Business Week, 14-21 dicembre 1998 E.B.
Ken Chenault: l'ascesa di una stella. Chenault e' un quarantasettenne
afroamericano, ai tempi dell'universita' un attivista della causa della
minoranza di colore. Oggi, come numero due dell'American Express, e' uno
dei manager di punta degli Stati Uniti, e presto potrebbe aspirare ad un
posto ancora piu' prestigioso. Il 27 ottobre, e' stato eletto nel consiglio
di amministrazione della Ibm. E' il simbolo degli afroamericani che "ce
l'hanno fatta". E anche grazie a lui l'American Express, colosso malato
all'inizio degli anni '90, e' ora una compagnia solida, splendidamente
quotata in Borsa. Di lui, dicono che e' un pragmatico, un decisionista
preparatissimo. Ma anche un uomo alla mano, leale e dai metodi trasparenti.
E' vero che l'AmEx da tempo ha portato avanti una politica di apertura
razziale nelle assunzioni, ad ogni livello. Ma Chenault vuole passare alla
storia come il miglior dirigente, non come il miglior dirigente
afroamericano. D'altronde, la sua carriera e' costruita sui meriti, senza
nemmeno l'ombra di un avanzamento "per quota". Anzi, c'e' da chiedersi se
il colore della sua pelle non abbia invece reso la sua scalata piu'
difficile. Ken ha preso tutto dal padre, un dentista dell'Ohio, un
self-made man la cui filosofia era: "Concentrati solo sulle cose che puoi
controllare: sulle tue competenze". Il figlio era gia' un leader al liceo,
poi all'universita', dove fece politica, anche scontrandosi con i
radicalisti neri.
Il Messico si trasforma. L'economia del paese centramericano sta vivendo
un'incredibile mutazione, a cinque anni dall'inaugurazione del Nafta, la
zona di libero scambio con Usa e Canada. Sta diventando una potenza
industriale. Da assemblatore di beni a basso tasso tecnologico, il Messico
e' diventato un esportatore di prodotti sofisticati, dall'automobile ai
computer. Dal 1993, le esportazioni sono raddoppiate, e per il 90 per cento
sono prodotti dell'industria di trasformazione. Il petrolio, prima il 22
per cento, ora conta per il 7 per cento dell'export. E migliaia di posti di
lavoro tornano nell'emisfero occidentale. Prima l'Ibm fabbricava componenti
a Singapore, oggi lo fa a Guadalajara. Gli investitori stranieri invadono
il Messico, dalla Samsung alla Daimler alla DuPont.
Beninteso, i problemi sono ancora molti e grandi. La disoccupazione e'
altissima, il lavoro nero assai diffuso. Anche a causa della tremenda
recessione del '95. Ma sta crescendo una nuova classe medio alta. Il
simbolo del boom messicano e' l'industria dell'automobile. Ormai e'
integrata con quella Usa. 500mila messicani lavorano nel settore, fornendo
componenti per otto delle piu' grandi compagnie del mondo. Tutto merito del
Nafta, che ha protetto il paese dall'ultima crisi globale e aperto le porte
del commercio con gli Stati Uniti. Oggi anche gli esponenti della sinistra
ammettono che l'accordo e' stato un toccasana. Il piu' grande problema, ora
piu' che mai in evidenza, e' il disastroso stato dell'istruzione. Presto
mancheranno lavoratori specializzati e aggiornati per le nuove industrie.
Qual e' il vero George Soros? Nel suo ultimo libro, il piu' grande
finanziere del mondo sostiene tesi contrastanti, con uno stile brillante e
avvincente. "La societa' aperta in pericolo" sin dal titolo annuncia
catastrofi imminenti: la crisi del Sud Est e' il segno di una depressione
imminente, che portera' le democrazie a un passo dal disfacimento. In buona
parte per colpa dei governi, di una politica incapace di reagire e di avere
coraggio. La politica, per Soros, ha innestato un pericoloso pilota
automatico nella gestione dell'economia. Le recenti crisi, come le guerre
in Rwanda e Bosnia, potevano essere evitate. Pero' a parlare e' Soros,
cioe' colui che ha costruito le sue immense fortune sulle speculazioni
internazionali (ricordate la svalutazione della Sterlina nel '92?).
Inoltre, c'e' il Soros statista economico, con le sue ricette monetarie.
Infine, c'e' il Soros filantropo, che finanzia le sue fondazioni in tutto
il mondo. Decisamente, e' difficile capirlo.
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