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Trappola nel CyberSpazio (seconda parte)

Roberto Di Cosmo

 


Prima Parte

Ora, che cosa può succedere di peggio se non ci svegliamo dal nostro sonno profondo e ci lasciamo spingere nelle trappole dell'industria e dell'educazione informatizzata da un monopolio privato? Grazie al famoso "ritardo" francese, è possibile rispondere a questa domanda: altri paesi sono in vantaggio di anni, nel bene come nel male, e questo ci permette di vedere un certo numero di futuri possibili.

Cominciamo dal futuro prossimo: ci basta per questo andare a vedere molto vicino a noi, in Svizzera. L' 8 Ottobre ultimo scorso, il Ministro delle Finanze svizzero ha annunciato un accordo con Microsoft, il cui risultato sarà la messa a disposizione da parte dell'amministrazione, per le scuole medie, di 2.500 calcolatori, e di altrettante licenze di utilizzazione di prodotti Microsoft da parte del gigante americano, che si offre anche di formare all'utilizzo dei calcolatori 600 educatori [20] (un regalo simile è stato fatto all'Africa del Sud). Cioè, ad un costo inferiore a quello di una campagna pubblicitaria, il nostro monopolista ha acquisito il controllo totale dell'informatica nell'educazione svizzera, e dunque nelle loro aziende quando gli studenti che non conoscono che Microsoft Office arriveranno sul mercato del lavoro. Non è in prospettiva un buon affare, per la Svizzera, ma almeno non hanno pagato il programma Microsoft.

O, più esattamente, non ancora, perché si potrà loro domandare di passare alla cassa come è il caso, in questo momento, del Giappone. Nel dicembre scorso, Microsoft ha annunciato la soppressione al Giappone delle licenze sito (uno schema di contabilizzazione di licenze in una impresa o una università che permette di pagare i calcolatori in proporzione all'uso reale e non in relazione al numero dei calcolatori). Questa decisione imporrà un ulteriore costo ingiustificato e considerevole, che i Giapponesi dovranno in ogni modo assumersi, visto che non ci sono più concorrenti cui potersi rivolgere.

Guardiamo un po' più lontano nel futuro: l'Università dello Stato della California (CSU) sostiene in questo momento la creazione da parte di Microsoft, GTE, Fujitsu e Hughes Electronics, di una compagnia a responsabilità limitata, la CETI, che avrà il monopolio esclusivo del rinnovo del parco informatico dei 23 Campus universitari della CSU, in cui si trovano 350.000 tra studenti ed insegnanti. In cambio di un investimento di un qualche centinaio di milioni di dollari su dieci anni nell'infrastruttura delle reti, la CSU lascerà la CETI scegliere i calcolatori e i programmi supportati sui campus, e viene detto chiaramente che si tratta di Windows 95 e Windows NT e di Microsoft Office soltanto. I benefici previsti dalla CETI, oltre l'impatto sull'educazione di coloro che domani avranno il potere di decidere che è loro permesso attraverso la creazione di corsi specializzati di informatica ''proprietaria'', si aggira attorno a qualche miliardo di dollari su dieci anni, tenendo conto solo dei profitti derivanti dalla vendita monopolista del materiale e dei programmi proprietari agli insegnanti e agli studenti sui campus, che non potranno seguire certi corsi senza utilizzarli (vedere [21] e la decisione di riesaminare l'accordo nel [22]).

La posta in gioco: il controllo dell'informazione

Ma gli scopi commerciali (e politici) vanno ben oltre la questione dell'educazione e della gestione delle imprese: non si parla qui della semplice vendita di qualche calcolatore o programma, ma del controllo totale su ogni forma di trasmissione e di trattamento dell'informazione, nell'educazione, nelle transazioni bancarie, nei vecchi e nuovi media, fino all'intimità della nostra corrispondenza privata. Se un attore qualunque può ottenere una posizione di monopolio nella gestione di questa informazione, sarà in una situazione tale da poter fare pagare una tassa su ogni operazione informatica (una percentuale sull'ammontare della transazione elettronica, "vigorish" in inglese, per esempio) come è ben scritto in una nota interna di Nathan Myrhvold, il CTO di Microsoft, che fa parte oggi del dossier del DoJ e di cui il Wall Street Journal ha reso conto l'anno scorso [23].

