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Walser/"E ora lasciateci ricordare" (pagina 3)

Martin Walser intervistato da Raffaele Oriani

Eppure ogni nazione ricorda il proprio passato in forme pubbliche e ritualizzate.

Vede, ogni sollecitazione pubblica ha diretta influenza sulla coscienza degli appartenenti ad una comunità. Ma se la coscienza è esposta alla storia e alla vergogna deve poter reagire liberamente, non può limitarsi ad una pura reazione coatta decisa a priori da un tribunale. La scuola ad esempio deve offrire il materiale, la storia, le informazioni, i valori di riferimento, ma poi il ragazzo deve essere libero di reagire, fosse pure per diventare un essere asociale o un estremista di destra.

Nel discorso all'origine di tutte le polemiche in corso ormai da due mesi io cito un brano dal "Principe di Homburg" di Kleist, il passo in cui il sovrano elargisce la grazia proprio in nome della libertà di coscienza: wenn er den Spruch fuer ungerecht kann halten, kassier ich den Artikel: er ist frei (se Homburg davvero ritiene ingiusto il verdetto, annullo la sentenza ed egli è libero). Ecco, così libera e così importante deve essere la coscienza.

Eppure si può dire che in questi cinquant'anni il discorso pubblico tedesco abbia funzionato, che insomma si siano raggiunti risultati apprezzabili. Non è rischioso cambiare improvvisamente rotta e demandare tutto al privato?

Io non parlo di privato, che è un termine di lusso, parlo di coscienza personale. Un tedesco deve essere libero di pensare il proprio passato, di cercare da sé le vie della memoria. Certo, è un rischio, ma bisogna nutrire una profonda sfiducia nel genere umano per pensare che porterà solo del male. Io penso che la cosa peggiore sia l'ipocrisia, la routine spacciata per intensità, e la partecipazione popolare a questa discussione dimostra che non se ne può più di questa retorica, di questa strettoia in cui i tedeschi sono da anni costretti ad incanalare le proprie emozioni.

Sul passato tedesco cosa le dice la sua coscienza che i discorsi pubblici non riescono a dire?

Ho letto troppo Hegel e troppo Kierkegaard per non sapere che la coscienza è prima di tutto solitudine e che la sua voce non va sprecata con una battuta. Ho appena scritto un romanzo di quattrocento pagine ("Ein springender Brunnen", Suhrkamp Verlag, ndr): lì troverà qualcosa., tanto più che ognuna delle tre parti del romanzo inizia con un capitolo intitolato Vergangenheit als Gegenwart (passato come presente, ndr).

Quanto alla coscienza dei tedeschi, una cosa è certa: è giusto informare, lo stato deve preoccuparsi che le sue scuole e le sue università mantengano viva la conoscenza sul nazismo e sull'Olocausto; ma poi si deve rischiare, si deve lasciare al singolo e alla sua coscienza il giudizio e la reazione rispetto a quanto è successo. Oggi come ieri un bambino tedesco quando viene a sapere di Auschwitz si spaventa. E si spaventerà anche fra duecent'anni. Ma forse fra duecent'anni nessuno pretenderà da lui che si spaventi. Questa è la differenza.

Come hanno reagito i nuovi governanti alle sue provocazioni?

Soprattutto il nuovo ministro della Cultura Michael Naumann con molta simpatia. Comunque in genere i componenti del nuovo governo sono meno pervasi della retorica della memoria, mi sembra che abbiano un approccio più libero, forse semplicemente più realista al problema.

Un'ultima domanda: da due mesi lei polemizza pubblicamente con Ignatz Bubis. Non è sgradevole l'idea di un tedesco che sfida un ebreo sul terreno dell'Olocausto?

Sì, ma credo fosse necessario e che questa discussione non resterà senza frutti positivi.

 


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