Curarsi con i fiori 
           
           
           
          Paola Casella 
           
           
           
          Ci vuole un fiore, diceva la canzone. Ed è affascinante pensare che
          davvero possa bastare un fiore a farci stare meglio, a migliorare il
          nostro stato d'animo, e magari ad aiutarci a superare una situazione
          difficile. Proprio questo promette la floriterapia, basata sul sistema
          terapeutico e la filosofia di vita del medico inglese Edward Bach.
          Crederci o non crederci? Sta alla discrezionalità di ognuno di noi,
          ma c'è chi afferma che crederci è condizione indispensabile perché
          la floriterapia funzioni. Quindi gli scettici fanno bene a tenersene
          lontani, perché di sicuro non cambieranno idea. 
           
          Per i possibilisti come me, invece, c'è speranza. Per questo ho
          seguito un breve corso introduttivo alla floriterapia condotto a Roma
          da Claudia Valsecchi dell’Accademia Italiana di Floriterapia, e ho
          partecipato a una seduta su misura con Laura Paesano, fondatrice e
          co-responsabile del punto di riferimento romano dell'Unione di
          Floriterapia. Mi hanno convinto? Direi piuttosto che mi hanno
          conquistato, perché le teorie di Bach, prima ancora che essere
          efficaci, sono affascinanti, e comportano un buon livello di
          introspezione psicologica e di umana curiosità.
            
           
          Il personaggio stesso Edward Bach è interessante: medico ospedaliero,
          diresse il pronto soccorso dell'University College, diventando poi
          assistente di immunologia presso lo stesso istituto. Qui si interessò
          in modo particolare al rapporto che esisteva fra la composizione della
          flora batterica dell'intestino e gli stati d'animo dell'individuo,
          mettendo in stretta correlazione l'emergenza di malattie croniche
          intestinali con la presenza di determinati ceppi batterici. 
           
          Il passo successivo fu quello di cercare rimedi in grado di riportare
          i pazienti affetti da queste malattie a un maggiore equilibrio
          emotivo, che trovasse un riscontro anche sullo stato fisico del
          malato. Mentre portava avanti le sue ricerche, gli fu diagnosticato -
          a 31 anni - un tumore maligno alla milza e gli vennero prospettati non
          più di tre mesi di vita. La sua reazione non fu di sconforto ma di
          rabbia: decise che avrebbe utilizzato quei tre mesi per portare a
          compimento le sue ricerche presso il London Homeopatic Hospital. Tre
          mesi dopo, il tumore era scomparso. 
           
          Dopo aver individuato sette nòsodi (vaccini) intestinali, che tuttora
          portano il suo nome e vengono utilizzati per la cura di altrettante
          malattie, si dedicò alla preparazione di una serie di rimedi
          floreali. L'intuizione di base era che il fiore fosse la parte
          "alta", cioé spirituale della pianta, e come tale fosse
          particolarmente adatta a curare lo spirito dell'uomo. 
           
          E' a questo punto, in genere, che emerge lo scetticismo di chi
          ascolta, anche perché la floriterapia procede a creare similitudini
          fra l'aspetto di determinati fiori e una presunta corrispondenza
          all'interiorità dell'uomo. Quando Claudia Valsecchi mi spiega che
          "i fiori raggiungono le nostre zone pre-frontali attraverso forme
          geometriche, tonalità e intensità cromatiche" covo dubbi
          istintivi, e mi produco in un'espressione fra il cinico e il perplesso
          degna di Woody Allen, o per lo meno di Nanni Moretti. 
           
          Ma andiamo avanti: Bach selezionò una serie di fiori e individuò 38
          rimedi, ovvero essenze floreali, che corrispondevano ad altrettante
          disarmonie nella emotività umana. Mise a punto un dosaggio ottimale
          delle essenze tratte dai fiori e consegnò ai suoi assistenti un
          metodo che secondo lui non aveva bisogno di perfezionamento. Come se
          avesse compiuto la sua missione, morì nel sonno, a 50 anni. 
           
          Gli esperti di floriterapia raccontano l'esistenza di Bach non senza
          accenti agiografici, ma insistono sul fatto che i passi fondamentali
          della sua vita e della sua ricerca sono ampiamente documentati. A noi
          resta il resoconto di una vita di ricerca, dotata di una partenza
          scientifica, interamente tesa verso la scoperta di un rimedio che
          coinvolgesse più lo spirito che il corpo, col presupposto che la
          salute sia una questione di armonia con la propria anima. "E' per
          questo che un floriterapeuta considera i sintomi fisici solo come
          un'indicazione di massima per individuare il problema spirituale
          sottostante", dice Claudia Valsecchi. "Le prescrizioni
          vengono poi effettuate sulla base di dati emozionali". 
            