Ma potrà anche costringervi a cedergli una parte sempre più grande della vostra libertà personale, il che può produrre benefici ben più importanti. Riflettete un momento sul fatto che ogni tipo di informazione è suscettibile d'essere gestito su un calcolatore, e che è possibile mantenere una traccia di ogni operazione informatica: sulla rete, mentre voi guardate le belle immagini seduti davanti al vostro PC multimediale, si potranno copiare le vostre coordinate bancarie o costituire e utilizzare a vostra insaputa il vostro profilo personale e psicologico (questo si fa già da parecchio con i ''cookies'' per i navigatori Web [24] , e certe aziende come la Sidewalk, filiale di Microsoft, vi obbligano ad accettare questa vera e propria violazione della vostra vita privata per accedere ai loro servizi [25]. Grazie alle estensioni proprietarie non sicure come l'ActiveX di Microsoft, potrete farvi rubare danaro dal vostro conto in banca mentre ''surfate sul Web'', come è stato incontestabilmente dimostrato da un gruppo di informatici di Amburgo alla televisione tedesca e in molte pubblicazioni cui cui in Francia non è apparsa traccia (vedere [26] per i dettagli).

Ed anche se Microsoft non s'incarica direttamente di approfittare delle lacune di sicurezza del suo sistema, altri potranno farlo al suo posto: già da adesso, un virus può essere veicolato nei più comuni documenti Word, i vostri acquisti su Internet basati su una trasmissione ''sicura'' del vostro numero di carta di credito possono essere catturati dai pirati informatici al prezzo di otto ore di calcolo sulla macchina di uno studente... C'è di che tremare, se si pensa che il Credit Lyonnais [+] ha appena stipulato un accordo con Microsoft per la gestione dei conti dei clienti attraverso il Web (vedere [27]).

Si può anche ricostruire la traccia dei vostri movimenti, che è rilevata ogni giorno a vostra insaputa dalla vostra carta di credito o il vostro cellulare, come ha rivelato da poco il clamoroso scandalo in Svizzera o ancora il caso OM-Valenciennes (a questo proposito, sarebbe bene preoccuparsi della fusione del servizio Microsoft Network con il servizio Wanadoo di France Telecom).

Per arrivare a questo punto senza correre troppi rischi di esser presi con le mani nel sacco, bisogna avere il controllo di tutta la catena tecnologica: il vostro calcolatore deve utilizzare un programma specifico, capace di carpirvi certe informazioni a vostra insaputa, i fornitori di accesso ad Internet devono permettere di mantenere una traccia della durata e del tipo delle connessioni, i siti che contengono le informazioni che voi cercate devono utilizzare dei programmi specifici, capaci di conservare traccia di questi documenti e di identificarvi comunicando con il vostro navigatore. E soprattutto, è necessario che tutto questo accada, ogni giorno, a vostra insaputa. Oggi un informatico mediamente dotato può facilmente scoprire che un certo navigatore Web è in grado di rivelare la vostra identità ad un server indiscreto: questo perché la comunicazione avviene con protocolli che sono e devono restare di dominio pubblico per permettere a programmi prodotti da imprese differenti di cooperare ragionevolmente. Ma se domani non avremo più che un unico produttore di programmi sul mercato, sarà assolutamente possibile che lo scambio di informazioni si faccia con modalità molto meno trasparenti e ben più difficili da smascherare, sempre in ragione della legge sul reverse engineering.

Vi rendete conto che qui non si tratta soltanto di scegliere un programma di trattamento di testo.

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