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"Cool Britannia" (pagina 3) Antonio Polito
Quando i giornalisti e gli intellettuali italiani chiamano con sufficienza i
tabloid inglesi "giornali popolari", " stampa scandalistica" , mi domando se
sanno esattamente quanto vendono, e se hanno mai confrontato tali cifre con
quanto vendono i giornali e le riviste su cui scrivono. Lo "scandalistico"
"Sun" diffonde ogni giorno 3 milioni e 700000 copie. Il " popolare" "Mirror"
2milioni e 200000. Il "femminile" "Daily Mail", nei cui titoli - per
disposizione del direttore - bisogna sempre usare parole come bambini,
matrimonio, marito per attrarre il pubblico delle donne, altre 2milioni e
200000 copie. I giornali cosiddetti seri sono delle cenerentole rispetto a
loro, ma dei giganti rispetto a quelli italiani. Il "Daily Telegraph" vende
più di un milione di copie. Il "Times" 800000. Il sofisticato "
Guardian" 400000. Ogni giorno il popolo di Gran Bretagna consuma la bellezza
di 13 milioni 621941 copie, calcolando soltanto i quotidiani a diffusione
nazionale. E la domenica affonda in un mare di 14 milioni 736401 copie.
Più del doppio dell' anemico ma supponente mercato dei giornali
italiani. Si calcola che i lettori quotidiani del "Sun" (cioè tutti
coloro cui capiti in mano il giornale nel corso della giornata e ne scorrano
un articolo o due) sono più di otto milioni: l'equivalente
dell'audience del Tg1 delle 20, cerimonia serale del predominio televisivo in
Italia.
Un successo del genere costa, eccome se costa. Costa una vita ansiosa e
nervosa ai giornalisti inglesi, che non godono della stessa
inamovibilità e intangibilità dei nostri, non sono uniti da un
vincolo più indissolubile di un matrimonio con i loro editori. I
cronisti d' assalto di Murdoch devono portare un'esclusiva al mese, se vogliono
mantenere il loro posto di lavoro. E i direttori cambiano a un ritmo
paragonabile solo a quello degli allenatori delle squadre di calcio
italiane.
La conseguenza è che sono belve assetate di notizie. Vere notizie, hard
news. Non l'ultima elucubrazione di De Mita o il menu della cena a casa Letta,
ormai più celebre del Cenacolo di Leonardo. Sono degli squali pronti a
scannarsi per uno scoop, a correre nello Sri Lanka per far dire ad Arthur C.
Clarke che gli piacciono i ragazzini, o a Rio de Janeiro per strappare
all'uomo della rapina del secolo l 'esclusiva della sua storia. Sempre pronti
a scavare nel cuore degli uomini, dove nascono le sole storie che veramente
appassionano la gente, dai tempi di Adamo ed Eva, di Elena di Troia, del prode
Ulisse. La selezione del più forte, la sopravvivenza del più
adatto, è la legge che governa la stampa inglese. Uscire con una prima
pagina con gli stessi titoli del concorrente è per un giornale inglese
motivo di umiliazione, mentre in Italia è garanzia di quieto vivere.
Il risultato è una stampa varia, imprevedibile, sorprendente,
irriverente, accurata e quasi mai smentita, anche quando azzarda di
più. Il più popolare dei giornali è un sofisticato
esercizio professionale, molto ben informato, scritto con grande accuratezza,
e con un house style, uno stile della casa attentamente coltivato nello
scegliere, confezionare e titolare le notizie, che rende il lettore fedele, lo
fa suo, si identifica con il suo universo culturale e ideale.
In Gran Bretagna la proprietà dei giornali è un business a
sé, in cui si impegnano imprenditori e società che vogliono far
soldi vendendo copie e pubblicità ; in Italia i giornali sono editi da
industriali, in servizio attivo o in pensione. Che non amano neppure molto
l'opinione pubblica, vera e unica dittatrice di ogni moderna democrazia.
Perché fanno parte dello stesso establishment, della stessa
élite, per cui sono scritti i loro giornali.
Certo, anche in Inghilterra il rapporto tra stampa e politica è un
rapporto di potere, ambiguo e ricattatorio. Solo che mentre in Italia sono i
politici che ricattano i giornali, a Londra avviene il contrario. Il Labour
non ha vinto le elezioni il 1 deg. maggio del 1997, nelle urne elettorali,
come comunemente si crede. Ma due mesi prima, quando il "Sun",
tradizionalmente conservatore, ha pubblicato un titolo a caratteri cubitali in
cui dichiarava che era passato dalla parte di Blair. Da allora il governo
laburista non si permette di sfiorare nemmeno con un dito gli interessi di
Murdoch, editore del "Sun ". Anzi, se si tratta di dargli una mano, magari
telefonando a Prodi per informarsi sull'affare Mediaset, Blair non si tira
indietro.
Se un qualsiasi politico inglese avesse fatto ciò che D'Alema ha fatto
in Italia, trascinando il direttore del giornale nemico in tribunale, gliel'
avrebbero fatta pagare a caro prezzo. Il povero Robin Cook, ministro degli
Esteri, si permise nel pieno dell' esecrazione popolare contro i paparazzi,
presunti colpevoli della morte di Diana, di criticare gli eccessi della stampa
popolare. Ricordo ancora il trafiletto velenoso con il quale un tabloid lo
minacciò: non è che ce l'ha con noi perché abbiamo
scoperto la sua storia d'amore con la segretaria? Per ora ci occupiamo di
Diana, ma verrà la sua ora. Qualche mese dopo è arrivata. I
cronisti hanno s coperto che aveva trasferito la sua amante nella residenza
ufficiale, pagata dai contribuenti, e che progettava di portarla con sé
nelle visite di Stato. Per poco non si è dovuto dimettere, è
stato costretto a rinunciare a candidarsi alla carica di futuro primo ministro
scozzese, e ha dovuto sposare la segretaria.
