The Economist, 5-12 dicembre 1998 E.B.
Chi comanda in Germania? Schroeder, sostiene l'articolo di copertina di
questa settimana, ha fatto una delle peggiori partenze che si siano viste
in Europa dalla seconda guerra mondiale ad oggi. E'stato messo all'angolo
dal suo partito, i socialdemocratici, ed e' stato messo in imbarazzo dagli
alleati, i Verdi. I sindacati gli hanno voltato le spalle e gli
imprenditori sono scontenti. Non ha impressionato gli alleati, Francia,
Gran Bretagna e Stati Uniti. E nei corridoi di Bruxelles ci si chiede
appunto: chi ha in mano la Germania? Per oggi la risposta e': nessuno.
Sulle tasse non ci si capisce piu' niente: una settimana si dice che la
tassa sull'energia non sara' caricata troppo, quella successiva si parla
delle tasse sui lavori bassi, quella dopo ancora di riforma delle pensioni,
di abbassamento dell'eta' pensionabile, e cosi' via.
E l'economia tedesca e' in discesa, e scende al piu' due per cento del Pil
per l'anno prossimo. La disoccupazione e' enorme, i costi del lavoro alti,
gli investimenti stranieri languono e all'Est e' ancora crisi. Lafontaine,
al contrario di Schroeder, sa dove vuole andare, ma il problema e' che
vuole andare nella direzione sbagliata. Questa "confusione introspettiva"
tedesca non spaventa gli americani. I rapporti tra i due paesi sono piu'
saldi che mai, anche per le recenti fusioni tra gruppi industriali. Ma i
buoni rapporti tra Kohl e Clinton saranno difficili da replicare. Gli Stati
Uniti cercano una continuita' che non puo' esserci. Basti pensare
all'irritazione che hanno provocato a Washington le parole di Fischer
sull'abolizione dell'opzione nucleare da parte della Nato.
Filantropia all'americana. In un articolo si parla della tradizione
statunitense delle donazioni da parte dei grandi tycoon. John D.
Rockefeller e' ricordato per due cose: il suo stile rapace negli affari e
la reinvenzione della filantropia. Molti dei piu' grandi ospedali, chiese e
scuole del paese sono stati costruiti dai baroni dell'industria. Ora in
molti sperano che la nuova ondata di miliardari rinnovi questa usanza. Bill
e Melinda Gates hanno appena donato cento milioni di dollari per spedizioni
piu' veloci dei vaccini per i bambini del Terzo Mondo. Anche Gates sembra
avere quello stile aggressivo del grande Rockefeller, e non a caso e' sotto
inchiesta a Washington.
Comunque, Gates ha da tempo annunciato che dara' via il 95 per cento della
sua fortuna. La sua mossa piu' apprezzata, tuttavia, e' il programma (non
certo disinteressato) per inserire i computer nelle biblioteche. L'idea di
Bill sui vaccini comunque e' encomiabile: alcuni vaccini impiegano 15 anni
per arrivare a destinazione. Il problema sono i prezzi. Le case
farmaceutiche statunitensi non sono propense a vendere medicinali a basso
prezzo. Qui ci vuole un accordo tra le industrie, l'Onu e i governi
nazionali. Gates spende cinque ore a settimana per la filantropia, e la
medicina e' il suo secondo interesse dopo l'informatica. Ora sta studiando
il business della tecnologia applicata alle cure mediche. Il suo cervello
curioso e competitivo e' all'opera.
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