           
          La floriterapia non si contrappone o sostituisce infatti alla medicina
          tradizionale, ma procede in parallelo, lavorando sull'emotività.
          Inoltre i 38 rimedi indicati da Bach non sono tossici, quindi
          "male non fanno": al massimo, non fanno proprio nulla, e
          possono essere accantonati per la loro inefficacia senza spiacevoli
          conseguenze fisiche. 
           
          Bach, d'altronde, non ha mai preteso di "curare", ma solo di
          correggere gli stati d'animo che ciascuno di noi attraversa nel corso
          dell'esistenza. Tra l'altro, sottolinea Laura Paesano, un determinato
          fiore migliora lo stato d'animo attualmente presente, senza modificare
          la struttura comportamentale (o il carattere) della persona. 
           
          A ciascuno dei fiori (o alberi, perché ci sono anche gli alberi)
          individuati da Bach corrispondono alcune caratteristiche della
          personalità, o meglio disposizioni d'animo, e soprattutto le loro
          distorsioni, o disarmonie. "I fiori", spiega Claudia
          Valsecchi, "lavorano in primo luogo alla ristrutturazione dell'Io
          nell'accezione junghiana, e ci aiutano ad appoggiarcisi in modo
          equilibrato. La salute mentale consiste nell'armonia fra l'anima e la
          personalità, intesa come la sovrastruttura che è il risultato delle
          sollecitazioni ambientali e dei doveri sociali". 
           
          Il compito del floriterapeuta è quello di determinare lo stato
          d'animo del paziente e capire quale rimedio fa al caso suo, anche se
          in molti casi, come dice Laura Paesano, sono i fiori che cercano te.
          "Nel mio caso, prima che cominciassi ad assumerli, si è creata
          una sorta d’interazione fisica con le boccette di essenza",
          ricorda Paesano. E l'esperimento al quale mi ha sottoposta sembra
          confermare questa teoria: mi ha chiesto di far scorrere la mano
          sull'intero campionario di boccette, e di fermarmi solo se sentivo una
          sorta di richiamo da parte di una di esse. La mia mano ha indugiato
          automaticamente su due boccette. Quando ho letto a quali "stati
          disarmonici" corrispondevano, sono scoppiata a ridere, perchè ci
          avevano preso in pieno. 
           
          Tutto questo comporta - oltre a un certo senso dello humour, da parte
          sia del paziente che del floriterapeuta - una notevole capacità di
          introspezione psicologica, e una grande disponibilità, di chi si
          trova a doversi rivelare nel modo più onesto possibile. Un lavoro di
          introspezione che, di per sé, è già illuminante, se lo si fa con un
          minimo di apertura mentale. "Ci si sente più presenti a se
          stessi, e si ha l'impressione immediata di aver preso in mano la
          propria situazione emotiva, almeno al livello di maggiore
          comprensione", osserva Paesano. 
           
          Personalmente, ho visto almeno un concreto vantaggio nel sottopormi a
          una seduta esplorativa funzionale all'individuazione dei fiori giusti
          per me: una maggiore consapevolezza di certi stati d'animo che, una
          volta verbalizzati, stanno lì allo scoperto, e si lasciano esaminare
          con una lucidità maggiore. Ci vuole coraggio a guardarsi dentro, e
          anche umiltà: due caratteristiche che è sempre bene coltivare, fiori
          o non fiori. 
           
          "I fiori funzionano come trasformazione della coscienza",
          dice Claudia Valsecchi, "e lavorano meglio in sinergie".
          Quindi, nonostante ogni situazione e ogni personalità esprima uno o
          due fiori dominanti, un terapeuta esperto combina più essenze che
          "lavorino" in modo sinergico. "E' importante il
          desiderio di trasformarsi e la collaborazione del paziente, che deve
          dire a se stesso: accetto quello che ricevo e lo faccio lavorare per
          me". 
           
          Il concetto di autoguarigione, con tutti i rischi che comporta - e li
          tengo tutti ben presenti, mentre scrivo - presuppone comunque una
          disponibilità ad accettare (o anche solo a prendere in
          considerazione) che esista uno stretto rapporto corpo-mente. Anche in
          questo, la floriterapia indica una strada. Se poi percorrerla fino in
          fondo sta, di nuovo, alla discrezionalità individuale. 
           
          Per altre informazioni su Bach e i suoi fiori, potete collegarvi ai
          siti http://www.floriterapia.it; 
          http://www.floriterapia.net;  
          http://www.bachflowers.it .  
           
           
           
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