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Editoriale

Usa-Iraq/"Un attacco privo di un senso apprezzabile"

Eric Hobsbawm intervistato da Giancarlo Bosetti

 

Il "secolo breve" comincia con la Prima guerra mondiale, quando l'internazionalismo socialista si squaglia di fronte ai voti in Parlamento dei crediti di guerra. Ora il "secolo breve" e' gia' finito, dall'89, e di fronte a una guerra, seppur minore, come quella mossa a Saddam Hussein dagli americani di un Partito socialista europeo non si trova traccia agli atti. Il governo laburista appoggia l'azione e vi partecipa, gli altri criticano o formulano riserve. Raggiungiamo al telefono lo storico inglese che del "secolo breve" ha il copyright: Eric Hobsbawm. Dalla sua casa di Londra sfodera una vena di realismo e disincanto ("gli interessi nazionali sono piu' forti della divisione tra destra e sinistra"), critica Clinton ("l'attacco e' privo di un senso apprezzabile") e mette in guardia i suoi amici della sinistra europea ("fate attenzione a non finire nelle braccia di Saddam")

C'e' qualcosa di nuovo e di piu' impegnativo nell'alleanza militare tra Stati Uniti e Gran Bretagna in occasione di questo attacco a Saddam Hussein, qualcosa di nuovo rispetto a tutto il dopoguerra.

Il legame e' piu' forte che nelle altre circostanze del passato. Durante la guerra del Vietnam per esempio il governo inglese ha sempre dato la sua solidarieta' piena a quello americano, ma non ha mai mandato truppe. Gli inglesi non hanno mai partecipato direttamente a una guerra puramente americana.

Forze inglesi erano impegnate nell'azione del '91.

Certamente ma quello era un atto collettivo. Allora era in opera una coalizione abbastanza ampia. Questa volta si tratta di una azione militare degli Stati Uniti. Ma la cosa piu' grave e' che questo intervento non ha alcun senso apprezzabile. L'unico scopo che puo' avere e' quello di provare che gli Stati Uniti possono intervenire in qualsiasi posto del mondo quando vogliono. Ma anche da questo punto di vista credo che alla fine risultera' che l'attacco non risponde ad alcuna razionalita'.

Ma potevano gli Stati Uniti subire il rifiuto di Saddam a sottostare ai controlli senza reagire, prima o poi?

Ma anche questa giustificazione e' del tutto priva di razionalita'. Sia chiaro che Saddam e' un mascalzone e che il suo e' un regime di barbarie. Ma L'Irak non rappresenta nessun pericolo per il mondo dal punto di vista militare, perche' non dispone di un vero e serio armamento. Se avesse armamenti capaci di una reale minaccia, ci sarebbe da chiedersi che tipo di vigilanza sia stata esercitata per otto anni.

Il punto e' proprio questo secondo la Casa Bianca: Saddam non accetta controlli perche' prepara armi per la distruzione di massa.

Ma quale distruzione di massa, via. Il regime irakeno punta, si sa, sugli ordigni chimici e biologici, ma quanti ne ha ancora a disposizione dopo la guerra di otto anni fa? L'argomento di Clinton poi non e' che Saddam "dispone" di armi di distruzione di massa ma che "potrebbe preparare" tali armi. Il fatto e' che qualsiasi paese e' in grado di confezionarli. Quello che e' piu' difficile e' la necessaria dotazione missilistica, in quantita' sufficiente a rappresentare una seria minaccia. Se davvero l'Irak avesse oggi questi missili mi chiedo che cosa hanno fatto finora gli ispettori.

Per minacciare i vicini bastano pochi missili. E tirarli per esempio su Israele.

Israele e' in grado di intervenire per tempo e da sola. Qui bisogna fare una distinzione chiara tra la minaccia militare ed il fatto che quello irakeno sia uno dei peggiori regimi del mondo. Quest'ultimo e' evidentemente un problema, ma non e' un argomento sufficiente per giustificare un attacco militare. Non e' legittima una operazione militare volta ad abbattere un regime. E d'altra parte non e' neppure vero che lo si possa abbattere con gli attacchi aerei.

Gli Stati Uniti puntano sull'appoggio dell'opposizione interna a Saddam.

Ma per andare a fondo in questo senso ci vorrebbe una guerra sul terreno, ma gli americani non la faranno.

Il regime hitleriano fu abbattuto con la guerra e sostituito da una democrazia dopo l'occupazione degli Alleati.

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