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Quanti bytes per la societa' dell'informazione?

Guido Martinotti

 

 

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La biblioteca di Alessandria conteneva 600.000 rotoli di papiro. Secondo una stima riportata da Michael Lesk di Lucent Technologies per il Getty Information Institute, sulla base della divisione in capitoli dell’epica omerica, ogni papiro conteneva 25 pagine di testo per un totale di 15.000.000 di pagine corrispondenti a 50.000 volumi di 300 pagine. Si può anche calcolare che in quel periodo il resto dell’informazione scritta, in Iraq, Iran, India e Cina arrivasse a raddoppiare i testi conservati nella biblioteca alessandrina per un totale di 100.000 (o 120.000) volumi. Usando una misura contemporanea per l’informazione, il byte, che corrisponde all’incirca a un carattere di testo alfabetico, possiamo anche calcolare la quantità totale di informazione, che può essere compresa tra i 3000 e i 4000 bytes per pagina il che dà un totale minimo di 45 miliardi di bytes equivalenti a 360 bytes per persona.

 

 

Circa 1500 anni dopo, alla fine della seconda guerra mondiale, quando, come scrivono i Morrison, molte città giacevano in cenere, il presidente di Harvard, James B. Conant - che con Vannevar Bush, coevo presidente dell’MIT, aveva partecipato agli sforzi bellici del mondo della ricerca e forse più di ogni altro civile americano era stato vicino al cuore del progetto Manhattan - si preoccupò seriamente dei pericoli che correva la conoscenza umana accumulata nelle biblioteche. Tornato al suo campus alla fine del 1945, incaricò privatamente il bibliotecario dell’università di valutare l’impegno necessario per salvare una copia di tutti i testi di valore esistenti in tutto il mondo. Dopo poco il bibliotecario consegnò il suo rapporto ipotizzando che i testi che avrebbero meritato di essere salvati si aggirassero sui due miliardi emmezzo di pagine, e cioè circa 10 milioni di libri.

Stima dell’informazione scritta alla fine della Seconda guerra mondiale

1945
Pagine
Volumi

(300pp)

Volumes

(250pp)

Bytes

(3000 x p)

Popolazione
1945
2.500.000.000
8.333.333
10.000.000
7.500.000.000.000
2.500.000.000
pp a testa
Volumi a testa
Volumi a testa
Bytes a testa
Procapite
1
300
250
3000

Benchè la popolazione mondiale fosse nel frattempo aumentata di sole 10 volte, da 250 milioni a 2.5 miliardi circa, il patrimonio librario superava di 100 volte quello del tempo dei classici, secondo i calcoli dei Morrison - di 83,3 periodico di volte, secondo i miei. Questa crescita più che proporzionale è frutto del processo di accumulazione di conoscenze avvenuta nel corso dei secoli - con una accelerazione in quelli più recenti, dopo l’invenzione della stampa, che ha rimediato alla distruzione avvenuta nei primi secoli postalessandrini - ma anche della maggior diffusione della capacità di leggere nella popolazione. In media da 360/480 bytes a testa (equivalenti a un volume per 2500 persone o una pagina per 8.3 persone) si passa a 3000/4000 bytes a testa, equivalenti a un volume di 300 pagine per ogni 300 persone e a uno di 250 pagine per ogni 250 persone o, più semplicemente, a una pagina per persona. In altre parole la quantità di nozioni accumulate in forma extrasomatica è aumentata di poco più di 8 volte.

Evidentemente in questo calcolo le conoscenze sono misurate solo in numero di pagine e di libri, se qualcuno ha una idea migliore la dica, ma per favore ci venga risparmiato il luogo comune che la cultura non si misura e non si pesa. In primo luogo perchè è una affermazione questionabile, la cultura è stata misurata pesata (e pagata) sin dai tempi più antichi. E’ solo con l’avvento di una concezione romantica e idealistica di cultura, diffusasi in tempi relativamente recenti, che si è introdotta l’idea di Hochkultur e di una classe di persone, gli intellettuali, addetti al trattamento della Cultura con la maiuscola e suppostamente liberi da volgari intenti materiali.

Per concludere la storia di Conant, va aggiunto che il suo bibliotecario gli disse anche che una duplicazione di tutto il sapere scritto non avrebbe potuto essere fatta in segreto e che una operazione del genere avrebbe creato un profondo allarme tra gli studiosi. Conant accantonò il progetto e non lo riprese mai più, ma in un certo senso ci ha lasciato in eredità una stima della quantità di informazione disponibile alla fine della seconda guerra mondiale, che forse oggi sarebbe difficile rifare. Qualche decennio dopo le cose sono molto cambiate per l’avvento di quella che viene chiamata società dell’informazione e per lo sviluppo di una teoria dell’informazione.

