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Caso Barilla/"Spaghetti insanguinati? Il problema è di chi si indigna"

Oliviero Toscani intervistato da Paolo Marcesini

 

 

Toscani, si parla di nuovo del ruolo della pubblicità, decisiva nel dibattito economico e politico, capace di trainare consenso non solo mirato sui consumi ma anche sulle prese di posizione ideologiche. L'occasione è data dalla Barilla che, come abbiamo raccontato ieri in esclusiva, ha rotto il contratto con l'agenzia pubblicitaria che aveva prodotto, per conto di un'azienda turca, l'ormai famoso spot antitaliano con le gocce di sangue che cadono su un piatto di spaghetti al grido di "Tieni pulita la tua pasta". Lei cosa ne pensa?

Lo dico subito, per fortuna qualche volta la pubblicità fa male. Non bisogna avere paura di un messaggio forte, non è vero che qualsiasi stonatura al nostro buon senso deve essere per forza negativa, e non è nemmeno vero che i messaggi negativi devono necessariamente essere evitati. I giornali ormai raccontano solo false belle notizie, ma una notizia non può essere sempre falsamente bella, talvolta deve essere anche realmente brutta. Lo stesso accade alle "notizie" della pubblicità.

Beh, questa volta la pubblicità è andata oltre la semplice notizia...

Gli spaghetti conditi al sangue non sono brutti, non sono violenti, non sono nemmeno offensivi. Siamo noi che li vediamo così, è un problema nostro. La Barilla ha reagito in modo violento solo perché, conti alla mano, pensava di vendere meno pasta, non lo ha fatto per ragioni etiche, si tratta solo di volgare economia. Aveva ed ha paura di perdere. Avrebbe fatto lo stesso con i quadri di Goya e Michelangelo, perché anche nella letteratura, nella musica e nell'arte ci sono messaggi che la Barilla non considera politicamente corretti. Loro non credono nell'arte e fanno male, per fortuna è un loro problema. D'altronde i messaggi forti, veri, quelli capaci di colpire allo stomaco danno sempre fastidio. E' sempre successo. Ho dedicato un numero di Colors al cuore, volevo venderlo come gadget a una ditta specializzata nella produzione e vendita di cioccolatini amorosi. Mi hanno risposto che secondo loro c'era troppo sangue. Gli ho risposto che il cuore ha un unico compito, quello di pompare sangue dal primo giorno di vita sino alla morte, negarlo o nasconderlo è inutile. Per la pubblicità è persino dannoso.

Insomma il suo giudizio sulla decisione della Barilla è puramente estetico, non lo hanno fatto per salvaguardare la loro immagine e quella dell'Italia, ma solo per ragioni di bottega.

Lo spot incriminato non era offensivo, al massimo era una prova di forza, di coraggio. Personalmente avrei reagito in maniera diversa. E' una questione di stile, me ne rendo conto, non mi interessa mai il messaggio scritto, il suo contenuto esplicito, guardo sempre alla forma, alla sostanza. Non voglio sapere la trama. Quella goccia di sangue era interessante, una cosa seria, raccontava un disagio vero. La preferisco alle campagne con testimonial eccellenti, sportivi mercenari che vincono gare, fanno gli attori e girano spot. Li guardo e mi chiedo dov'è la verità, qual è il messaggio?

Il riferimento ad Alberto Tomba è chiaro, anche lui un testimonial della Barilla. Sembra quasi una questione personale la sua.

E' vero, mi riferisco alla Barilla, ma anche alla Nike che vuole colonizzare il mondo e rendere tutte le etnie schiave del gusto americano, oppure alla Fiat che spende centinaia di miliardi per comunicare il nulla. La pubblicità, per definizione è una colonizzatrice culturale. Occorre saperlo e diminuire il suo potere, se si può. Sono entrato spesso in polemica con la Barilla. Loro dicono, noi siamo un'azienda seria, non vogliamo fare pubblicità stupida. Probabilmente ritengono che la Benetton sia un'azienda poco seria e che le mie campagne non siano abbastanza intelligenti. In realtà loro sono solo molto forti economicamente, in grado di fare forti investimenti, vogliono modellare il gusto del mondo e renderlo compatibile con il loro. Tutto ciò che è diverso, disturba. Pensano che la pubblicità debba essere ripetitiva, capace cioè di ossessionare il cliente, non credono alla forza della memoria, alle possibilità cognitive ed evocative del cervello umano.

Toscani, quanto conta la pubblicità nel mondo?

E' presto detto. La pubblicità spende 420 miliardi di dollari l'anno. Con questi soldi potrebbe coprire per tre volte il fabbisogno economico del terzo mondo. E la produzione crea agonia, i grandi conflitti sociali. La pubblicità serve a pompare i consumi, è la voce della produzione, genera cultura e mancanza di cultura, può portare alla guerra, ristabilire la pace.

La pubblicità all'origine di un conflitto?

La cosa in sé non deve sorprendere, le guerre nascono sempre per problemi legati alla produzione, quindi alla pubblicità. Non ci rendiamo conto della sua importanza, spesso è un linguaggio lasciato in mano a degli incompetenti, una lingua importante parlata da balbuzienti. Eppure è sempre stato così, un tempo non c'era la produzione industriale ma c'era la comunicazione del potere. Michelangelo e Leonardo erano pubblicitari, il mecenatismo era sinonimo di controllo, i fedeli arrivavano in chiesa e si inginocchiavano di fronte a dei cristi crocifissi, era la loro televisione, prima di allora non avevano mai visto delle immagini. Adesso la pubblicità è il più grande mezzo di persuasione politica, e il mezzo è il messaggio.

Insomma, hanno ragione i pubblicitari turchi?

Dico solo che voglio vedere anche il punto di vista di qualcuno che forse non ha ragione, ne ho diritto, ne ha diritto lui. Forse cambierò idea, forse no, ma serve alla mia crescita culturale e, perché non dirlo, alla democrazia. Scandalizzarsi, offendersi e censurare non serve a nulla. L'ipocrisia da sempre è nemica della comunicazione.


 

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