Dentro gli accordi di Wye Plantation. Time dedica la copertina e un lungo
reportage agli otto giorni che potrebbero portare la pace in Medio Oriente.
Dalle lentezze dei primi giorni, alla crisi della quarta notte, con Clinton
e Arafat sul punto di abbandonare per le resistenze di Netanyahu, e le
notizie degli attentati in Cisgiordania. Fino all'"ora o mai piu'"
pronunciato da Clinton e alla stretta di mano finale alla Casa Bianca.
Un articolo e' dedicato al nuovo e inedito ruolo della Cia nella regione
piu' calda del pianeta. Un ruolo giocato per la prima volta a viso aperto,
dopo decenni di lavorio nell'ombra. Il direttore George Tenet e' stato un
personaggio chiave nell'accordo, e ha buoni rapporti con Arafat. E' dal
1996, comunque, che la Cia aiuta le due parti a parlarsi, negli uffici di
Tel Aviv e in quelli nuovi di Gaza, Jerico, Hebron, Ramallah e Nablus. Il
compito non e' facile: supervisionare il passaggio dei territori da Israele
a Palestina, e aiutare entrambi a smantellare le basi del terrorismo. E'
facile prevedere che gli agenti Usa diverranno l'obiettivo piu' importante
per Hamas. Dopo i fallimenti in Iraq e India, l'intelligence spera di
riconquistare prestigio, seppure al prezzo di una dolorosa visibilita'.
"Un apparatchik per l'Italia". Ovvero, Massimo D'Alema. Cosi' lo definisce
il corrispondente da Roma, che inizia ricordando le colonie estive del
politico in erba nell'allora Unione Sovietica. Tattico navigato, sarcastico
e disciplinato, D'Alema ha sempre sostenuto la via elettorale per diventare
primo ministro. Ma la crisi del governo Prodi gli ha aperto la via a
Palazzo Chigi. Il risultato e' una coalizione di governo eterogenea, come
ai vecchi tempi, e sara' difficile tenerla insieme. L'Udr potrebbe presto
alzare il prezzo del suo sostegno.
L'Asia dei litiganti. Un tempo i leader dei paesi membri dell'Asean
rispettavano una rigorosa politica di non interferenza. Non una parola sui
problemi dei vicini, e guai alle offese. Oggi, in tempi di crisi, tutto
questo e' cambiato, e i capi di stato si combattono a colpi di critiche e
accuse. E i vecchi malumori ritornano a galla. Filippine e Malesia sono ai
ferri corti, l'arresto del vice premier malese Anwar non e' piaciuto a
Estrada. Malesia e Singapore si detestano. La prima accusa la seconda di
sfruttare le difficolta' della moneta, la seconda non risparmia critiche
alla prima. L'Indonesia e' risentita con Singapore per non essere stata
aiutata, Singapore accusa Jakarta di non aver saputo controllare gli
incendi. E cosi' via. Il problema e' che la crisi richiederebbe piuttosto
la collaborazione tra i paesi. Tra il silenzio diplomatico e le scaramucce,
la giusta via di mezzo sarebbe un dialogo franco.
Chi e' Bill Gates? L'innovatore brillante che ha portato le meraviglie
dell'era informatica a milioni di utenti, o il capitalista rapace che usa
il suo monopolio per schiacciare i concorrenti? Sono i due ritratti che
stanno dinanzi alla corte che dovra' giudicare sulla causa del secolo:
governo Usa contro Microsoft. L'idea che si fara' di Gates contera' piu'
della visione delle funzioni dell'antitrust che la guida. L'avvocato
dell'accusa, David Boies, sta cercando di fare di Gates il Grande Fratello
del cyberspazio.
D'altronde, l'accoppiata Gates-Satana ha invaso la Rete, con centinaia di
siti che dipingono la Microsoft come opera del diavolo. A questo clima si
oppongono gli avvocati di Gates. Ma la corte non molla la preda: tra
qualche settimana verra' proiettata una parte della deposizione in video
dell'uomo piu' ricco del mondo: otto ore di risposte. In realta' la partita
si gioca su una serie di testimonianze sugli incontri tra dirigenti
Microsoft e Netscape, e su alcune e-mail in cui Gates mostrerebbe
l'intenzione di cannibalizzare il concorrente. Il tutto, pero', dovrebbe
concludersi in otto settimane al massimo. Molto meno dei 13 anni del
processo contro la Ibm.