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Cinema

Cinema/"Radio Freccia" e "I colori della vittoria"

Paola Casella

 

 

RADIO FRECCIA, scritto e diretto da Luciano Ligabue, interpretato da Stefano Accorsi, Alessio Modica, Serena Grandi, Francesco Guccini, Vito

Radio Freccia e' gia' tutto contenuto in una delle sue battute iniziali: <<C'e' un momento in cui ti arrendi, poi smette di farti senso>>. Si parla della morte di Ivan Benassi, detto Freccia (Stefano Accorsi), cane sciolto di provincia (quella emiliana dove e' cresciuto Ligabue), ma anche della vita, che non e' come un film, come ripete il matto del paese che evidentemente tanto matto non e'.

Radio Freccia e' la storia di un gruppo di adolescenti "born in the Sixties" che non vogliono crescere perche' crescere significa arrendersi, rassegnarsi ad una vita qualunque, o a un ruolo di macchietta del paese, che fanno ridere solo se speri ancora di non diventare come loro.

Anche la stazione radio del titolo, di quelle primi anni Settanta e quindi "libere veramente", si rifiuta di crescere: e infatti verra' cancellata dalle frequenze un minuto prima di compiere 18 anni, quando ancora ti puoi fidare di lei, perche' non ha ancora dovuto soccombere alle leggi del commercio e del senso comune.

E siccome Radio Freccia e' un film adolescenziale gli si perdona quasi tutto, dalla regia artigianale e piena di narcisistici esperimenti creativi alla sceneggiatura un po' scolastica e tanto gia' vista, fino alla recitazione inesperta degli interpreti, fra cui spicca per commovente credibilita' Enrico Salimberni nei panni di Tito, il capellone che colleziona rifiuti dal mondo (Guccini, ahime', si distingue per laconicita' espressiva).

Le atmosfere invece sono giuste, i dettagli generazionali azzeccati (solo lo stronzetto del gruppo poteva ascoltare i Pink Floyd), la caratterizzazione della vita fuori e dentro il borgo, dove la 180 non ha mai fatto presa, abbastanza attendibile. In platea "passano" l'umidita' della cittadina affogata nella nebbia dei ricordi, il calore del bar, la precaria intimita' fra gli amici, la solitudine di Freccia. Ora dei titoli di coda, ci si accorge di essere stati presi nella rete per quasi due ore, e la sigla finale, cantata da Ligabue, da' la stoccata finale.

 

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