Di Battisti c'e' bisogno di parlare. Come un conto
che non torna il suo silenzio chiama ad esprimersi, e
si comprende che l'addio sia caloroso, fragoroso,
pieno delle parole che lui ci ha negato per quasi
vent'anni. Ma appunto, ci sono parole e parole. E
nel giorno della scomparsa le prime stonature
arrivano verso sera: per Ornella Vanoni il grande
cantante era gia' morto artisticamente almeno dai tempi di "Una
donna per amico"; Zavoli col suo tono curiale ci
tiene a far notare che "almeno il 50 per cento della
sua fama era merito di Mogol". E cosi' alle 20.30 il
lutto e' gia' dimezzato.
Ma verso sera e' ancora presto e il peggio deve
ancora cominciare. Rai1 allestisce in prima serata
una dignitosa commemorazione con Vincenzo Mollica a
coordinare un gruppo di amici e colleghi, molti
filmati, una serie di video che non si capisce
perche' siano rimasti tanti anni nel cassetto: da
"Balla Linda" a "Hegel" e' una carellata di musica e
parole che meritavano di essere gustate in ricorrenze
piu' gaudiose. Il problema e' che dai filmati poi si
torna in studio dove uno sgradevole spiritello ha
assunto le poco leggiadre fattezze di Gianni
Boncompagni. Che in tre mosse dimostra come anche
raggiunto il fondo sotto sotto ci sia sempre da
grattare.
Inizia male, Boncompagni, ma finisce veramente in
tragedia. Scena prima: il nostro ricorda di aver
incontrato qualche tempo fa Battisti per caso in un
negozio di strumenti elettronici. Alla domanda sul
perche' scrivesse quella roba astrusa, Lucio avrebbe
risposto: "perche' ormai non so far altro". La
trenodia offre un preludio di alta classe.
Passano i minuti, gli ospiti sono tanti, ogni canzone
e' uno spunto e Boncompagni non si tira indietro:
sulle note di "Fiori di rosa, fiori di pesco" scatta
il secondo amarcord: "Mogol era quasi ogni giorno
ospite a casa mia. 'Fiori rosa, fiori di pesco' era
una sua storia autobiografica". Mollica non riprende,
Arbore - che ha mantenuto in ogni frangente della
serata un aplomb signorile - rintuzza: "Ogni
artista, in qualche modo, attinge dalla propria
vita". Ma Boncompagni affonda il colpo: "No, no, in
questo caso Mogol aveva proprio avuto una storia con
una ragazzina - non so se violo la privacy di
qualcuno, se creo problemi con la moglie... - Si',
perche' una sera entro' in casa della ragazza e
trovandola con un altro non gli resto' che battere in
ritirata imbarazzato..." ("Signore chiedo scusa anche
a lei/io ero proprio fuori di me/io ero proprio fuori
di me quando dicevo/posso stringerti le mani": tutta
vita vissuta).
Lontano dalle telecamere Arbore deve aver strattonato
il fratellino, perche' la serata scorre senza che
Boncompagni dia piu' segni di se'. Si e' ravveduto?
Sta pensando a come rintuzzare la partenza falsa? No,
si sta preparando al tuffo finale nel burrone del
cattivo gusto.
Boncompagni atto terzo: il video non ha ancora finito
di smorzare le note di "Hegel" da quello che - ahinoi
- restera' l'ultimo Lp in vita di Battisti, che
l'irrefrenabile gaffeur rompe gli argini e afferrato
un libricino legge alla prima pagina casualmente
aperta: "Se un dilettante, un cantante non gia'
famoso, si fosse presentato da qualsiasi produttore
con un pezzo come 'Hegel' lo avrebbero cacciato fuori
a calci, firmato Fabrizio Zampa". Zampa e' in sala e
vorrebbe non aver mai scritto quelle righe in vita
sua. Mollica bofonchia, impallidisce ma non capisce
che e' ora di usare tutta la mole che si ritrova
addosso per frenare il fiotto di volgarita' che sta
inondando lo schermo. E' li' per questo, ma non ce la
fa.
L'ultima parola e' allora per Boncompagni che,
dopo una nota di malinconia - "Chissa' quanti dischi
ci avrebbe ancora regalato... con Mogol" - mette il
sigillo su una serata da dimenticare: "D'altronde Dio
li fa e poi li accoppa". Gelo in sala, si spengono le
luci. Sic transit gloria mundi.