Caffe' Europa
 
Rassegna Internazionale



Newsweek, 2-9 novembre 1998

E.B.

 

Le citta' dell'high-tech. Non c'e' solo la Silicon Valley a dominare il mondo delle alte tecnologie. Altri luoghi le stanno facendo una concorrenza sempre piu' decisa. A cominciare dagli Stati Uniti. Basta pensare ad Austin, nel Texas, o a Salt Lake City, Utah, dove ci sono piu' societa' high-tech che fast food. Per non menzionare Boston e, naturalmente, Seattle, patria della Microsoft, ma anche di Amazon. All'estero, mettere in piedi almeno una citta' all'avanguardia, economicamente e' diventato "un fatto di sicurezza nazionale". L'Inghilterra punta su Cambridge, l'Irlanda su Dublino, Helsinki e' in piena crescita. Bangalore in India e' abitata da migliaia di programmatori.

Quali sono gli elementi necessari a una tech-city? Prima di tutto una grossa istituzione di ricerca, come Stanford in California. Poi ci vuole almeno una storia imprenditoriale di enorme successo, che trascini le piccole imprese e stimoli gli imitatori. Poi una zona ricca di talenti, soldi che girano, buone infrastrutture e il giusto atteggiamento. Quest'ultimo, in particolare, ha fatto il successo della Silicon Valley: un misto tra il giocatore d'azzardo pronto a rischiare tutto in una nuova idea, e l'hacker idealista moderatamente sovversivo. Il risultato e' un clima intellettuale in cui "sei un fallito se non cerchi di diventare un miliardario".

La guerra degli antiabortisti. Negli Stati Uniti gli assalti alle cliniche, gli attentati ai medici, le telefonate di minaccia sono all'ordine del giorno. Fuori dei centri medici che praticano l'interruzione di gravidanza c'e' sempre un poliziotto di guardia. Dal 1993 sette medici sono stati uccisi, e gli episodi di violenza non si contano piu'. L'ultima moda sono le lettere di minaccia e i colpi di fucile diretti nelle case dei dottori abortisti. Non esiste pero' una rete organizzata a livello nazionale. Il risultato comunque e' un'accresciuta impopolarita' degli antiabortisti estremisti. I moderati, invece, vogliono il dialogo.

La rivoluzione delle vacche. Con un dono di 501 capi di bestiame ai cugini del Nord, il fondatore della Hunday, la piu' grande compagnia sudcoreana, voleva ripagare un vecchio debito. In risposta, il leader di Pyongyang, Kim Jong Il, ha ringraziato e ha deciso di aprire una nuova stagione di dialogo tra i due paesi, divisi dal trentottesimo parallelo fin dal 1953. L'apertura del Nord e' tutta sul versante economico, con joint ventures, scambi commerciali e addirittura il progetto di un oleodotto. Dopo anni di depressione, la Costituzione e' stata modificata per facilitare gli investimenti stranieri. Che Kim Jong Il voglia seguire l'esempio cinese?

Tornando a Seoul, la grande crisi sembra passata. Un articolo elenca i meriti della politica di austerita' del nuovo presidente Kim Dae Jung. La sua cura di ferro, del resto imposta dal Fmi in cambio dei prestiti, sta aprendo il mercato sudcoreano agli investimenti esteri come mai era accaduto. E le societa' per la prima volta aprono i libri contabili al pubblico. Il tempo delle grandi "chaebol", come la Hunday, che facevano il bello e il cattivo tempo, e' passato. Ora i controlli sono stretti per tutti, e le banche non concedono piu' prestiti in bianco. Dall'anno prossimo, l'economia tornera' a crescere, grazie ai buoni "fondamentali" della Corea del Sud: grandi infrastrutture, forza lavoro istruita e mercato aperto. Seoul e' abituata a rinascere dalle ceneri: lo fece dopo le devastazioni della guerra del '50-'53, dopo la grande crisi del 1960.

Il giovane Fidel. Un libro di fotografie di Osvaldo e Roberto Salas e' in uscita negli Stati Uniti. Ritraggono Castro negli anni migliori della sua vita, "quando non era ancora diventato una reliquia della guerra fredda". Immagini che testimoniano della sua attrazione per l'America. Eccolo dunque, sbarbato e in doppiopetto, passeggiare per il Central Park, un anno prima della rivoluzione. E poi, ancora giovane, con il Che, con Hemingway, all'Onu. "L'idealismo della sua rivoluzione ha ceduto il passo al cinico spirito di sopravvivenza. Forse e' per questo che queste immagini sembrano cosi' sorprendenti: ci ricordano di un tempo in cui il mito era ancora un uomo - e Cuba era ancora viva, e piena di possibilita'".


 

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