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La questione animale (pagina 3)

intervista a Paola Cavalieri di Clementina Casula


Peter Singer sostiene che è "moralmente uguale" togliere la vita ad un bambino con seri danni al cervello e toglierla ad un cane o ad un maiale con un livello mentale equivalente (Singer, In Defence of Animals ).
Non crede che, anche una volta accettato il principio di eguale considerazione degli interessi di tutti gli animali, l'etica umana rimanga tuttavia orientata da una scala di valori che determinano il grado delle nostre obbligazioni morali, dando la priorità agli esseri umani? Così la nostra obbligazione nei confronti di un essere umano, seppure nato con una forte menomazione al cervello, sarà più forte di quella che abbiamo nei confronti di un gorilla imprigionato con un QI nettamente superiore.

Sono d'accordo con Singer. Quello che lei fa entrare in gioco è un appello a ragioni dipendenti dall'agente: l'idea, cioè, che esseri simili dal punto di vista morale possano essere trattati diversamente sulla base del rapporto che hanno con chi agisce. Ma questo è un argomento pericoloso.

Che direbbe se qualcuno affermasse che, anche una volta accettato il principio di eguale considerazione degli interessi di tutti gli umani, l'etica dei bianchi può rimanere orientata da una scala di valori che determinano il grado delle nostre obbligazioni morali dando la priorità a membri della razza bianca? Mi pare che un piccolo esperimento mentale come questo sia sufficiente a dimostrare che l'eguale considerazione va presa sul serio.

Paradossalmente sono state proprio le pratiche di sperimentazione sugli animali, determinanti nel progresso scientifico per combattere molte malattie, che ci hanno rivelato la somiglianza del nostro corpo con quello di alcuni animali. Lei è per un abolizione totale della sperimentazione sugli animali, o per una regolamentazione delle pratiche in laboratorio (che escluda, ad esempio, i Grandi Primati)?

Anche la sperimentazione invasiva su esseri umani può contribuire a sconfiggere delle malattie. Ma ovviamente il problema non è questo, ma piuttosto: è lecito o no infliggere danni fondamentali ad alcuni individui perche' altri possano trarne beneficio? Nel caso degli esseri umani la nostra risposta è negativa.

Nessuno di noi, pensiamo, può essere ridotto a semplice mezzo per i fini altrui. Ebbene, una volta che si abbandoni il pregiudizio a favore della nostra specie, è evidente che lo stesso vale per gli animali non-umani. Se le caratteristiche psicologiche sono simili -e, come abbiamo visto considerando il caso dell'umano mentalmente menomato, non esiste alcuna capacità eticamente rilevante che possa distinguere tutti gli umani da tutti i non-umani- il trattamento etico deve essere analogo. Questo vuol dire che la ricerca condotta su esseri non-umani deve essere praticata alle medesime condizioni, e in base ai medesimi principi etici, universalmente accettati nel caso della ricerca su esseri umani.

Ritiene che diventare vegetariani sia un passo inevitabile per chi sostiene le tesi animaliste?

Il fatto di mangiare carne è solo il momento finale della pratica sociale dell'allevamento per cibo. Se quanto ho argomentato finora è corretto, tale pratica è moralmente indifendibile, in quanto costituisce una forma di sfruttamento istituzionalizzato di individui meritevoli di seria protezione etica. Il vegetarianesimo a livello personale non è altro che il riconoscimento di questo semplice dato.


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