 

 

Parole, suoni e immagini.

Con la diffusione della una nuova tecnologia dominante della nostra era, le biblioteche non sono più l’unico luogo in cui si accumula l’informazione. La grandiosa Library of Congress, dicono i Morrison, sarà presto largamente superata, per quantità di informazioni archiviate, dai nastri e i dischi rigidi conservati in una miriade di abitazioni private e di uffici.

Le tecnologie elettroniche hanno anche reso disponibile un metro universale che permette di misurare la quantità di informazione. Questa misura come è noto si chiama byte e corrisponde suppergiù a un carattere di stampa. Ma può essere usata anche per ogni altro tipo di informazione, per esempio quella visuale o sonora. Un normale libro di testo usa circa un milione di bytes o un megabyte. Ma per conservare in modo appena accettabile una pagina di libro con una modesta illustrazione a colori occorrono 100 kbytes e quindi bastano 10 illustrazioni a colori per occupare uno spazio comparabile a quello di un libro medio. Si dirà che 25 o 30 pagine di testo contengono più informazione di una pagina illustrata, ma è una affermazione opinabile, se, per esempio, le 10 pagine di testo sono di un critico d’arte di terza categoria e la illustrazione riproduce la Gioconda. Comunque è chiaro che, considerando anche informazioni non testuali e anche ammettendo che in termini di pixels, cioè di quantità di segni per spazio la scrittura rimane ancora uno dei mezzi più efficienti, dobbiamo preparaci a trattare con quantità di informazioni senza precedenti.

Per poterci orientare nel calcolo della crescente quantità di informazioni suggerisco di far riferimento alla tabellina che segue in cui si è cercato di dare nome, se così si può dire, alla grande quantità di cifre definite dalla notazione dei successivi logaritmi di 10, per incremento di tre.

in miliardi in milioni in migliaia nome log10 nomelog

==
==
mille bytes
mille
103
1 kilobyte
==
un milione di bytes
mille kilobytes
un milione
106
1 megabyte
un miliardo di bytes
un milione di kilobytes
mille megabytes
un miliardo
109
1 gigabyte
un miliardo di kilobytes
un milione di megabytes
mille gigabytes
un trillione
1012
1 terabyte
un miliardo di megabytes
un milione di gigabyte
mille terabytes
un quadrillione
1015
1 petabyte
un miliardo di gigabytes
un milione di petabytes
mille petabytes
un quinquillione
1018
1 esabyte

Oggi, se vogliamo parlare di accumulazione e conservazione delle conoscenze, non possiamo dunque più limitarci ai libri e al testo stampato, perchè le conoscenze diffuse sotto forma di immagini, suoni, di lunghe liste di nomi, masse di numeri, video messaggi interattivi, conversazioni telefoniche e scambi di messaggi, stanno assumendo proporzioni enormi riproponendo il problema di diversi tipi di conoscenza, degli attori che la producono e la organizzano e del senso complessivo del processo in corso, che coinvolge anche le biblioteche, ma non si limita a queste. Scrivono i Morrison "Holdings are richest when they are the professionally published work of talented historians,authors,artists, editors, composers or critics or of the theorists, labs, and field stations. Yet that portion may well be outnumbered by our modern folk knowledge". Dobbiamo quindi cercare di esaminare la quantità di informazione registrata su diversi supporti.

La Library of Congress contiene oggi il doppio dei libri che erano stati proposti per la salvezza nel 1945 e cioè circa 20 milioni di volumi, 5 miliardi di pagine, a 250 pagine per volume, e quindi, calcolando per una pagina da 3 a 4kbytes, ne risultano da 15 a 20 terabytes di testo, cioè da 15 a 20 milioni di megabytes (o milioni di milioni di bytes). Tuttavia i 3.5 milioni di registrazioni sonore portano il totale dell’informazione conservata alla Library of Congress a un paio di petabytes, (cioè a 2 milioni di miliardi di bytes). Una quantità 100 volte superiore a quella dell’informazione testuale che vi si trova.

Sempre secondo i calcoli fatti da Michael Lesk di Lucent Technologies per il Getty Information Institute sulla base del consumo di carta per la stampa, la quantità di nuovo testo prodotto ogni anno è di 100 terabytes, cioè 100 trillioni di bytes (oppure 100.000 miliardi di bytes ovvero centomila gigabytes) inclusi i 10.000 giornali elencati dall’UNESCO.

