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L'autunno di Bill Gates

Andrea di Robilant

 

 

L'articolo che qui pubblichiamo - per gentile concessione dell'editore - è apparso su "La Stampa" (http://www.lastampa.it) di mercoledì 2 dicembre.

Giorni fa, al processo Microsoft, l'immagine di Bill Gates è cambiata per sempre durante una sua deposizione in video. Gli americani hanno visto l'uomo più ricco del mondo mentre si dondolava sulla sedia come un bricconcello qualsiasi. Ostentava un'aria infastidita, superiore e rispondeva alle domande del procuratore svogliato evasivo, persino maleducato.

Dal punto di vista dell'immagine, ha scritto il settimanale U.S. News & World Report, "un vero e proprio gigaflop". Ma non è soltanto una questione di immagine: l'impero dilagante e invincibile di Bill Gates appare improvvisamente fragile e vulnerabile. Ci vorranno mesi, forse anni, per arrivare alla fine del processo anti-trust intentato dal governo americano contro la Microsoft. Ma a prescindere da come andrà a finire in aula - sanzioni, smembramento o archiviazione - molti analisti già intravedono l'inizio del declino del grande impero degli Anni Novanta. A cominciare dal mensile Wired, la bibbia del mondo digitale, che dedica la copertina di dicembre alle "Ottantatrè ragioni che spiegano la fine del regno di Bill Gates".

Finora lo strapotere della Microsoft ha poggiato sul suo monopolio nel mercato del software - monopolio che, secondo il governo, Gates ha cercato di usare per conquistare il dominio infinitamente vasto dell'Internet. Ma la miriade di aziende specializzate che operano sull'Internet producono nuovo software a getto. E nonostante la Microsoft arricchisca continuamente la gamma dei suoi prodotti non potrà mai stare al passo dei nuovi piccoli predatori. "Il software specializzato", dice George Gilder, della Gilder Technology Group, "farà traballare la Microsoft così come il personal computer diede un violento scossone all'Ibm".

Nella corsa alla conquista dell'Internet, la Microsoft parte con un forte handicap. "Non è mai stata un'azienda innovativa", dice Paul Saffo, dell'Institute for the future. "E' stata soprattutto rapida nel seguire gli altri. E quando cresci del 30 o 40% l'anno, diventa sempre più difficile trovare qualcuno da rincorrere con rapidità".

La Microsoft, insomma, soffre un po' della "sindrome nipponica".

Anche il Giappone si è dimostrato bravissimo a dominare seguendo gli altri e poi facendo meglio di loro. "Negli Anni Ottanta andava alla grande, la tecnologia giapponese ci sembrava imbattibile", ricorda David Gelertner, docente di informatica a Yale University. Eppure oggi l'economia giapponese è alla deriva.

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