzato sul territorio, può influire sull’esito della competizione nei collegi “marginali” della Camera e del Senato.

Ma vediamo, in concreto, quale dovrebbe essere la “soglia minima” di cambiamento per poter giungere ad una situazione favorevole alla coalizione dell’Ulivo nella distribuzione dei collegi maggioritari.

Analizziamo prima la situazione al Senato, dove la soglia della maggioranza è di 158 seggi. Secondo le nostre simulazioni basate sulla recente storia elettorale italiana nel periodo 1996-2000, al centro-destra andrebbero 166 seggi e al centro-sinistra 149 (compresa Rifondazione). Il vantaggio del centro-destra (trascurando quelli appannaggio di eventuali “terzi incomodi”) sarebbe dunque di 17 seggi. Date queste cifre, è evidente che il risultato complessivo dipenderebbe dall’esito della competizione nei collegi incerti (stimabili, a seconda dei criteri utilizzati, in un numero compreso tra 25 e 40). Qualora il centro-sinistra dovesse prevalere nella maggior parte di questi collegi la partita potrebbe riaprirsi.

Ma quanti punti percentuali dovrebbe “guadagnare” nelle prossime settimane il centro-sinistra (con Rifondazione) per poter aspirare ad un risultato di sostanziale pareggio? E’ ovviamente difficile fare una stima precisa. Tuttavia volendo azzardare qualche cifra possiamo dire che affinché avvenga l’”aggancio” il divario di 3-4 punti a favore del Centro-destra che caratterizza il periodo 1996-2000 a livello nazionale dovrebbe almeno dimezzarsi (si veda la tab. 1).

Tab. 1 - Senato

Base 1996-2000 (scarto 3.3%)

% Voti Seggi magg. Seggi prop. Seggi totali
CD 45.3 131 35 166
CS 42.0 101 48  149
Totale 232 83  315




Ipotesi 2001 (scarto 1.2%)

% Voti Seggi magg. Seggi prop. Seggi totali

% Voti Seggi magg. Seggi prop. Seggi totali
CD 44.3 117  40  157
CS 43.1  115 43 158
Totale 232 83 315



Vediamo ora la situazione alla Camera: qui la soglia della maggioranza è pari a 316 seggi. Come si nota nella tab.2, i seggi prevedibili per il centro destra (maggioritario + proporzionale) sulla base del trend 1996-2000 sono stimati in 355; quelli per il centro sinistra (compresa Rifondazione) in 275. Il vantaggio del centro-destra (trascurando anche in questo caso i seggi di eventuali “terzi”) sarebbe dunque di 80 seggi. A differenza della situazione del Senato, alla Camera non sarebbe sufficiente al centro-sinistra aggiudicarsi la totalità dei seggi incerti: qui essi sono infatti stimabili in un numero compreso tra 55 e 65. Nelle nostre stime, abbiamo equamente assegnato alle 2 coalizioni (30 a testa) i circa 60 collegi incerti. E dunque, anche se i candidati dell’Ulivo vincessero in tutti i collegi incerti, il distacco con la Casa delle libertà si ridurrebbe a 60 seggi nella quota maggioritaria, ma nel recupero proporzionale il centro-destra farebbe propri un numero di seggi tale da mantenere un vantaggio consistente nel computo generale.

Quanto dovrebbe allora “guadagnare” la coalizione dell’Ulivo per poter aspirare di raggiungere alla Camera un risultato di sostanziale pareggio? Come nel caso del Senato, anche in questo è problematico avanzare stime precise. Anzi, le difficoltà sono maggiori per via delle incertezze legate al superamento della soglia minima del 4% da parte di numerose liste. Si può ipotizzare che la situazione di base (tendenze elettorali del periodo 1996-2000) corrisponda ad uno scarto tra i due poli di circa 5 punti percentuali. Per poter giungere ad una situazione di sostanziale pareggio tra i due maggiori schieramenti alla Camera, lo scarto dovrebbe in questo caso diminuire di circa 4 punti (si veda la tab. 2).

Tab. 2 - Camera

Base 1996-2000 (scarto 5.1%)

% Voti Seggi magg. Seggi prop. Seggi totali

% Voti Seggi magg. Seggi prop. Seggi totali
CD 48.3 285 70 355
CS 43.2 190 85 275
Totale 475 155 630



Ipotesi 2001 (scarto 0.9%)

% Voti Seggi magg. Seggi prop. Seggi totali

% Voti Seggi magg. Seggi prop. Seggi totali
CD 47.0 233 80 313
CS 46.1 242 75  317
Totale 232 83  630


Naturalmente, il discorso fin qui fatto ha come punto di riferimento il livello nazionale. Ma trattandosi di sfide decise in larga misura a livello di collegio, questo dato è solo indicativo. In realtà, al centro-sinistra potrebbe bastare anche un recupero di minori dimensioni purché localizzato principalmente nei “punti giusti” (cioè in pratica le circoscrizioni del centro-sud). E, per la stessa ragione, una eventuale rimonta, anche di maggiore entità, servirebbe a ben poco se si materializzasse in contesti dove il centro-destra prevale di larga misura. Ridurre lo svantaggio anche di 10 o addirittura 15 punti non porterebbe alcun frutto al centro-sinistra nei collegi nei quali il distacco storico tra le forze dei due schieramenti supera il 20%, come avviene in certe aree di Piemonte, Lombardia e Veneto.

Per la variegata coalizione guidata da Francesco Rutelli la corsa è, dunque, tutta in salita o, per meglio dire, contro la direzione del vento prevalente nelle prove elettorali tenutesi dal 1996 al 2000. Ma anche in politica, come nelle regate, talvolta il vento può cambiare.






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