Mosso a pietà il Lord Chancellor, Derry Irvine, ministro di Giustizia e
speaker della Camera dei Pari, ha tentato di difenderlo, affermando che era
necessaria una legge per frenare le intrusioni dei giornali nella vita
privata. La rivolta in nome della libertà di stampa è stata tale
che Blair l'ha dovuto smentire pubblicamente. E la vendetta è
arrivata puntuale e devastante: i giornali hanno tirato fuori il conto della
ristrutturazione della sua splendida residenza ufficiale in Westminster, quasi
due miliardi, centocinquanta milioni solo per la carta da parati, e 87 dipinti
presi in prestito dai più prestigiosi musei d'Inghilterra.
Politicamente, oggi Lord Irvine è un morto che cammina. Ha salvato il
posto solo perché è l' uomo che ha insegnato il mestiere di
avvocato al giovane Blair e gli ha presentato la sua futura consorte.
Ma i giornali fanno anche di peggio: una giornalista del " Mirror" viene a
sapere che il figlio del ministro dell' Interno, noto per la sua durezza sul
tema droga, fuma spinelli e li spaccia in un pub di Londra. Allora la giovane
va in quel pub e, fingendosi una cliente, chiede al ragazzo un po' di
marijuana, e lui gliela vende. Tutto testimoniato e fotografato. Il giorno
dopo il figlio del ministro dell'Interno finisce davanti a un giudice per
spaccio di sostanze stupefacenti. La cronista è stata rapidamente
prosciolta da ogni accusa e ha avuto un aumento di stipendio.
Il "Sunday Times" ha infiltrato un suo uomo per dodici mesi nell'
organizzazione laburista del collegio dove viene eletto John Prescott, il vice
primo ministro, per ottenere informazioni riservate sul sistema di
finanziamento elettorale che aveva utilizzato, sperando di trascinarlo in uno
scandalo. Tentativo falli to, perché Prescott ne è uscito a
testa alta. Ma ve lo immaginate in Italia un simile accanimento cronistico?
Esagerano i giornali inglesi? Forse. E irritano il nostro buon gusto di
giornalisti italiani, addestrato in anni di frequentazione cortigiana col
potere, da "Fortunato" al Pantheon, o negli uffici delle pubbliche relazioni
della grande industria milanese. Ma vigilano sul potere, su Cesare e anche su
sua moglie, che deve essere al di sopra di ogni sospetto, se vuole conservare
la sua reputazione. Tr ovo molto meno pericoloso l'abuso di potere dei
giornali che l'abuso di potere dei politici.
La loro funzione è essenziale per le caratteristiche stesse della
democrazia inglese. La Gran Bretagna è retta da una forma di monarchia
elettiva. La concentrazione di poteri nelle mani del primo ministro è
senza paragoni, perfino con il presidenzialismo americano. A differenza di
Clinton, Blair non deve fare i conti con nessuno special prosecutor che possa
mettere il naso nei suoi affari e nella sua vita privata; non rischia un veto
del Congresso, perch é in parlamento ha una maggioranza schiacciante e
severamente controllata con il sistema delle punizioni ai parlamentari
ribelli; non ha nessun tipo di checks and balances che ne controlli l'operato.
Per giunta, Blai r sta imprimendo uno stile sempre più presidenziale e
personale al suo governo, riducendo il peso del Gabinetto e del parlamento
(dove va raramente, ha partecipato soltanto a 12 votazioni sulle 233 che si
sono svolte da quando è stato eletto). Il potere che ha assunto in
questo modo il suo uomo stampa, l'enigmatico Alastair Campbell, è
diventato proverbiale. Senza mai essere stato eletto, Campbell di fatto
coordina la politica del governo, partecipa addirittura alle sue riunioni,
dà la linea ai ministri su quello che va detto alla stampa, e dà
la linea alla stampa quando la stampa se la fa dare, vezzeggiando gli amici e
schiaffeggiando i nemici. Ex giornalista di un tabloid, Campbell conosce i
meccanismi dell'informazione alla perfezione, e usa la sua compet enza in
modo molto spregiudicato. I giornali sono incerti se definirlo il terzo, il
quarto, o il quinto uomo più potente dell'Inghilterra. Il suo rilievo
è la conferma speculare del potere della stampa. Perché in un
tale sistema istituzionale, con un'opposizione politica di fatto inesistente e
ridotta al silenzio, è la stampa l'unico contrappeso del potere, il suo
moderatore, il difensore del cittadino da ogni abuso.
Per avere agito in modo analogo alla stampa inglese, pubblicando quanto
pagavano d'affitto i potenti d'Italia, Vittorio Feltri è stato quasi
linciato dal mondo politico - un coro di vergini offese - condannato dall'
establishment e isolato dalla stampa pe bene. È davvero un peccato che
la bandiera dell'irriverenza sia agitata in Italia solo dalla stampa di
destra. Così come è un peccato che in Italia non ci siano delle
vere metropolitane. Senza una grande stampa e senza un grande sistema di
servizi pubblici non esiste una democrazia matura.
Antonio Polito è nato a Castellamare di Stabia (Napoli) l'11 maggio
1956. Ha lavorato a lungo all'"Unità" e dal 1988 è stato
vicecaporedattore, vicedirettore e direttore dell'edizione on-line di
"Repubblica" . Sempre per "Repubblica" dal gennaio
1998 è corrispondente dalla Gran Bretagna con sede a Londra.
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