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Potsdamer Platz: un secolo in piazza

Raffaele Oriani

 

Una galleria di immagini e un articolo sulla piazza dove il 2 ottobre Renzo Piano ha inaugurato il suo ennesimo capolavoro.


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Potsdamer Platz non e' una piazza qualsiasi. Non lo e' negli anni Venti, quando ispira i quadri di Grosz, accoglie ventimila automobili e centomila passanti ogni giorno, e' contornata da hotel di lusso, birrerie leggendarie, grandi magazzini che migliaia di lampadine illuminano a giorno, pubblicita' che invitano a godere fino in fondo del sogno chiamato futuro. A Berlino sono anni di eccessi artistici, etilici, erotici, anni in cui si fa ovunque quello che altrove si osa solo pensare e raccontare ai primi seguaci del dottor Freud.

E Potsdamer incanala e incoraggia questi flussi vitali come un cuore pulsante, con le sue 26 linee tranviarie che si incrociano ad ogni minuto con avvenieristica sincronia. La cronaca impera, la storia non ha ancora fatto la sua fragorosa irruzione, ma gia' Potsdamer merita un superlativo coniato apposta per lei: e' il luogo piu' trafficato d’Europa.

A Berlino i "ruggenti anni Venti" finiscono solo nel ‘33, quando al grande caos succede l’ordine delle camicie brune e anche Potsdamer Platz deve adattarsi a ritmi piu' regolari e a pompare nelle arterie della capitale prussiana umori che vanno via via diventando sempre piu' tossici. Attorno alla piazza va allora prendendo forma quella cupa rete di uffici, gallerie, stanze piu' o meno segrete che oggi a Berlino chiamano "Topographie des Terrors": nel giro di poche centinaia di metri la sede della Gestapo, la Reichskanzlei, il bunker di Hitler, il tribunale speciale, il ministero goebbelsiano della propaganda.

Tutto distrutto dai bombardamenti del ‘45 che radono al suolo i quattro quinti del quartiere attorno a Potsdamer Platz e trasformano la piazza in un vuoto che la vita tornera' ad attraversare solo mezzo secolo dopo.

Finita la guerra a Potsdamer Platz comincia intanto a crescere l’erba. Lo slargo diventa steppa, agli uomini succedono i conigli, dove si incrociavano i tram passa ora il confine, prima il filo spinato poi, dal ‘61, il Muro. Si crea un vuoto e lo si riempie di simboli: la stessa sterpaglia metropolitana per alcuni sara' allora immagine dell’attesa, di una citta' che non si rassegna alla propria mutilazione; per altri invece segno d’oblio, quasi che si pregasse la natura di esorcizzare il peso di una storia che ad ovest non si vuole affrontare e ad est ci si illude di aver confinato dall’altra parte del mondo. Passano gli anni e la ferita aperta diventa immagine che fa il giro del mondo: e' il tempo delle foto al di qua del Muro, delle panoramiche sui grandi murales che animano il serpentone di cemento che qui sembra snodarsi quasi in aperta campagna.

Nell’ottobre del 1989 e' a Potsdamer Platz che si aprono i primi valichi ufficiali di comunicazione tra le due anime della citta'. E quando nel ‘91 il Bundestag vota Berlino nuova capitale della Germania riunificata e' chiaro a tutti che sara' proprio Potsdamer Platz a far la parte del leone nel diluvio di cantieri che si sta riversando sulle rive della Spree.

Berlino si trasforma presto in una citta' in progress e, mentre sul Ku’damm impazza lo struscio consumista e a Prenzlauerberg riprende a battere il cuore bohemien della citta', al Reichstag si lavora per rimettere a nuovo il futuro Parlamento tedesco, a Friedrichstrasse gru e ruspe rianimano l’antico centro sull’Unter der Linden, ad Alexanderplatz si progettano monumentali ristrutturazioni del baricentro orientale.

Ma il clou della trasformazione, il piu' grande cantiere d’Europa e' appunto a Potsdamer Platz. Quattromila addetti, quattromila miliardi di lire, diciannove palazzi, 68.000 metri quadri solo per l’area acquistata dalla Daimler Benz, il colosso di Stoccarda proprietario del marchio Mercedes. E accanto altre gru e altri progetti per la multinazionale nipponica Sony, che qui aprira' la sua nuova sede europea: Daimler Town contro Sony City titola efficacemente "Der Spiegel".

A plasmare le ambizioni di Sony la mano molto criticata del tedesco-canadese Helmut Jahn, a dare forma al gigantismo Daimler il tocco mediterraneo di Renzo Piano che in Germania e' rispettato anche da chi ha piu' di qualche riserva su questo centro che sta nascendo dal nulla della storia.

Si continua a lavorare a Potsdamer Platz e dintorni: la sede Sony sara' pronta fra un anno, nell’adiacente Leipziger Platz le gru non se ne andranno prima di un decennio. Ma lo scorso 2 ottobre Renzo Piano ha inaugurato gran parte della cosiddetta Debis-Zentrale, la serie di palazzi della consociata Daimler-Benz che qui ha voluto far sorgere teatri, alberghi, uffici, passages commerciali, abitazioni e cinema. Soprattutto cinema per fare di Potsdamer Platz la nuova sede della Berlinale, che dal 2000 avra' a disposizione 26 sale, una mediateca e la piu' grande biblioteca cinematografica d’Europa per lanciare in grande stile la sfida a Cannes e Venezia.

Piano ha realizzato il Masterplan della zona e con Christoph Kohlbecker otto dei diciannove edifici dell'area. Accanto a lui star dell'architettura come Richard Rogers, Arata Isozaki (molte riserve sulla sua sede della Berliner Volksbank), Hans Kollhoff, lo spagnolo Jose' Rafael Moneo che ha realizzato il grande hotel "Hyatt". Se nell'area Sony impera la monocultura di Helmut Jahn, i palazzi costruiti per la Daimler seguono quindi una partitura a "tema con variazioni": il gigantismo temperato prende forma nell'interpretazione dei piu' bei nomi dell'architettura internazionale e nella regia di chiara impronta italiana (le stradine, le piazze, la valorizzazione del viale di tigli).

"Ci vogliono cinquecento anni per fare una citta' - ha detto recentemente Renzo Piano - e cinquanta per fare un quartiere. A noi hanno chiesto di costruire una bella fetta di Berlino in cinque anni". Accanto ai mezzi, i progetti, le ambizioni, quindi la fretta, e il pericolo che si nasconde in ogni progetto costretto a partire da zero e a puntare al fatto compiuto: "In un progetto del genere, in cui tutto e' nuovo -afferma sempre Piano- il rischio maggiore e' di fare una cosa perfetta, senza sbavature". E’ un rischio che non basta la bellezza delle imponenti strutture appena inaugurate a fugare del tutto; e' un rischio che ci vorranno decenni per sapere se e' stato superato davvero.

Perche' non saranno le pagine patinate delle riviste d’architettura a decidere se Potsdamer Platz ha vinto la sua scommessa. Come ha scritto "Die Woche" in un lungo elogio della classica misura di Renzo Piano: "Una citta' merita di essere vissuta solo quando la gente vi si muove volentieri; e' la presenza dei passanti il criterio con cui giudicare della qualita' di un luogo. Tutto il resto e' teoria e questione di gusto". Al di la' di lodi e polemiche saranno i milioni di berlinesi a votare ogni giorno pro o contro un progetto che punta a riconquistare a Potsdamer Platz il titolo di "luogo piu' trafficato d’Europa".


 


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