Più o meno la medesima quantità di informazione è contenuta in tutta la musica registrata - senza tener conto delle copie, ma calcolando i bytes necessari per l’esecuzione e non solo quelli degli spartiti, e sono altri 100 terabytes.

Il cinema contribuisce con 5000 films all’anno, ma dall’epoca di Lumiere aggiunge solo circa un petabyte (in gran parte bianco e nero) cioè un quadrilione di bytes ovvero un milione di miliardi di bytes, cioè un milione di gigabytes).

Le immagini scattate da singoli individui sono molto numerose. Si possono stimare in 50 miliardi l’anno. Il che fa un totale di circa 10 petabytes cioè dieci miliardi di megabytes, anche nella forma più compressa che possiamo immaginare.

Ma i più grandi produttori di bytes sono gli impianti televisivi. Il prodotto originale (cioè senza contare le informazioni ritrasmesse) può essere stimato nel 10% delle emissioni e quindi si può stimare il contenuto informativo della televisione in poco meno di 100 petabytes all’anno.Calcolando 30 anni a questo ritmo (cifra arbitraria che si riferisce a un periodo più limitato di quello della storia della televisione, ma applica il valore attuale a tutti questi anni) abbiamo 3000 petabytes o 3 esabytes di prodotto televisivo.

Le conversazioni telefoniche negli Stati Uniti riempiono 10mila miliardi di minuti all’anno e circa 1000 petabytes sono le comunicazioni telefoniche mondiali. Le conversazioni faccia a faccia dovrebbero aggiungere vari esabytes di suono, ma se si potessero tradurre in forma digitale e comprimerle si ridurrebbero a pochi petabytes all’anno). Comunque si può fare un calcolo di circa 10 esabytes. "Validated professional output, from TV soccer to World Wide Web pages to weather maps and Titanic, is perhaps 100 petabytes, nearly all of it from TV. Book texts are tiny, and data, maps and well-packed photographs add only a few petabytes more."

 

Possiamo cercare di sintetizzare in questo modo:

Testo
100 terabytes
102*1012= 1014
Musica
100 terabytes
102*1012= 1014
Cinema
1 petabyte
1015
Fotografie individuali
10 petabytes
1016
Televisione
3 exabytes

(100 petabytes anno x 30 anni)

3*1018
Conversazioni
10 exabytes
10*1018
Totale
13.011.200 terabytes
2*1014+1015+1016+3*1018+1019
 
tredicimilioniundicimiladuecento

milioni di milioni di bytes

1,30112E+19

Facendo una somma generale di queste quantità parziali ricaviamo una stima della quantità attuale di informazioni di ogni tipo conservate in varie forme testuali, sonore, visive. Il totale è di tredicimilioniundicimiladuecento milioni di milioni di bytes (2*1014+ 1015+1016+ 3*1018+10*1018). Manca da questo computo l’insieme delle informazioni accumulate sulla rete - forse altrettante? Lo vedremo in una successiva nota). E poi, naturalmente, poco sappiamo delle informazioni accumulate dagli apparati militari. In prima approssimazione però, possiamo dire che questa massa di informazioni racchiude la somma delle conoscenze accumulate in forma extrasomatica dalla specie umana in questo particolare momento della sua storia.

 

Informazione e conoscenza.

 

A questo punto il nostro ragionamento sarebbe finito, abbiamo fatto un esercizio numerico, basato sul lavoro di vari studiosi, e ci siamo fatti una idea della quantità di informazioni che gira per il mondo. Così facendo abbiamo ridotto di poco l’entropia del mondo delle informazioni, ma abbiamo contribuito all’entropia del pianeta, come direbbe Hawkings, disperdendo le calorie necessarie per scrivere queste righe. Chi si diverte a collezionare irrelevant trivia può aggiungere un pugno di logaritmi in base dieci alla sua raccolta. Ma inconsapevolmente, nelle conclusioni abbiamo toccato un argomento delicato. Perchè adesso, me lo sento, arriva l’obiezione di rito:"Aha, ma l’informazione non è conoscenza". Embè, e chi ha mai detto il contrario? (ammesso che questa frase pomposa abbia un senso). Non so chi fatto questa affermazione per primo, ma se l’inventore è stato dimenticato, l’invenzione si è diffusa come fuoco selvaggio. Nelle discussioni sulla tecnologia e più in generale sul triste destino dell’epoca in cui viviamo, c’è sempre qualcuno che a un certo punto, con l’aria grave di chi sa di poter tagliare la testa al toro e chiudere la trionfalmente ogni discussione dichiara che l’informazione non è conoscenza. Si ha l’impressione che molti considerino questa affermazione come la bomba atomica, la doomsday machine da usare solo per finire la guerra contro i sostenitori del modernismo. E invece è solo uno dei luoghi comuni più diffusi e francamente più irritanti, del discorso sulla informazione. Come tutti i luoghi comuni viene usata sempre più in basso e quindi sempre più frequentemente - al pari dell’aggettivo "epocale" che forse è stato inventato da un fine letterato, ma oggi lo usano anche i barbieri per decantare un certo loro taglio fin de siecle. E come tutti i luoghi comuni anche l’espressione che l’informazione non è conoscenza vuol dire poco o nulla. Cioè o si riferisce a qualcosa di assolutamente ovvio o a un problema molto complicato che non può essere liquidato con una battuta.

