Violenza, eterna compagna Eraldo Affinati
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Wolfgang Sofsky
"Saggio sulla violenza"
Einaudi, 1998
pp. 250 lire 28.000
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I grandi libri sui lager nazisti (le testimonianze dei sopravvissuti e
l'elaborazione concettuale venuta immediatamente dopo) sono stati caratterizzati
dalla primaria necessità d'informare chi non era a conoscenza del
massacro industriale avvenuto nel cuore dell'Europa in pieno Novecento. A
industriale avvenuto nel cuore dell'Europa in pieno Novecento. A volte, questa
strenua volontà di testimonianza portava gli autori (cronisti
autobiografici e saggisti) a privilegiare la descrizione storica dei fatti,
posticipando le interpretazioni, come se l'enormità degli eventi fosse
stata tale da far ammutolire chiunque li avesse osservati.
Con il trascorrere del tempo e il progressivo venir meno dei
protagonisti diretti - coloro che ebbero la sventura di restare imprigionati nel
terribile meccanismo coercitivo organizzato dai nazisti cominciano ad essere
pubblicati gli studi della generazione dei figli,uomini e donne nati dopo la
fine della seconda guerra mondiale, i quali, sulla base informativa di cui
dispongono, esercitano nei confronti dell'orrore novecentesco o uno sguardo
diverso, teso a scoprire le ragioni non più soltanto storico-politiche,
ma anche a antropologiche, degli omicidi di massa eseguiti dentro e fuori i campi
di concentramento.
Wolfgang Sofsky, tedesco, nato nel 1952 è, fra questi nuovi studiosi,uno
dei più importanti. In Italia abbiamo cominciato a conoscerlo grazie a un
libro, pubblicato tre anni fa dall'editore Laterza: L'ordine del
terrore. Si tratta di un'analisi strutturale del lager nazista come non era
mai stata compiuta: quello che sorprende è la dimensione scientifica del
lavoro, l'assoluta mancanza di pregiudizio che vi traspare, il perfetto
inquadramento nel tempo e nello spazio del fenomeno concentrazionario.
Già in quel testo Sofsky, nell'esprimere con la forza persuasiva che
può avere soltanto l'evidenza numerica e di ragionamento, lo sdegno
umano di fronte alle inaudite rivelazioni di cui si faceva portavoce,
lasciava intuire il suo vero proposito: interrogarsi sulle radici del male,
sulle forme della ferocia umana, cercando di stabilire i giusti nessi fra
i molteplici comportamenti della specie cui apparteniamo.
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