Caffe' Europa
 
Editoriale

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La "coperta" di Darwin sulle donne (pagina 2)

Giancarlo Bosetti

 

L'invenzione di Singer

Si colloca qui il tentativo di Peter Singer e degli altri darwiniani, che invitano la sinistra a guardare in faccia, senza filtri e occultamenti, l'idea di "competizione": se tu ti preoccupi di tutelare i piu' deboli, spiega il teorico australiano nel suo saggio-provocazione, dal punto di vista darwiniano e' come se ti dessi da fare per peggiorare la specie. E' come se le antilopi si impegnassero ad allevare, con gran dispendio di risorse, anche gli esemplari piu' lenti. In poche generazioni i leoni se le mangerebbero tutte e non ci sarebbero piu' antilopi. E allora? Tutta l'impalcatura della solidarieta' socialista e cristiana che fine fa? E' un handicap per la specie umana? Per chi non l'avesse ancora letto, vi diciamo subito che la risposta di Singer e' "no" e che la via d'uscita escogitata da questo autore e' la seguente: la cooperazione solidale tra esseri umani si rivela ad un esame piu' attento una forma di competizione piu' alta e di grande successo, tant'e' vero che, rispetto alle antilopi siamo arrivati fino a qui, ma rimane il fatto che lo sguardo da dare al ruolo della competizione e selezione sociale, che avviene nelle economie di mercato, non deve essere frettoloso e deve "dare al Darwin sociale" piu' di quanto si fosse disposti a dargli in passato. In altri termini la "coperta biologica" deve essere piu' ampia. Con quali conseguenze allora? Moltissime, come vedrete scorrendo le pagine di questa discussione.

 

Le donne contro Darwin

Una delle piu' importanti e' che allargare questa "coperta" e rimpicciolire quella "culturale" costringe anche a riprendere in esame con occhio "darwiniano" anche la differenza sessuale, che nella evoluzione della specie, come ben si sa, ha una funzione centrale, quella della riproduzione. Se facciamo spazio al mercato e alla competizione rendendo omaggio a uno schema di comportamento che ha le sue radici nella biologia e nella memoria genetica, che a sua volta e' alla base del successo della specie umana, allora chiediamoci: possiamo poi mettere tra parentesi tutta la eredita' di informazioni accumulate nei nostri cromosomi a proposito di ruoli sessuali e reprimere tutto l'ingombrante bagaglio di istinti che governa i rapporti tra uomini e donne? Qui la battaglia teorica, in gran parte ancora latente, non tardera' a scatenarsi. Ma le pedine schierate sul campo si possono gia' intravedere. Alla fine di questo secolo stiamo concettualmente recuperando il valore primordiale della competizione individuale, facendogli un posto d'onore nella nostra visione del progresso umano. Gli psicologi evolutivi allora utilizzano questo appiglio e si chiedono se possiamo considerare lettera morta, come un gene "sbagliato" o un istinto insano quello che ha spartito i compiti tra maschi e femmine a partire da una differenza biologica. Le cose insomma sarebbero andate cosi': i meccanismi selettivi basati sulla competizione si sono rivelati, almeno in parte, buoni quando si tratta economia, apprendimento, progresso scientifico; sono invece interamente da cancellare quando si tratta di disegnare le parti in commedia tra i due generi (famiglia, lavoro, educazione dei figli, parita')?

L'utopia del Soldato Jane

La domanda di Singer, liberata dalle diplomazie, e' questa: se il tentativo di pianificare l'economia facendo violenza agli istinti della competizione individuale si e' rivelato un peccato mortale di costruttivismo sociale ed e' finito in un totale disastro, non rischia la stessa fine un progetto di parificazione integrale nei ruoli tra uomini e donne? Si capisce la reazione, ospitata da "Prospect", alle tesi della psicologia evolutiva da parte di Rosalind Arden: "Non può chiamarsi scienza quella secondo cui lavorare in borsa equivale ad andare a caccia, e stare a casa con un bambino urlante è quello per cui le donne si sono evolute". Singer se la cava, per ora, tentando di tracciare qualche confine: ci sono cose biologicamente non trasformabili dalla cultura (la conformazione fisica dei sessi e quanto ne dipende direttamente), altre parzialmente e variamente trasformabili ma entro certi limiti (le molte versioni possibili e praticate del matrimonio, la prevalenza degli uomini nella vita politica), altre ancora totalmente trasformabili dalla cultura. Il peccato di costruttivismo utopistico sarebbe per esempio quello di trattare materie del terzo tipo come se fossero del secondo. Per capire dove puo' sfociare questo discorso, possiamo considerare questi esempi: l'idea di progettare una parita' totale nelle funzioni militari (vedi il "soldato Jane") e quella di parificare la presenza politica dei sessi (vedi l'ipotesi in realta' accantonata anche dal femminismo di quote 50/50 nella rappresentanza o nei ruoli di governo) sarebbero in contrasto non solo con il patrimonio genetico ma anche con quello storico, che mai si e' spinto tanto in la' fino a rovesciare la situazione ereditata.

Indietro il femminismo

Per questa via, che immaginiamo incontri resistenze da parte delle teorie e pratiche dei movimenti femminili, il mood spirituale di fine secolo presenterebbe (darwinianamente) delle affinita'. L'arretramento del solidarismo sociale a vantaggio della competizione avrebbe in fin dei conti una sintonia profonda con l'arretramento del femminismo a beneficio di un recupero parziale della divisione dei ruoli tra "caccia" e "caverna". L'estensione del lavoro femminile, non accompagnato da una vasta sequenza di riforme dell'organizzazione sociale, sembra essere alla radice di una buona parte dei disagi sociali della nostra epoca nelle societa' avanzate. La coperta biologica recupera dunque terreno a danno di quella culturale in entrambi i campi. E Darwin guadagna posizioni rispetto a Lamarck. L'evoluzione dominata dal caso della selezione segna dei punti rispetto a quella governata dagli usi e dalle conoscenze acquisite. A meno che uno non voglia cavarsela, come fanno in questa discussione i piu' duri del partito antievoluzionista, separando le sfere: va bene Darwin ma solo per gli animali, per gli esseri umani meglio la via lamarckiana. Una ipotesi non poco arbitraria.

L'alternativa di Bourdieu

Chi rifiuta decisamente l'idea di allargare la "coperta biologica" e' invece Pierre Bourdieu, il quale fiutato il pericolo e avvertiti i segni di un arretramento di potere delle donne nei confronti degli uomini ha pubblicato, con "La domination masculine", il piu' radicale tentativo di gettare sull'intera societa' umana la "coperta culturale". Non solo la subordinazione femminile non e' il prodotto di un condizionamento biologico, c'e' di piu', molto di piu' secondo il sociologo francese: sono i fattori culturali, e' il rapporto di potere e di dominazione a invadere il campo dei corpi. La cultura e i rapporti asimmetrici tra uomini e donne si inscrivono nella fisicita'. E' il potere a condizionare la biologia e non viceversa. In questo caso e' Darwin a uscire di scena. Ma non e' un caso che Bourdieu, che caccia Darwin fuori dai rapporti di genere, lo voglia lasciare completamente fuori anche dal campo dell'economia (come fa con la sua battaglia politica contro il Tietmeyer-pensiero). Una conferma, a contrario, che i due ambiti si tengono insieme e che la discussione Singer-Pinker-Malik, che ho cercato qui di raccontarvi, tocca corde profonde delle nostre possibili visioni del mondo di oggi.

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