Se si vuol dire che in certe situazioni ciascuno di noi è sottoposto a una quantità di stimoli che non riesce a ordinare e ad approfondire, l’affermazione è così ovvia che non mette conto discuterla. Tuttavia l’eccesso di informazione non sistematica non è un prodotto della cosiddetta "società dell’informazione". Quando entriamo in un bosco - o ci inoltriamo in un prato o in qualsiasi altro paesaggio naturale, per limitarci a questo ambito - siamo sommersi da una quantità enorme di informazione, visiva, sonora, olfattiva e tattile. Vediamo i colori degli alberi, sentiamo i canti degli uccelli, il profumo dei fiori e il vento sulla nostra pelle. Sappiamo per esperienza che questa abbondanza di informazioni, con i barocchismi delle sue evidenze o la seduzione delle sue armonie nascoste, provoca sensazioni forti che gli artisti sanno cogliere e riproporre meglio di chiunque altro. In questo caso, nessuno si sentirebbe di recriminare, sostenendo che "l’informazione non è conoscenza", se il viandante nel bosco, come per la stragrande maggioranza delle persone, non sa distinguere un faggio da un leccio, un abete da un pino o un passero da una cingallegra - talvolta con grave rischio personale, come sanno tutti i bambini che hanno ingoiato la bacca sbagliata o sono stati punti dalla foglia che non dovevano toccare. In questo caso si ammette che navigare in un mare di informazioni che non sono conoscenza è considerata cosa buona e commendevole. Anzi quei pochi che sanno distinguere un fiore dall’altro, un insetto o un uccello sono in genere considerati pedanti e petulanti e faranno bene a tacere lasciandosi trasportare nel mare dell’informazione facendo finta di non conoscere alcunchè.

Analogo discorso vale per il contesto urbano: anche in città siamo sopraffatti dalle informazioni. E così come il cittadino viene stordito dalle informazioni del paesaggio naturale, il contadino (della leggenda, chissà se ce ne sono ancora) è sopraffatto dalle informazioni dell’ambiente urbano. Sonore sopratutto, ma altrettanto complete e complesse di quelle del paesaggio non antropizzato.

In realtà sia per la foresta che per la città è evidente che se vogliamo superare uno stadio di percezione puramente epidermica - a cui per carità nessuno vuol rivolgere critiche, anche se insomma quel giapponese li’, davanti all’ultima cena con in mano un sacchetto di Armani ci sembra proprio un barbaro - è necessario che alla informazione visiva, sonora, olfattiva e tattile in senso stretto, si aggiunga una straordinaria quantità di informazione culturale di natura storica, insomma di quelle che a scuola sono spregiativamente chiamate nozioni. Le informazioni sono la base della conoscenza e le sono intimamente necessarie, tanto che distinguere le une dall’ altra è arduo se non impossibile. Il problema non è la quantità di informazione, ma la quantità di attenzione che intendiamo dedicare alla fatica di scoprire nella massa grezza di informazioni, delle relazioni tra fatto e fatto e tra fatto e nostre idee precedenti, un ordine insomma che ci rende più edotti. Ma queste relazioni sono lì indipendentemente dalla nostra capacità e voglia di vederle, e la prova è che il più delle volte se non lo facciamo noi, ci pensa qualcun altro.

Più la si rigira e meno l’affermazione che l’informazione non è conoscenza appare dotata della capacità di chiarire le cose. C’è un solo punto di vista in cui questa contrapposizione è chiara: non ci vuole gran fatica a capire, infatti, che di solito chi la fa è convinto che l’informazione che ha lui è conoscenza mentre quella degli altri è solo informazione.


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