Caffe' Europa
 
Cinema

Cinema/My name is Joe

Paola Casella

 

 

My name is Joe, diretto da Ken Loach, scritto da Paul Laverty, interpretato da Peter Mullan, Louise Goodall, David McKay e Anne-Marie Kennedy

Ci sono voluti anni perche' Joe Kavanagh (Peter Mullan), disoccupato dei quartieri poveri di Glasgow, smettesse di bere e riuscisse a guardarsi di nuovo in faccia, a ricordarsi che il suo nome e' Joe. Ora Joe ha "quasi trentotto anni e non un beneamato cazzo", ma e' pieno di speranze, crede nella possibilita' di rifarsi una vita e soprattutto nella squadretta di calcio che allena e che raccoglie (o meglio, toglie temporaneamente dalla strada) i ragazzi del quartiere.

Fra questi il piu' indifeso e' Liam (David McKay), ex tossico adolescente senza lavoro e con famiglia a carico: la moglie, Sabine (Anne-Marie Kennedy) ancora dentro l'inferno della droga, e un figlio piccolo di cui i due genitori bambini non sanno come prendersi cura. Ma Joe si rifiuta di abbandonare la famiglia di Liam al suo destino, e nell'intento trova un'anima gemella in Sarah (Louise Goodall), un'assistente sociale altrettanto idealista di lui.

Lo squallore della periferia scozzese, la vita miserabile dei suoi abitanti, la malinconia delle brughiere sembrano mitigati dal senso dello humour dei protagonisti, dal loro affetto reciproco, dal loro coraggio quotidiano. Ma la realta' dipinta da Ken Loach in questo come in tutti i suoi film rimane cruda e spietata e, proprio in quanto documentaristica, priva di un facile happy ending.

Quella di Joe e dei suoi vicini e' una realta' di margine destinata a non passare mai al centro del palcoscenico e il loro destino e' reso (quasi) ineluttabile dalle condizioni socioeconomiche delle quali sono vittime (quasi) consenzienti. Inevitabile, per i protagonisti e per gli spettatori, un senso di frustrazione e di impotenza, che prende voce quando Joe (come l'arrabbiatissimo Loach) dice, semplicemente, "Tutto questo non e' giusto".

 

La scena piu' agghiacciante del film e' quella in cui Joe, fino a quel momento possibilista, si trasforma (per motivi che non spiegheremo per non svelare la trama) in un robot tatcheriano pronto a condannare Liam e la sua famiglia al loro destino di "scuse viventi", liquidandoli (come il governo conservatore) come un male fisiologico.

Peter Mullan, che per la sua interpretazione di Joe ha vinto la Plama d'Oro all'ultimo festival di Cannes, e' straordinario proprio in questa trasformazione, che segue senza soluzione di continuita' il suo precedente ritratto di inguaribile ottimista. Anche gli altri interpreti sono credibili e suscitano simpatia, perfino la madre "snaturata" che, incapace di ricollegare il suo disagio alla situazione globale, continua a ripetersi "sono io il problema".

A Loach il merito di avere scelto facce comuni (i giocatori della squadra di calcio, ad esempio, sono veri disoccupati di Glasgow) e atmosfere prive di retorica per raccontare una storia di disperazione (e speranza) proletaria.

 

Link

Tutto sul film dall'Internet Movie Database

http://us.imdb.com/Title?My+Name+Is+Joe+(1998)


Altre recensioni


 

homeindice sezionearchivio
Copyright Caffe' Europa 1998

Home |Rassegna italiana | Rassegna estera | Editoriale | Attualita' | Dossier | Reset Online | Libri | Cinema | Costume | Posta del cuore | Immagini | Nuovi media | Archivi | A domicilio | Scriveteci | Chi siamo