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Attualita'

In morte del fratello Battisti - 9 settembre 1998

Raffaele Oriani, Riccardo Stagliano'

 

Di Battisti c'e' bisogno di parlare. Come un conto che non torna il suo silenzio chiama ad esprimersi, e si comprende che l'addio sia caloroso, fragoroso, pieno delle parole che lui ci ha negato per quasi vent'anni. Ma appunto, ci sono parole e parole. E nel giorno della scomparsa le prime stonature arrivano verso sera: per Ornella Vanoni il grande cantante era gia' morto artisticamente almeno dai tempi di "Una donna per amico"; Zavoli col suo tono curiale ci tiene a far notare che "almeno il 50 per cento della sua fama era merito di Mogol". E cosi' alle 20.30 il lutto e' gia' dimezzato.

Ma verso sera e' ancora presto e il peggio deve ancora cominciare. Rai1 allestisce in prima serata una dignitosa commemorazione con Vincenzo Mollica a coordinare un gruppo di amici e colleghi, molti filmati, una serie di video che non si capisce perche' siano rimasti tanti anni nel cassetto: da "Balla Linda" a "Hegel" e' una carellata di musica e parole che meritavano di essere gustate in ricorrenze piu' gaudiose. Il problema e' che dai filmati poi si torna in studio dove uno sgradevole spiritello ha assunto le poco leggiadre fattezze di Gianni Boncompagni. Che in tre mosse dimostra come anche raggiunto il fondo sotto sotto ci sia sempre da grattare.

Inizia male, Boncompagni, ma finisce veramente in tragedia. Scena prima: il nostro ricorda di aver incontrato qualche tempo fa Battisti per caso in un negozio di strumenti elettronici. Alla domanda sul perche' scrivesse quella roba astrusa, Lucio avrebbe risposto: "perche' ormai non so far altro". La trenodia offre un preludio di alta classe.

Passano i minuti, gli ospiti sono tanti, ogni canzone e' uno spunto e Boncompagni non si tira indietro: sulle note di "Fiori di rosa, fiori di pesco" scatta il secondo amarcord: "Mogol era quasi ogni giorno ospite a casa mia. 'Fiori rosa, fiori di pesco' era una sua storia autobiografica". Mollica non riprende, Arbore - che ha mantenuto in ogni frangente della serata un aplomb signorile - rintuzza: "Ogni artista, in qualche modo, attinge dalla propria vita". Ma Boncompagni affonda il colpo: "No, no, in questo caso Mogol aveva proprio avuto una storia con una ragazzina - non so se violo la privacy di qualcuno, se creo problemi con la moglie... - Si', perche' una sera entro' in casa della ragazza e trovandola con un altro non gli resto' che battere in ritirata imbarazzato..." ("Signore chiedo scusa anche a lei/io ero proprio fuori di me/io ero proprio fuori di me quando dicevo/posso stringerti le mani": tutta vita vissuta).

Lontano dalle telecamere Arbore deve aver strattonato il fratellino, perche' la serata scorre senza che Boncompagni dia piu' segni di se'. Si e' ravveduto? Sta pensando a come rintuzzare la partenza falsa? No, si sta preparando al tuffo finale nel burrone del cattivo gusto.

Boncompagni atto terzo: il video non ha ancora finito di smorzare le note di "Hegel" da quello che - ahinoi - restera' l'ultimo Lp in vita di Battisti, che l'irrefrenabile gaffeur rompe gli argini e afferrato un libricino legge alla prima pagina casualmente aperta: "Se un dilettante, un cantante non gia' famoso, si fosse presentato da qualsiasi produttore con un pezzo come 'Hegel' lo avrebbero cacciato fuori a calci, firmato Fabrizio Zampa". Zampa e' in sala e vorrebbe non aver mai scritto quelle righe in vita sua. Mollica bofonchia, impallidisce ma non capisce che e' ora di usare tutta la mole che si ritrova addosso per frenare il fiotto di volgarita' che sta inondando lo schermo. E' li' per questo, ma non ce la fa.

L'ultima parola e' allora per Boncompagni che, dopo una nota di malinconia - "Chissa' quanti dischi ci avrebbe ancora regalato... con Mogol" - mette il sigillo su una serata da dimenticare: "D'altronde Dio li fa e poi li accoppa". Gelo in sala, si spengono le luci. Sic transit gloria mundi.


 

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