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Sport e Affari: se il capitale invade il campo (pagina 3)

Pippo Russo


Guerra del cappuccino

Volendo lanciare una provocazione, verrebbe da dire che la stagione calcistica '98-'99 non verrà mai iniziata, per il semplice fatto che la precedente non è mai terminata. A causa della disputa del torneo Intertoto il Bologna è andato in ritiro il 4 luglio, e la Sampdoria addirittura il 20 giugno: cioè, due giorni dopo la disputa dello spareggio per la promozione in A fra Perugia e Torino e in pieno mondiale. E' la conseguenza del calcio iper-industrializzato, mosso verso una modernizzazione incentrata sullo sforzo di massimizzazione dei profitti, che passa innanzitutto dalla compressione delle pause agonistiche; e che ha scoperto la nuova frontiera nella quaotazione in borsa dei club.


La Lazio, prima e finora unica società italiana quotata a Piazza Affari, ha già dato un saggio di come si muova sul mercato un club che abbia come platea di riferimento non soltanto quella dei tifosi, ma anche quella degli investitori: con manovre improntate al più puro show-biz. Smantellando la squadra per riassemblarla con acquisti altisonanti, a dispetto di ogni considerazione tecnico-tattica; e sfruttando al massimo le sinergie fra i vari comparti della holding (la Cirio) cui la società biancoceleste fa capo. I riscontri al momento sono positivi, tant'è che durante i giorni delle bufere borsistiche agostane il titolo della società biancoceleste era uno dei pochi a palesare un rialzo delle quotazioni.

Ma a ricordare che la modernità, nel calcio, non può spingersi oltre un certo limite, è arrivata la disputa prematura del primo derby stagionale fra Roma e Lazio, concretizzatasi nella "guerra del cappuccino". Accusando il propriatario della Lazio, Cragnotti, di aver finanziato l'acquisto-shock di Vieri (80 miliardi fra cartellino e ingaggio) con l'aumento di 100 lire al litro del latte della centrale romana (da poco sotto il controllo dello stesso Cragnotti) i tifosi giallorossi hanno avviato un'azione di boicottaggio d'altri tempi, dichiarando lo sciopero del cappuccino. E animando attorno a una sfida da strapaese una passione sanguigna che nessuna Superlega o scalata in borsa sarebbe in grado di catalizzare.




Sport e Affari: se il capitale invade il campo

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