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Muhammad Yunus, Il banchiere dei poveri (pagina 2)

Stefano Caviglia

 

Così, in spregio a tutte le regole del mondo bancario di ogni tempo e latitudine, Yunus riesce a convincere una banca della sua regione ad aprire una linea di crediti minuscoli (i più alti superavano a malapena i venti dollari), riservati quasi esclusivamente alle donne, senza alcuna richiesta di garanzia e senza neppure la necessità di riempire un modulo (del resto, a che sarebbe servito? La maggior parte dei clienti era analfabeta). Il risultato è stato entusiasmante. Gli ultimi della terra a cui Grameen (che significa "rurale") concedeva un’opportunità, non solo mettevano in piedi attività redditizie della più diversa natura (dalla vendita di focacce alla fabbricazione di sgabelli in bambù, alla coltivazione di riso) che consentivano loro di sfuggire alla miseria e agli usurai, ma rimborsavano puntualmente i prestiti. Molto più di quanto facessero i clienti "normali" delle banche tradizionali.

Il motivo di questo comportamento è estremamente semplice secondo Yunus, che provò a spiegarlo così ad uno sbalordito direttore di banca, quando espose per la prima volta il suo progetto: "I più poveri dei poveri lavorano dodici ore al giorno; per guadagnarsi da mangiare devono vendere i loro prodotti. Non c’è ragione perché non vi rimborsino, soprattutto se vogliono avere un altro prestito che consenta loro di resistere un giorno di più. E’ la miglior garanzia che possiate mai avere: la loro vita!"

Insomma proprio la disperazione e la mancanza di alternative farebbero di un povero un creditore affidabile, assai più di un creditore comune. "Chi sta bene – argomenta il professore - non teme la legge e sa come manipolarla a proprio vantaggio". Il ragionamento è meno paradossale di quello che sembra se è vero, come spiega lo stesso Yunus, che nel suo paese ci sono banche la cui percentuale di recupero dei crediti non supera il 10 per cento e che la moratoria dei prestiti non rimborsati diventa regolarmente il più sicuro dei cavalli di battaglia in ogni campagna elettorale.

E’ facile immaginare quante resistenza abbia incontrato in una società tradizionalista come quella del Bangladesh questa iniziativa, che presupponeva, tra l’altro, l’emancipazione delle donne. Anzi, questo forse è l’aspetto più incredibile di tutta la storia. La filosofia del microcredito, infatti, imponeva di andare a cercare proprio gli ultimi, quelli che non avevano più speranza. E nella società del Bangladesh, così come in molti altri paesi asiatici o africani, non c’è nessuno che stia peggio di una vedova o di una donna abbandonata o semplicemente maltrattata dal marito. Ragion per cui, Yunus e i suoi sono andati in lungo e in largo per il Bangladesh, un paese musulmano molto tradizionalista in cui la separazione fra i sessi nella vita sociale è rigidamente osservata, cercando di convincere giovani donne terrorizzate ad accettare un prestito che avrebbero dovuto rimborsare a piccole rate ogni settimana. Inutile dire che le autorità religiose di ogni villaggio hanno cercato in tutti i modi di scoraggiare sia la banca che le sue possibili clienti. Eppure alla fine sono riusciti a spuntarla.

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