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La nostra gente/Astuzia da chirurgo (pagina 3)

Niccolò Ammaniti

"Che abbiamo oggi?" domandò mentre l'infermiera gli allacciava il grembiule e la mascherina.

"E' una modella famosa. Forse la conosce, Tiffany. Dobbiamo aumentarle il seno. Vuole una quattro."

La modella giaceva nuda e anestetizzata sul tavolo operatorio. Era lunga, bianca e magra. Sembrava morta. Aveva poco seno in effetti, ma era bella così. Con la quarta sarebbe sembrata uno strano animale. Una dea anoressica con davanti due palloni da calcio. Chissà perché vuole farlo? Non si rispose. Aveva ben altri cazzi per la testa quella mattina.

L'intervento incominciò nel peggiore dei modi. Gli tremava la mano. Incise un lungo taglio sotto il seno sinistro e incominciò a scavare sotto la ghiandola. Perse il controllo e sbatté con la punta contro una costola. Sudava e il sudore gli finiva sugli occhi accecandolo. "Infermiera mi asciughi la fronte!"

"Non è troppo larga l'incisione? Si vedrà la cicatrice..." domando il primo assistente.

"No, no... E' meglio così. La protesi è grande" bofonchiò.

Ad un tratto alzò lo sguardo verso l'équipe. Li guardò in faccia uno per uno. Lo sanno... Ne ebbe la certezza matematica. Sapevano tutto di lui. E la cosa che più gli fece male fu capire che avevano paura. Paura che potesse fare del male alla donna. Riprese a lavorare stringendo i denti e desiderano come mai aveva desiderato nella sua vita un'altra striscia. Che cosa avrebbe dato...

Ad un tratto entrò un'infermiera, gli si avvicinò e gli disse in un orecchio:

"Professore, ci sono due persone che le vogliono parlare." " Ora? Ma non vede che 'sto operando. Chi sono?"

"Poliziotti... Dicono che è molto urgente... "

"Dica che ora non posso... Gli dica di aspettare, cazzo..."

L'infermiere uscì. Eccoci. Il momento era finalmente arrivato. Il chirurgo si rese conto di quanto lo aspettava quel momento. Era tutto finito. Finalmente. Ora ci sarebbe stata solo una bella comunità dove disintossicarsi e intrecciare canestri. Che bello! Di fronte all'inevitabile è meglio disporsi bene, diceva suo padre. Sacre parole. Una vocina antipatica però gli sussurrava: Bello, dove credi di andare? Guarda che addosso hai tanta coca che come minimo ti prendi dieci anni. E' spaccio internazionale. Ti chiudono al gabbio.

"Professore che le succede? Si sente male!?"

La voce dell'assistente lo risvegliò.

"Scusatemi... mi passi la pinza numero 5" balbettò.

Gliela diedero e cominciò, trattenendo a stento le lacrime, a rimuovere il tessuto connettivo. Forza stronzo, fatti venire un'idea. Forza. Sforzati.

E l'idea venne. Il cervello glassato di coca del chirurgo la cacciò fuori così, spontaneamente, quasi che la fatina buona dei tossici gliela avesse sussurrata.

Fece un bel respiro e chiese all'assistente di prendere del filo che si trovava nell'altra sala operatoria, allo strumentista disse di controllare se l'apparecchio della pressione sanguigna funzionasse bene e mandò l'infermiera a prendere la cartella clinica della paziente. E ci fu un attimo, un istante che fu solo. Lui e la modella. Rapidamente (si stupì a lungo della freddezza e della precisione che s'impossessò di lui in quel momento) prese la protesi sterile di silicone e se la cacciò nella tasca sinistra del camice, intanto, da quella destra, tirò fuori la busta di coca e la infilò dentro la tetta della modella.

Un gioco da ragazzi.

L'operazione proseguì rapida, senza complicazioni. Incise l'altro seno, infilò l'altra protesi (quella vera) e suturò entrambe con mano ferma. Tutta l'équipe si meravigliò. Che cosa gli era preso? Si chiedevano. Si era risvegliato...

"Bene! Abbiamo finito. Riportatela in camera. " disse il chirurgo e poi: " E ora andiamo a vedere che vogliono da me questi signori."

La polizia lo stava aspettando.

Tre giorni dopo su "la Repubblica":

L'hanno rapita, drogata, operata e abbandonata a Villa Borghese

Rubata alla modella Tiffany una protesi mammaria.

Roma- Una storia incredibile è successa ieri notte alla famosa modella Tiffany....


La nostra gente

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