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Futuro, opera aperta (pagina 3) Giancarlo Bosetti
La
tendenza è: personalizzazione. E' questa anche una delle chiavi di uno
dei visionari più conosciuti e discussi di oggi, Nicholas Negroponte, di
cui Pedemonte traccia un profilo molto ben calibrato. Tutti d'accordo ormai, i
teorici della cultura digitale come i politici, sulla convergenza tra telefono,
computer, tv. E' ormai l'abc del mondo della comunicazione. Si capisce anche
chiaramente che informazione, intrattenimento e istruzione confluiranno sempre
di più su oggetti elettronici per la fruizione multimediale di pacchetti
di contenuto, che siano spettacoli, corsi di aggiornamento o notizie. L'elemento
specifico della visione di Negroponte, quello su cui l'americano è
riuscito a far confluire tanti finanziamenti per le ricerche del suo Media-Lab
è la individualizzazione dei servizi, della comunicazione, di tutte
le prestazioni del corredo elettronico di cui sarà sempre più
dotata la nostra vita domestica.
La
televisione? Dal prime time al my time, a ciascuno secondo i suoi gusti e le sue
necessità quando più gli fa comodo: palinsesti personali. Il
giornale elettronico? Un Daily Me, un "Io quotidiano" che mi racconterà
le notizie che personalmente di più mi interessano, perch&eacuto; un
software sofisticatissimo riuscirà nel tempo, studiando i miei gusti e le
mie scelte, a selezionare i miei temi preferiti, la mia squadra di calcio, le
mie simpatie politiche, la città dove vivo, quella dove vivono persone
che mi sono care e così via. Ma anche gli oggetti elettronici di uso
domestico svilupperanno con i loro proprietari, secondo l'autore di Essere
digitali, un rapporto sempre più personalizzato. E' il progetto Cose che
pensano, informatica da indossare come un abito su misura. E anche la
pubblicità sarà sempre più pensata strettamente in funzione
del singolo destinatario cui sarà diretta. Dalle grandi praterie
dell'utenza generalista della Tv ai segmenti di precisione, sempre più
piccoli e costosi, per raggiungere il cliente con la precisione diun tiro al
bersaglio. Sempre che Negroponte non si sbagli.
Già, perch&eacuto; del futuro non si dubita mai abbastanza, anche
a proposito di giornali. E' ormai assodato che nella Rete la gente non compra
volentieri le informazioni, le vuole gratis. Ormai famosa la lezione di "Usa
Today", l'idea di farsi pagare on line fu un vero fiasco. Eppure il "Wall
Street Journal" i soldi li chiede dal 1996. E funziona a meraviglia:
1.656.000 abbonati alla fine del 1997. Prima conclusione: su Internet fanno
premio la ricchezza e la profondità dei contenuti, la possibilità
di aggregare informazioni, elaborare statistiche. E in Italia anche "il Sole-24
Ore" funziona. Il suo sito è molto visitato perch&eacuto; offre
approfondimenti, testi di legge, consulenze, storia delle aziende, elaborazioni
su dati di Borsa, schede sui paesi.
Ma sempre dalla Rete arrivano altri segnali inquietanti (si assottiglia
il confine tra giornalismo e pubblicità), utili (servono giornalisti
capaci di districarsi rapidamente all'interno di enormi quantità
di informazioni) e curiose (c'è molta richiesta di faziosità,
anticonformismo, personalità molto idiosincratiche). Qualcuno ha
già sentenziato che in rete l'obiettività è morta e che la
chiave del successo sta nel dialogo con i lettori. Ma qualcun altro sostiene
esattamente l'opposto. Il "Wall StreetJournal" vende più di qualunque
altra testata in Rete. Garantisce informazioni certe e obiettive. E proibisce ai
suoi giornalisti il dialogo con i lettori. Nessuno sa come finirà. Il
futuro è aperto.
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Futuro, opera aperta
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"di Egitto") e altre virtual libraries
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