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La nostra gente/Astuzia da chirurgo

Niccolò Ammaniti

 

Niccolo' Ammaniti vive a Roma. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo il racconto "Branchie" (Ediesse 1994, Einaudi Stile libero 1997), il dialogo col padre psicanalista "Nel nome del figlio" (con Massimo Ammaniti, Mondadori 1995), e la raccolta "Fango" (Mondadori 1996). Nell'antologia "Tutti i denti del mostro" (a cura di Valerio Evangelisti, Oscar Mondadori 1998) ha appena pubblicato il racconto "Alba tragica".

Questo racconto inedito di Niccolo' Ammaniti si aggiunge alla serie "La nostra gente"

Il chirurgo era appena entrato in fase Rem quando il telefono prese a squillare. Stava sognando che dal cielo pioveva stracchino e lui non aveva il pane. Rispose. "Pronto..."

"Pronto! professore? Sono Francesca, la segretaria dell'ospedale S. Maria... Dormiva, vero? Mi dispiace di averla svegliata? Come va? "

E come poteva andare? Male! Malissimo! Peggio di così si muore. Si era rotolato tutta la notte nel letto tremando come un vecchio con l'Alzheimer. Poi si era sfondato di Tavor e alle cinque era finalmente riuscito ad assopirsi.

"Professore? Si ricorda che oggi ha una operazione? Abbiamo fissato l'appuntamento due settimane fa..."

"Che ore sono?" bofonchiò il chirurgo. Gli sembrava di avere dentro il cranio una mandria di bufali impazziti e una palla di lombrichi nello stomaco.

"Le otto... Comunque se non se la sente, lo chiediamo al professor Tricase... Non c'è problema, professore."

Che voce di cazzo aveva quella stronza!?

"Certo. Certo che me la sento... Mi lasci vestire e tra dieci minuti sono là."

"... è sicuro?"

"Certo che sono sicuro." e si trattenne per sé Brutta zoccola di merda.

Si alzò e andò al cesso a vomitare. Poca roba. Bile e succhi gastrici. Da quanto tempo non mangiava? Mise la testa sotto la doccia e rimase così, un sacco. Si rasò (datti un aspetto decente!) e si tagliò il mento. Ti sei aperto. Guardati le mani. Distese una mano. Non riusciva a tenerla ferma. Vibrava come un pennone al vento. Non puoi operare così, sei pericoloso. Richiama subito.

No, assolutamente impossibile.

Sarebbe stata la prova definitiva che la sua breve carriera era finita e che oramai era un drogato a tutti gli effetti.

Ed era quello che volevano da lui. Che mollasse. No, non puoi mollare. Aveva già perso due lavori. Si rese conto di essere avvinghiato alla clinica S. Maria come a un ramo che pende sopra un baratro buio. E in quel baratro ci sarebbe stata solo la cocaina, la una solitudine da cani e la possibilità di massacrarsi in santa pace. Mica male!

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