Scegliendo di raccontare una storia d'emigrazione, nella Torino degli anni a cavallo dei Sessanta, quella dei cartelli con scritto sopra "non si affitta ai meridionali", quelli del confronto con la modernizzazione e soprattutto con le sirene del benessere, Amelio poteva correre il rischio di rifare "Rocco" (accentuando la ricostruzione melodrammatico didattica) oppure di schiacciare la storia dei due fratelli Pietro e Giuseppe sotto il peso di un eccessivo sociologismo (la fabbrica, la scuola, la famiglia). La scelta di farci letteralmente vedere solo sei giorni nell'arco di sette anni, dal 1958 al 1964, di lasciare nel vago, sullo sfondo o nel fuoricampo, le molte forze che hanno interagito nella società italiani in quegli anni, dalla coscienza operaia alle divisioni all'interno della stesse classi oppresse, dal sussistere di comportamenti di clan (per non dire di mafia) alla ricerca di integrazioni e aperture sociali permette al film di raccontare le molte facce di quegli anni e di quelle storie, ma insieme di non cade nella rigidità di una ricostruzione ideologica.